di Marco Travaglio
Si sperava che la leggendaria sobrietà del
governo tecnico comprendesse anche un’abitudine sconosciuta ai politici
italiani: quella di evitare gli annunci con i verbi al futuro, limitandosi a
quelli coi verbi al passato.
Non se ne può più di ministri che vanno in tv o sui giornali a
dire “faremo”: la vera sobrietà è tacere finché non si è fatto qualcosa e solo
allora aprire bocca per comunicarlo e spiegarlo ai cittadini.
Monti aveva cominciato bene, mantenendo il riserbo più assoluto
sulla manovra e parlandone solo dopo averla varata. Purtroppo i suoi ministri
fanno l’esatto contrario, sull’esempio dei predecessori, la cui logorrea era
inversamente proporzionale alla concretezza.
Uno dei ministri più incontinenti è quello della Giustizia, Paola Severino che, a sentirla parlare,
avrebbe già dovuto risolvere tutti i mali del settore: carceri affollate,
processi lenti, sprechi di risorse, incertezza delle pene, certezza di impunità
per i colletti bianchi.
Nel breve volgere di un mese ha promesso braccialetti
elettronici, via libera all’amnistia, norme svuota-carceri, pene più alte per
tangenti, abuso d’ufficio e falso in bilancio, nuovi reati tipo traffico
d’influenze e corruzione privata, ratifica delle convenzioni anticorruzione e
chi più ne ha più ne metta.
Ora, sarebbe assurdo pretendere che faccia in pochi giorni quel
che gli altri non han fatto in 17 anni. Ma ci sono norme semplici semplici,
poche righe e costo zero, che si potrebbero approvare subito.
Nella sua ultima intervista quotidiana (ieri al Corriere),
la Severino auspica “una forte
accelerazione e una specializzazione al processo civile”. Ecco: perché
non favorire la specializzazione
anche nel penale, che soprattutto su certi reati (mafia, corruzione, evasione fiscale, criminalità finanziaria,
ambiente, sicurezza sul lavoro, colpe mediche, abusi sessuali, violenze su
minori) richiede
magistrati esperti e competenti su materie specifiche?
Una norma demenziale dell’ordinamento
giudiziario Castelli-Mastella (un trust di cervelli mica da ridere) ha stabilito nel 2007 che
ogni magistrato, dopo dieci anni di
lavoro in un pool specializzato, deve
uscirne e occuparsi d’altro. E purtroppo il Csm (complice la corrente
di Md) non ha mosso un dito, anzi ha recepito con gioia, limitandosi a
concedere sei mesi di proroga. Come se un’azienda che ha impiegato
tempo e risorse per formare un dirigente lo spedisse a fare altre cose perché è
diventato troppo bravo.
Con questa folle regola già nel 1992,
Cosa Nostra poteva risparmiarsi le stragi di Capaci e di via d’Amelio, visto
che quando furono uccisi Falcone e Borsellino indagavano sulla mafia da ben più
di dieci anni. Infatti, negli ultimi anni, il bollino di scadenza per i pm come
per lo yogurt ha già falcidiato i pool antimafia di
Palermo, Bari e Napoli, e dal 1° gennaio smembrerà (via sei pm su nove) il gruppo
torinese di Raffaele Guariniello
specializzato in sicurezza sul lavoro, salute e
ambiente
(processi Thyssen, Eternit, doping ecc.); idem per il pool milanese coordinato
da Francesco Greco contro i reati
finanziari (processi Parmalat, scalate bancarie, Enel, Eni, grandi evasori, San
Raffaele, Lele Mora ecc.); e tanti altri.
“Nel 2012 – avverte Guariniello –
dovremo affrontare processi delicatissimi su cui il ricambio di sostituti avrà
conseguenze dirompenti. I nuovi colleghi, pur bravi, impiegheranno anni per
acquisire esperienza e professionalità specifiche, mentre verranno meno quelle
dei colleghi uscenti”.
Aggiunge Greco: nel suo pool sulla
criminalità economica “ci vorranno dai cinque ai dieci anni per ricreare lo
stesso livello di professionalità. Con una perdita secca per lo Stato. È una
norma di cui fatico a comprendere la ratio, specie quando tutti sostengono che
occorre contrastare corruzione ed evasione fiscale”.
Ministro Severino, che senso ha
dichiarare guerra alla corruzione e all’evasione e cacciare i magistrati in
grado di combatterla?
Se ci risponde, smettiamo di scrivere che parla troppo.
Nessun commento:
Posta un commento