CACCIA AGLI IMBOSCATI- Sulla base di questa nuova visione, «mi piacerebbe - ha auspicato - che si avviasse un processo emulativo per tutti gli altri ministeri» e, magari, ha indicato, anche per giornali e agenzie di stampa, così come per le amministrazioni locali e la magistratura, mentre ci si prepara alla stessa operazione per le consulenze esterne. Gli obiettivi non sono da poco: l'operazione trasparenza porterà, ha sottolineato Brunetta, «un incremento dell'efficienza del sistema pari al 30-40%, sia per quanto riguarda i servizi che la crescita del Pil, accompagnata allo stesso tempo da una riduzione, negli stessi termini, dei costi e della burocrazia». Si tratta, comunque, di una operazione 'in progress', che intende arrivare a pubblicare sul sito anche gli obiettivi, le valutazioni, gli indicatori finanziari di spesa e di qualità (per questo è stata avviata una collaborazione con l'Istat). A proposito di assenteismo, risultano essere 22 i giorni in media di assenza, escluse le ferie, per ogni dipendente del dipartimento della Funzione pubblica, che conta 256 persone in servizio (nel 2007); quelli per malattia 11, mentre il totale in un anno è stato di 13.559 giorni (53 la media procapite). «Ne vedremo delle belle», si è detto convinto Brunetta: «Il gioco è appena iniziato, l'appetito viene mangiando».
(Corriere della Sera, 26 maggio 2008).
Le frasi del ministro Brunetta mi appaiono velleitarie, per quanto segue.
Il problema esiste ed è grave ed è dovuto al meccanismo legislativo che preside al controllo delle assenze per malattie dei lavoratori pubblici in questo caso) ma anche privati.
Esaminiamolo.
Il D.L. 463/1983, convertito nella legge 11 novembre 1983 n. 638, fra le misure urgenti in materia previdenziale, assistenziale e di contenimento della spesa pubblica, dettava anche la prima, per ora unica, norma destinata alla lotta contro il fenomeno dell’assenteismo sui posti di lavoro, che ‘infestava’ (ed infesta tuttora) il lavoro dipendente, pubblico e privato.
Non ha l’A. esperienze di lavoro dipendente privato, ma, nell’ambito dei pubblici dipendenti, privatizzati e non da cui l’A. proviene, il fenomeno ha natura endemica e generalizzata, di vaste proporzioni.
I commi da 9 a 15 dell’art. 5 in epigrafe recitano:
“9. Ai fini dei controlli sullo stato di salute dei lavoratori, il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, formula gli schemi-tipo di convenzione di cui all'articolo 8- bis, D.L. 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, nella L. 27 giugno 1981, n. 331, nei casi in cui gli schemi suddetti non siano stati elaborati di intesa fra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le regioni entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.
10. Entro i trenta giorni successivi alla data di pubblicazione degli schemi di cui al comma che precede le unità sanitarie locali adottano le convenzioni di cui al comma che precede e predispongono un servizio idoneo ad assicurare entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o festivo, in fasce orarie di reperibilità, il controllo dello stato di malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal lavoro e accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico, nonché un servizio per visite collegiali presso poliambulatori pubblici per accertamenti specifici.
11. L'omissione degli adempimenti di cui al comma che precede nel termine fissato comporta l'immediata nomina di un commissario ad acta da parte del competente organo regionale.
12. Per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori l'Istituto nazionale della previdenza sociale, sentiti gli ordini dei medici, istituisce presso le proprie sedi liste speciali formate da medici, a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e da medici liberi professionisti, ai quali possono fare ricorso gli istituti previdenziali o i datori di lavoro .
13. L'Istituto nazionale della previdenza sociale, per gli accertamenti sanitari connessi alla sua attività istituzionale, è autorizzato a stipulare apposite convenzioni con l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentiti la Federazione nazionale degli ordini dei medici e il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, sono stabilite le modalità per la disciplina e l'attuazione dei controlli secondo i criteri di cui al comma 10 del presente articolo ed i compensi spettanti ai medici.
15. Qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l'ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo”.
Sull’art. 5 si è formata una giurisprudenza sterminata. La banca dati “Juris Data” della Giuffrè annovera, fino ad oggi di ben 302 massime, delle quali moltissime destinate all’interpretazione della normativa che interessa in questa sede.
Tuttavia, si è in grado di affermare che la piaga dell’assenteismo sul posto di lavoro è rimasta tale e quale, almeno nell’ambito dell’amministrazione penitenziaria, che però non ha colpa e responsabilità alcuna, salvo un inspiegabile immobilismo propositivo.
La disciplina legislativa stabiliva, in estrema sintesi, quanto segue.
