Vorremmo tanto poter dire che l’atteso segnale di inversione di
tendenza è già arrivato, purtroppo non è così. Negli ultimi giorni il Tesoro ha
pagato rendimenti più bassi per collocare i suoi titoli ma la novità è stata il
frutto di un’intelligente operazione di tesoreria delle banche (alla spagnola)
e non di un cambio di giudizio dei mercati. La verità è che siamo al centro
dell’attenzione mondiale e non per le virtù che pure possediamo, bensì perché
l’economia globale ci guarda per sapere se sarà scongiurata o meno la
catastrofe dei debiti sovrani. Una tale considerazione basterebbe da sola a
motivarci ad adottare comportamenti razionali ma vale la pena ricordare come in
gioco ci siano le conquiste civili di cui andiamo fieri: il nostro welfare, lo
stile di vita italiano, la forza delle nostre comunità.
Ha fatto bene, dunque, nella tradizionale conferenza stampa di
fine anno il presidente del Consiglio a citare il severo articolo che nei
giorni scorsi ci ha dedicato il Washington
Post e a richiamarci alla responsabilità che abbiamo nei confronti
dell’opinione pubblica mondiale. Dobbiamo convincerli di esser cambiati,
dobbiamo modificare i pregiudizi che mercati e governi hanno su di noi. Per
farlo l’esecutivo di Roma ha ingaggiato una lotta contro il tempo e di questo
ieri ha parlato Mario Monti. Chi si
aspettava fuochi d’artificio non conosce il professore ed è rimasto sicuramente
deluso, certo è che un rito che si protrae per 2 ore e 40 minuti sembra fatto
apposta per diluire l’attenzione e stancare i protagonisti. Nell’epoca della
comunicazione veloce non sarebbe male innovare i format della triangolazione
politica-stampa-cittadini. Ma al netto della formula, dall’appuntamento di ieri
alcune informazioni sono emerse.
La prima/più importante è che gennaio sarà il mese delle riforme e il timing
delle scelte che opereremo su liberalizzazioni e mercato del lavoro sarà
scandito dagli appuntamenti già calendarizzati in sede Ue.
Tocca ai partiti e alle forze sociali, messi di fronte
all’agenda Monti, decidere cosa fare. «Lavoreremo per tutti dispiacendo un po’
a ciascuno» ha promesso il premier e c’è da prenderlo come un impegno. Nella
«fase uno» non è andata del tutto così. Stavolta
il governo non dovrà dare l’impressione di essere forte con i deboli e debole
con i forti, potrà agire per deregolare taxi e farmacie ma dovrà anche
rivedere, ad esempio, i meccanismi che causano l’energia più cara d’Europa.
Di fronte a una simmetria di comportamenti sarà più arduo per
l’una o l’altra categoria chiamarsi fuori dal processo di risanamento
dell’economia nazionale. Nella conferenza stampa il premier ha anche dichiarato
di non escludere il varo di un fondo per tagliare lo stock del debito e ha
fornito una ghiotta anticipazione. L’avanzo primario strutturale è arrivato al
5%, performance che ci riporta ai migliori risultati della seconda parte degli
anni 90. Certo che produrre un avanzo primario del 5% pagando tassi sul debito
del 2-3% sarebbe una manna, farlo dovendo sborsare il 7% annulla ogni
beneficio. E dimostra quanto sia urgente cambiare la percezione che hanno di
noi i mercati per uscire dal tunnel ed evitare di continuare a pagare tassi da «usura globale».
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