ANTONELLA RAMPINO
C’ è da immaginarselo Giorgio Napolitano col «Wall Street
Journal» tra le mani, mentre legge di se stesso che prende ordini da Angela Merkel. E ordini espressi, nella ricostruzione offerta dalla bibbia del liberismo
angloamericano, con un linguaggio alla Di Pietro: che aspetta,
presidente, a liberarci di Silvio Berlusconi? Naturalmente, nessun Capo di Stato si
sogna di impartire né di prendere ordini, nemmeno quando si è tutti sulla
stessa barca e quella barca rischia il naufragio, ed è infatti con una certa
nonchalance che poi il Colle precisa in una riga: «Angela Merkel non ha mai
chiesto la sostituzione di Berlusconi». Napolitano ha una vena di
napoletanissima ironia, e se dire che la lettura lo ha divertito sarebbe
troppo, di certo ha trovato la cosa buffa assai.
Com’è ovvio, i cerimoniali e i rituali tra le supreme sfere delle Nazioni non prevedono ingiunzioni, richieste perentorie, prescrizioni e diktat. E solo il pragmatismo del giornalismo all’americana, e che per una volta avrà fatto rimpiangere a Napolitano perfino i famigerati «retroscena» italiani, poteva arrivare a concludere d’un colpo quale fosse il vero scopo della telefonata della Cancelliera. La frase poi non si presume nemmeno sia stata pronunciata: nel testo c’è, ma non tra virgolette. E allora?
Il linguaggio della politica internazionale è indiretto, articolato, e non per questo meno incisivo. «La Stampa» ha ricostruito, con fonti diplomatiche internazionali e testimoni oculari, e i racconti collimano. «Presidente, noi vogliamo l’Italia nell’euro, ma occorre che l’Italia faccia la propria parte», dice Merkel che aveva aperto la telefonata spiegando a Napolitano di aver esposto le proprie preoccupazioni già a Berlusconi, che non era riuscito però a dissipare i suoi dubbi.
E’ indubbiamente una serata molto fredda quella del 20 ottobre a Roma, ma sono, soprattutto, giorni - settimane, mesi - di grande freddo tra Paesi fondatori: Francia e Germania non riconoscono più l’Italia, non ricevono più l’Italia a consulto, al capezzale del grande malato, l’euro, che inquieta anche un altro Presidente, al di là dell’Atlantico. Il giorno prima, come registra anche il «Wall Street Journal», Merkel e Sarkozy hanno disputato a lungo, l’insistenza del Presidente francese perché la Bce intervenga a salvataggio dei debiti sovrani che mettono a rischio l’euro ha irritato non poco la Cancelliera. Che porta su di sé il peso della guida dell’Eurozona, e che si lascia andare spesso, infatti, a esclamazioni di insofferenza verso il collega.
E quella frase, quell’affermazione con la quale Angela Merkel chiude quella mezz’ora al telefono con Napolitano, è l’unica che non termini con un punto interrogativo. Ce la farà l’Italia a tener fede alle misure disposte in seguito alla lettera della Bce? Ce la farà a stare in sella il governo, con un solo punto in più di maggioranza? Ce la farete a rispettare gli impegni presi sul debito pubblico e la crescita? E a ruota - come il Wsj non ricorda - a rivolgergli più o meno le medesime questioni fu anche il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker.
E occorre ricordare lo scenario nel quale quella e molte altre telefonate arrivano al Colle: all’ultimo Consiglio europeo, Berlusconi ha ripetuto davanti a tutti i leader che in Italia la crisi economica non c’è, «va tutto bene, gli alberghi e i ristoranti sono pieni». I leader sopportano, sconcertati, fino al consiglio di Cannes, ovvero sinché non sono i mercati a picchiare duro: Berlusconi si trova messo all’angolo da Merkozy. «Sono stati senza pietà», riferisce un testimone oculare. La minaccia è di un commissariamento da parte del Fondo Monetario Internazionale. E ciò nonostante, durante il vertice, a tratti Berlusconi schiaccia un pisolino. L’allarme al Quirinale è massimo, e Napolitano in tutti i contatti, con Merkel, Wulff, Barroso, Juncker, Sarkozy, e anche a un certo punto Obama, ripete un mantra: «L’Italia rispetterà gli impegni che ha assunto». L’Italia. Alla cui credibilità Napolitano ha fatto da baluardo e garante, come riconosce persino il «Wall Street Journal».
