di Antonio Padellaro
Caro presidente Monti, sappiamo che le lettere aperte ai potenti, in genere,
finiscono nei cestini dei suddetti potenti troppo presi dai grandi affari di
Stato per dare retta a giornalistici piagnistei.
Ma se ci permettiamo di importunarla è perché nella memorabile
conferenza stampa sulla manovra (quella che passerà alla storia più per le
lacrime della ministra Fornero che
per il sangue spillato a contribuenti e pensionati), Lei annunciò immediati
tagli ai costi della politica, poiché si rendeva conto che a un Paese costretto
a subire l’arroganza della cosiddetta casta non si poteva chiedere di svenarsi
senza prima avere tagliato un po’ le unghie ai rapaci in auto blu.
Non parleremo della strombazzata abolizione delle province, poi
rinviata alle calende greche (è solo da mezzo secolo che se ne parla), che
attribuiamo al suo candore tecnico.
Il fatto è che ciò che resta dell’Italia tramortita dallo
spread viene spolpato allegramente da quei plotoni di cavallette fameliche che prosperano indisturbate nei bassifondi dei Palazzi.
Ci domandiamo come Lei e il suo governo possiate rimanere
insensibili di fronte a quanto, per esempio, sta accadendo alla Regione Lazio, dove gli onesti amministratori guidati dalla proba Polverini
con una mano frugano nelle tasche dei cittadini che dovranno pagare ancora di
più benzina, bollo auto e Irpef; mentre con l’altra regalano fior di pensioni e di vitalizi ad assessori “esterni” e
consiglieri decaduti, senza dimenticare di arrotondarsi le indennità, cosicché
lo stipendio di un consigliere arriva a 10 mila euro più diaria mensile più
spese di segreteria.
Caro Presidente, è solo l’esempio più macroscopico e indecente
di una casta che ingrassa sulla pelle dei più deboli. Fino a quando saremo
costretti a sopportare una tale vergogna, approvata per giunta con tale
protervia?
Se Lei non ha il potere
per intervenire (conosciamo l’obiezione), faccia almeno sentire la sua voce.
È così difficile?
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