di Marco Travaglio
Per sfuggire all’accusa delle tricoteuses
nostrane di occuparsi solo dei “detenuti Vip”, Pierluigi Battista si occupa sul Corriere dell’unico
Vip detenuto: Lele Mora.
Non prima di aver accusato imprecisati “spiritosi” che osano
scherzare sul cognome della neoministra della Giustizia (“Severino, sia più
severa”). Cioè noi del Fatto, che peraltro con quel titolo la invitavamo a maggiore severità contro la corruzione, mentre di carceri sovraffollate ci
occupiamo dalla nascita del nostro giornale, quando Battista intervistava
Checco Zalone.
Ma ora che anche lui scopre il dramma delle carceri, non
possiamo che felicitarci per la sua prontezza di riflessi. Se poi volesse pure
informarsi da qualche giornalista
vero (ce ne sono parecchi anche al Corriere), scoprirebbe per esempio
che “il 40% dei detenuti” che “patisce la galera prima che un processo ne
accerti la colpevolezza” comprende i condannati in primo e secondo grado, visto
che l’Italia, unica al mondo, considera innocenti anche i condannati in
tribunale e in appello in attesa di Cassazione (nei paesi anglosassoni le
custodie cautelari sono rarissime proprio perché, dopo la prima condanna, si va
dentro a scontare la pena e di lì, eventualmente, si ricorre).
Quanto a Mora, per il giureconsulto Pigi, “sei mesi di galera preventiva per
bancarotta fraudolenta appaiono una punizione leggermente esagerata prima
ancora di una sentenza”.
Ma si sa come sono questi pm: “usano la galera per indurre
l’indagato a conformarsi alla loro versione” e “la cultura giustizialista
ascolta solo le ragioni dell’accusa”.
Mora poi patisce la “ferocia diffusa che chiede provvedimenti
esemplari contro “l’antipatico”, il soggetto eticamente discutibile ed esteticamente
impresentabile, il flaccido malfattore (presunto)” che ora però “ha perduto molti
chili”. Eppure – per il giurista Battista – “non bisogna ammalarsi come Mora
(colpevole o innocente che sia) per comprendere che il carcere preventivo
prolungato può essere tortura”.
Malfattore presunto? Le ragioni dell’accusa? Colpevole o
innocente che sia? Forse a Battista sfugge un dettaglio: il 7 novembre Mora ha
chiesto e ottenuto di patteggiare quattro anni e tre mesi per la bancarotta fraudolenta della
sua LM Management, fallita nel 2010 con 16 milioni di passivo per un crac da
8,4. Patteggiare vuol dire concordare una pena col pm davanti al gup per
ottenere una pena scontata di un terzo: al dibattimento Mora si sarebbe beccato
almeno sei anni. Anche perché è un pregiudicato per spaccio di droga e altri
reati; ha sottratto al fallimento LM i 2,8 milioni che B. gli regalò,
comprandosi una Mercedes e dirottando il resto su un conto svizzero; non paga
le tasse da anni col trucco delle false fatture; ha debiti milionari col fisco;
ed è imputato in altri tre processi (fallimenti della sua
persona fisica e di Diana Immobiliare, sfruttamento della prostituzione).
Per caso Battista conosce qualcuno che concorda quattro anni e
tre mesi di galera (il massimo consentito è cinque anni) essendo
innocente? Se Mora non è ancora pregiudicato per la bancarotta è solo perché
l’Italia, unica al mondo, consente d’impugnare in Cassazione la condanna appena
patteggiata. Cosa che Mora ha subito fatto, per guadagnar tempo e trovare un
Battista che lo spacci per un torturato. Così torturato che, diversamente da
migliaia di detenuti non Vip, sconta la custodia cautelare – confermata da vari
giudici per il pericolo che fugga e nasconda altri soldi in Svizzera, dove ha
un conto e una villa – in una cella
singola del carcere di Opera.
Ai primi sintomi del dimagrimento, il pm ha chiesto e il gip
disposto una perizia medica (ancora in corso) sulla sua compatibilità col
carcere. Negli Usa tanto cari ai Battista, migliaia di evasori e bancarottieri
affollano i penitenziari con le catene ai piedi e i portoricani nella branda a
fianco. In Italia i giornali tuonano contro l’evasione nei giorni pari e in
quelli dispari i Battista lacrimano appena un evasore-bancarottiere finisce
dentro.
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