SARA NICOLI
Dietro la dicitura "funzioni particolari" si nasconde
molto di più. Il viceministro si dovrà occupare di occupazione giovanile e
soprattutto dovrà centellinare gli ammortizzatori sociali nelle trattative coi
sindacati. Ma "dell'uomo di Brunetta" si parla come possibile
estensore della riforma del lavoro
Ad
maiora semper. Mai antico adagio latino fu più adatto a descrivere la carriera
del professor Michel Martone, già il più giovane ordinario d’Italia a 35
anni. Un mese fa è stato nominato viceministro di Elsa Fornero, al
Welfare. Ma solo nel Consiglio dei ministri di ieri Martone ha
avuto le deleghe, cioè è stato definito l’ambito delle sue
competenze. La delega è apparentemente un po ’ vaga: “funzioni particolari”. Ma
dietro l’etichetta potrebbe nascondersi molto di più.
MARTONE SARÀ colui che, d’ora in poi, seguirà, sempre su delega del ministro, le più spinose trattative sindacali e che si occuperà anche di disciplinare (meglio, centellinare) il ricorso agli ammortizzatori sociali. Insomma, una delega pesante, al momento non nota ai sindacati che, tuttavia, presto se lo troveranno davanti nei tavoli più spinosi aperti dalla crisi. Oltre a questo, Martone ha anche ricevuto l’incarico di occuparsi delle “politiche dell’occupazione giovanile”, uno dei temi di cui si è più occupato e che, nelle intenzioni, dovrebbe essere centrale nella fase due del governo Monti. Ad maiora, si diceva. Perché il giovane viceministro del Lavoro sembra davvero proiettato, con queste deleghe nuove di zecca, verso più alti traguardi. Di lui, infatti, si parla già come il possibile estensore (lui preferirebbe ombra) di quella riforma del lavoro che dovrebbe diventare forse il fiore all’occhiello non solo del mandato del governo Monti, ma anche della stessa ministra Fornero. E sicuramente sarà fonte di parecchie tensioni con i sindacati e i partiti (in particolare il Pd). Classificato come “uomo di Renato Brunetta” (perché suo consulente), ma ben visto anche da Maurizio Sacconi ed Enrico Letta, all’inizio “Michel il francese” è rimasto parecchio indigesto all’ala sinistra del Pd. Ma si dice che anche Pietro Ichino, il primo referente nel Pd delle riforme che Martone sarà chiamato a scrivere (nonostante le contrarietà di molti nel partito) non sia stato entusiasta.
È VERO CHE MARTONE è ordinario di Diritto del lavoro, che il suo “habitat”, come scrive nel suo blog, è l’Università, che sfoga le proprie inquietudini scrivendo sui giornali e che si interessa di musica, ma è anche vero che è stato consigliere giuridico dell’ex ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione. Ed è stata proprio quella nomina a far saltare la mosca al naso a ben tre maggiorenti del Pd, Zanda, Morando e proprio Ichino, che avevano presentato, sul fatto, un’interrogazione parlamentare. Poi, dopo la nomina, si è arrivati a una tregua. Michel è figlio di Antonio Martone, ex avvocato generale della Cassazione scelto dal ministro Brunetta per la presidenza del Civit (Commissione per l’integrità, la valutazione, la trasparenza delle amministrazioni pubbliche”). E mentre il padre veniva scelto per l’alto incarico, il figlio riceveva dal medesimo ministro una bella consulenza per l’importo di 40 mila euro. Il punto non è tanto il costo ma che, mentre il padre doveva valutare la Pubblica amministrazione, il figlio riceveva una consulenza dal ministro che doveva essere valutato. All’interrogazione, prima il portavoce del ministro (ufficiosamente), poi il ministro (ufficialmente) risposero sdegnati, come raccontò all’epoca Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd. Poi Martone scrisse a Ichino dicendo: “Non ho pensato di rinunciare all’incarico dopo la nomina di mio padre perché francamente non ne vedevo, e non ne vedo, la ragione”. Incidente chiuso? Si vedrà. Quanto al padre di Martone, il Csm ne ha deciso il collocamento a riposo dopo che il suo nome era emerso nell’inchiesta romana sugli appalti sull’eolico e la loggia P 3, dove è stato sentito dai magistrati come persona informata dei fatti. Ma forse non è finita neanche qua.
