di Paolo Flores d’Arcais
Riuscirà Corrado Passera
a sedurre la nomenklatura del Partito democratico, o dovrà accontentarsi di fare il
leader della destra presentabile? Mentre la Cgil dichiarava la sua opposizione
frontale al governo Monti (indigente di equità al punto che si sono alleati con
la Camusso perfino sindacati per anni corrivi col berlusconismo), l’uomo forte
del governo tecnico utilizzava le domande di Fabio Fazio, questa volta incalzante (ma neppure una sull’indegna
operazione Alitalia!), per intonare un canto delle sirene che sui
dirigenti Pd vorrebbe fare l’effetto del flauto magico o di una irresistibile
danza del ventre: lotta “senza pace” all’evasione,
revoca del regalo delle frequenze televisive al putiniano di Arcore,
nessuna rinuncia al programma delle liberalizzazioni. Queste ultime, come si sa, sono la
stella cometa di Bersani, benché accanto a lodabili misure anticorporative
(taxi, farmacie) l’etichetta preveda alle volte scempio di realtà produttive da
difendere (librerie, negozi tradizionali, ecc).
Quanto al resto, era stato il segretario della
Uil Angeletti, se non sbaglio, non
un “eversivo” dirigente Fiom, a ricordare a Ballarò che le misure contro
l’evasione questo governo le doveva inserire nel pacchetto: i benefici materiali si sarebbero visti
tra due o tre anni, ma tutti e subito quelli morali, la famosa “credibilità”,
cioè la certezza di non essere di fronte all’ennesima grida manzoniana.
E quanto alle frequenze, non uno tra i dirigenti del Pd che abbia evidenziato
come le parole di Passera sull’argomento siano state, tra dire e non dire, uno
slalom che neppure il Tomba dei tempi d’oro.
Il fatto è che nel Pd le divisioni sono ormai
prossime al punto di rottura, e se il governo Monti conclude la legislatura
l’implosione sarà inevitabile. I Fioroni e i Veltroni vogliono l’accordo con
Casini, e vagheggiano smaccatamente Passera come leader di questo grande centro
(che battezzeranno centrosinistra). Ma gli elettori, una parte cospicua dei
militanti (per quel che ne resta), e la forza organizzata della Cgil, non li
seguiranno mai.
In Italia c’è bisogno di una destra pulita, ma anche – più che mai
– di una sinistra, di un partito dell’eguaglianza “giustizia e libertà”.
In realtà Bersani e Camusso sono paralizzati, come l’asino di
Buridano: l’alternativa al neocentrismo,
per essere credibile, dovrebbe aprirsi alla società civile, assumere la lucidità
delle posizioni Fiom, rinnovare radicalmente i dirigenti. Un blocco sociale
anti-privilegi nel paese già c’è, manca ancora un leader.
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