Com’è ovvio, i cerimoniali e i rituali tra le supreme sfere delle Nazioni non prevedono ingiunzioni, richieste perentorie, prescrizioni e diktat. E solo il pragmatismo del giornalismo all’americana, e che per una volta avrà fatto rimpiangere a Napolitano perfino i famigerati «retroscena» italiani, poteva arrivare a concludere d’un colpo quale fosse il vero scopo della telefonata della Cancelliera. La frase poi non si presume nemmeno sia stata pronunciata: nel testo c’è, ma non tra virgolette. E allora?
Il linguaggio della politica internazionale è indiretto, articolato, e non per questo meno incisivo. «La Stampa» ha ricostruito, con fonti diplomatiche internazionali e testimoni oculari, e i racconti collimano. «Presidente, noi vogliamo l’Italia nell’euro, ma occorre che l’Italia faccia la propria parte», dice Merkel che aveva aperto la telefonata spiegando a Napolitano di aver esposto le proprie preoccupazioni già a Berlusconi, che non era riuscito però a dissipare i suoi dubbi.
E’ indubbiamente una serata molto fredda quella del 20 ottobre a Roma, ma sono, soprattutto, giorni - settimane, mesi - di grande freddo tra Paesi fondatori: Francia e Germania non riconoscono più l’Italia, non ricevono più l’Italia a consulto, al capezzale del grande malato, l’euro, che inquieta anche un altro Presidente, al di là dell’Atlantico. Il giorno prima, come registra anche il «Wall Street Journal», Merkel e Sarkozy hanno disputato a lungo, l’insistenza del Presidente francese perché la Bce intervenga a salvataggio dei debiti sovrani che mettono a rischio l’euro ha irritato non poco la Cancelliera. Che porta su di sé il peso della guida dell’Eurozona, e che si lascia andare spesso, infatti, a esclamazioni di insofferenza verso il collega.
E quella frase, quell’affermazione con la quale Angela Merkel chiude quella mezz’ora al telefono con Napolitano, è l’unica che non termini con un punto interrogativo. Ce la farà l’Italia a tener fede alle misure disposte in seguito alla lettera della Bce? Ce la farà a stare in sella il governo, con un solo punto in più di maggioranza? Ce la farete a rispettare gli impegni presi sul debito pubblico e la crescita? E a ruota - come il Wsj non ricorda - a rivolgergli più o meno le medesime questioni fu anche il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker.
E occorre ricordare lo scenario nel quale quella e molte altre telefonate arrivano al Colle: all’ultimo Consiglio europeo, Berlusconi ha ripetuto davanti a tutti i leader che in Italia la crisi economica non c’è, «va tutto bene, gli alberghi e i ristoranti sono pieni». I leader sopportano, sconcertati, fino al consiglio di Cannes, ovvero sinché non sono i mercati a picchiare duro: Berlusconi si trova messo all’angolo da Merkozy. «Sono stati senza pietà», riferisce un testimone oculare. La minaccia è di un commissariamento da parte del Fondo Monetario Internazionale. E ciò nonostante, durante il vertice, a tratti Berlusconi schiaccia un pisolino. L’allarme al Quirinale è massimo, e Napolitano in tutti i contatti, con Merkel, Wulff, Barroso, Juncker, Sarkozy, e anche a un certo punto Obama, ripete un mantra: «L’Italia rispetterà gli impegni che ha assunto». L’Italia. Alla cui credibilità Napolitano ha fatto da baluardo e garante, come riconosce persino il «Wall Street Journal».
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