Licenzio ma mi ricompro le mie azioni: è lo scandalo dei "buyback", che finisce in prima pagina sul New York Times. Cioè la pratica sempre più diffusa delle grandi imprese quotate che spendono miliardi di cash per acquistare azioni proprie, invece di usare i capitali per investire in attività produttive e assumere.
Tra gli esempi figura uno dei grandi nomi dell’industria farmaceutica mondiale, il gruppo Pfizer. Di recente ha licenziato 1.100 dipendenti. Ha perfino tagliato gli investimenti in ricerca e sviluppo, un’attività strategica per il futuro di un’azienda farmaceutica. Decisioni così drastiche sono forse il risultato di una crisi drammatica? Macché. La Pfizer sta “seduta” su una tale montagna di liquidità, che ha appena deciso di dedicare 5 miliardi di dollari al riacquisto di azioni proprie, dopo averne già spesi 4 miliardi in questo genere di operazione nel corso del 2011.
Gli esperti giudicano questo comportamento come un grave errore, un atto distruttivo non solo per le sue conseguenze sociali – in una fase di disoccupazione record – ma anche per il futuro delle stesse aziende. “E’ il sintomo di un problema più profondo – osserva William George della Harvard Business School – e cioè la mancanza di investimenti a lungo termine. Se non investiamo in ricerca, innovazione, imprenditorialità, saremo un paese a bassa crescita per un decennio”.
Sta di fatto che buyback, acquisti di azioni proprie, sono in forte ripresa, anche se non hanno ancora ritrovato i livelli pre-crisi. Il massimo storico fu raggiunto nel 2007 con un totale di 914 miliardi di dollari dedicati all’acquisto di azioni proprie, poi c’era stato un crollo, ma quest’anno il totale è risalito a 445 miliardi cioè il livello massimo dal 2008. Il paradosso è che la politica dei buyback non sta neppure raggiungendo l’obiettivo che si prefigge, cioè la creazione di valore per gli azionisti: visti gli andamenti dei listini di Wall Street, gli azionisti hanno poco da celebrare.
Da sinistra, è un coro di proteste. Se ne fa il portavoce l’economista Robert Reich dell’università di Berkeley, ex ministro del Lavoro nell’Amministrazione Clinton: “Questo è un modo incredibilmente poco creativo di usare il capitale”. Il sospetto è che sia qualcosa di molto peggiore: un flagrante conflitto d’interessi. I top manager, cioè quelli che decidono i buyback, hanno le loro remunerazioni legate all’andamento di Borsa. L’acquisto di azioni proprie è un modo per sostenere (o evitare cadute peggiori) quelle quotazioni da cui dipendono i loro superstipendi.
(23 novembre 2011)
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