ENRICO FRANCESCHINI
Prepararsi al crollo dell'euro. E' l'ordine dato alle banche britanniche dalla Financial Service Authority (Fsa), l'agenzia governativa che regolamenta l'attività finanziaria nel Regno Unito. Beninteso, è una preparazione solo teorica, un esercizio, quello che la Fsa esorta a fare: Andrew Bailey, direttore del dipartimento bancario dell'agenzia, ha consigliato alle banche di preparare "piani contingenti" per il collasso della moneta comune europea, pur stando bene attento a chiarire che non si tratta di una profezia. "Le banche devono predisporre scenari per qualsiasi sviluppo allarmante della crisi dell'eurozona", ha detto in un discorso a una audience della City, riportato oggi dal Financial Times, "un buon management significa pianificare per il peggio anche se appare improbabile".
Il parallelo è con la guerra fredda: anche Usa e Urss facevano piani contingenti per un attacco nucleare che li avrebbe distrutti a vicenda, pur ritenendo che si sarebbe difficilmente verificato perché avrebbe avuto un risultato catastrofico per entrambi. "Ma la minaccia di un disastro non impedisce sempre che esso avvenga", ammonisce l'Economist, la cui storia di copertina del numero da oggi in edicola si intitola per l'appunto "is this really the end?" (Questa è davvero la fine?), con l'immagine di una moneta da un euro che precipita in fiamme come una meteora.
Nonostante le ansie su un collasso dell'euro, afferma il settimanale britannico nell'editoriale sull'argomento, la maggior parte degli osservatori ritengono che alla fine i leader europei faranno tutto quanto è necessario per salvare la moneta comune, perché "la distruzione dell'euro avrebbe conseguenze talmente gravi che nessun leader dotato di buon senso starebbe a guardare e lascerebbe che si verificasse", scrive l'Economist. La fine dell'euro, osserva il settimanale, provocherebbe un crack finanziario ed economico peggiore di quello del 2008, ci sarebbero fallimenti a catena di banche e di intere nazioni, la stessa sopravvivenza dell'Unione europea sarebbe a rischio, probabilmente si scatenerebbe una nuova recessione mondiale.
Ma sapere che cosa accadrebbe se l'euro crollasse, conclude il giornale, non garantisce che non crollerà. In effetti, "le chances di una rottura dell'eurozona sono cresciute in modo allarmante", sospinte dal panico nei mercati finanziari, da un rapido peggioramento della situazione economica globale e da una leadership inefficiente. "Le probabilità di un morbido atterraggio diminuiscono velocemente", ammonisce l'Economist, chiudendo l'editoriale con questa previsione: "A meno che la Germania e la Banca centrale europea agiscano in fretta, il collasso della moneta comune sembra avvicinarsi". E un intervento finanziario di Berlino e della Bce a sostegno dell'euro nei paesi "periferici" (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna, insomma i Piigs) richiede un contraccambio politico, le riforme che "Germania e altri esigono".
(25 novembre 2011)
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