MARTONE SARÀ colui che, d’ora in poi, seguirà, sempre su delega del ministro, le più spinose trattative sindacali e che si occuperà anche di disciplinare (meglio, centellinare) il ricorso agli ammortizzatori sociali. Insomma, una delega pesante, al momento non nota ai sindacati che, tuttavia, presto se lo troveranno davanti nei tavoli più spinosi aperti dalla crisi. Oltre a questo, Martone ha anche ricevuto l’incarico di occuparsi delle “politiche dell’occupazione giovanile”, uno dei temi di cui si è più occupato e che, nelle intenzioni, dovrebbe essere centrale nella fase due del governo Monti. Ad maiora, si diceva. Perché il giovane viceministro del Lavoro sembra davvero proiettato, con queste deleghe nuove di zecca, verso più alti traguardi. Di lui, infatti, si parla già come il possibile estensore (lui preferirebbe ombra) di quella riforma del lavoro che dovrebbe diventare forse il fiore all’occhiello non solo del mandato del governo Monti, ma anche della stessa ministra Fornero. E sicuramente sarà fonte di parecchie tensioni con i sindacati e i partiti (in particolare il Pd). Classificato come “uomo di Renato Brunetta” (perché suo consulente), ma ben visto anche da Maurizio Sacconi ed Enrico Letta, all’inizio “Michel il francese” è rimasto parecchio indigesto all’ala sinistra del Pd. Ma si dice che anche Pietro Ichino, il primo referente nel Pd delle riforme che Martone sarà chiamato a scrivere (nonostante le contrarietà di molti nel partito) non sia stato entusiasta.
È VERO CHE MARTONE è ordinario di Diritto del lavoro, che il suo “habitat”, come scrive nel suo blog, è l’Università, che sfoga le proprie inquietudini scrivendo sui giornali e che si interessa di musica, ma è anche vero che è stato consigliere giuridico dell’ex ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione. Ed è stata proprio quella nomina a far saltare la mosca al naso a ben tre maggiorenti del Pd, Zanda, Morando e proprio Ichino, che avevano presentato, sul fatto, un’interrogazione parlamentare. Poi, dopo la nomina, si è arrivati a una tregua. Michel è figlio di Antonio Martone, ex avvocato generale della Cassazione scelto dal ministro Brunetta per la presidenza del Civit (Commissione per l’integrità, la valutazione, la trasparenza delle amministrazioni pubbliche”). E mentre il padre veniva scelto per l’alto incarico, il figlio riceveva dal medesimo ministro una bella consulenza per l’importo di 40 mila euro. Il punto non è tanto il costo ma che, mentre il padre doveva valutare la Pubblica amministrazione, il figlio riceveva una consulenza dal ministro che doveva essere valutato. All’interrogazione, prima il portavoce del ministro (ufficiosamente), poi il ministro (ufficialmente) risposero sdegnati, come raccontò all’epoca Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd. Poi Martone scrisse a Ichino dicendo: “Non ho pensato di rinunciare all’incarico dopo la nomina di mio padre perché francamente non ne vedevo, e non ne vedo, la ragione”. Incidente chiuso? Si vedrà. Quanto al padre di Martone, il Csm ne ha deciso il collocamento a riposo dopo che il suo nome era emerso nell’inchiesta romana sugli appalti sull’eolico e la loggia P 3, dove è stato sentito dai magistrati come persona informata dei fatti. Ma forse non è finita neanche qua.
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