1) il comma 9, che i Ministri “pro-tempore” della Sanità, Lavoro e Previdenza sociale formulassero gli schemi-tipo della convenzione previsti dall’art. 8 bis del D.L. 30 aprile 1981 n. 168 e finalizzati alla “effettuazione dei controlli sullo stato di salute dei soggetti aventi titolo alle prestazioni economiche di malattia e di maternità attraverso convenzioni da stipulare entro il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sulla base di appositi schemi-tipo elaborati d'intesa tra l'INPS e le regioni ed approvati con decreto del Ministro della sanità.”, nel caso i cui “…gli schemi suddetti non siano stati elaborati di intesa fra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le regioni entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto”;
2) il comma 10, l’obbligo delle U.S.L. (oggi A.S.L.) di
a)adottare le convenzioni suddette, nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione degli schemi stessi;
b)predisporre “un servizio idoneo ad assicurare entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o festivo, in fasce orarie di reperibilità, il controllo dello stato di malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal lavoro e accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico, nonché un servizio per visite collegiali presso poliambulatori pubblici per accertamenti specifici”;
3) il comma 11, che l’inottemperanza dell’obbligo che precede nei termini indicati avrebbe comportato la nomina da parte della Regione interessata di un commissario ‘ad acta’;
4) il comma 12, l’istituzione da parte dell’INPS delle liste dei medici, pubblici dipendenti o liberi professionisti, cui potevano far ricorso, per l’effettuazione delle visite fiscali, su richiesta dei datori di lavoro, per il tramite degli istituti previdenziali;
5) il comma 13, l’autorizzazione per l’INPS di stipulare apposite convenzioni con l’INAIL;
6) il comma 14, l’adozione delle “… modalità per la disciplina e l'attuazione dei controlli secondo i criteri di cui al comma 10 del presente articolo ed i compensi spettanti ai medici.”;
7) il comma 15, le sanzioni per il lavoratore dipendente pubblico o privato, risultato assente alla visita di controllo senza giustificato motivo:
a) la decadenza dal trattamento economico per intero per i primi dieci giorni di prognosi e nella misura della metà per il periodo successivo. Circa questa seconda parte delle sanzioni economiche va dettocce la Corte Costituzionale, con sentenza n. 78 del 26 gennaio 1988, dichiara illegittima questa norma nella parte in cui non prevede una seconda visita di controllo prima dell’adozione della sanzione della riduzione del 50% delle retribuzioni, da adottare, ovviamente, a scadenza della prima ‘tranche’ di prognosi che prevede la perdita totale della retribuzione.
Il Ministro della Salute tardava a adottare la disciplina prevista dai commi 12 e 13.
Il relativo Decreto Ministeriale n. 536700, reca la data 15 luglio1986.
Il dato più rilevante (art. 4) è costituito dall’orario di reperibilità, stabilito dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19 di tutti i giorni, compresi festivi e domenicali, mentre il successivo articolo 5 prevede gli obblighi del medico fiscale in caso di “impossibilità di eseguire la visita per assenza del lavoratore dall'indirizzo indicato”, in cui egli deve “darne immediata comunicazione all'Istituto nazionale della previdenza sociale” e “rilasciare apposito avviso invitando il lavoratore a presentarsi al controllo ambulatoriale il giorno successivo non festivo, presso il competente presidio sanitario pubblico indicato nell'avviso stesso, salvo che l'interessato non abbia ripreso l'attività lavorativa”.
L’art. 6 prevede gli adempimenti del medico fiscale, nei casi in cui la visita fiscale è stata fatta:
1) ”redigere in quattro esemplari, su apposito modulo fornito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, il referto indicante la capacità o incapacità al lavoro riscontrata, la diagnosi e la prognosi”;
2) “Qualora il lavoratore non accetti l'esito della visita di controllo, deve eccepirlo, seduta stante, al medico che avrà cura di annotarlo sul referto. In tal caso il giudizio definitivo spetta al coordinatore sanitario della competente sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale”;
3) “Al termine della visita, il medico consegna al lavoratore copia del referto di controllo, e entro il giorno successivo, trasmette alla sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale le altre tre copie destinate rispettivamente, la prima, senza indicazioni diagnostiche, al datore di lavoro o all'Istituto previdenziale che ha richiesto la visita, la seconda agli atti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, la terza per la liquidazione delle spettanze al medico e per assicurare un flusso periodico di informazioni sullo sviluppo del servizio e sulle relative risultanze”.
L’art. 7 prevede l’obbligo di comunicare, entro 24 ore dall’acquisizione, il referto al datore di lavoro, con l’esito degli accertamenti effettuati.
L’art. 8 prevede l’obbligo di predisposizione del servizio di controllo anche nelle giornate festive e domenicali.
L’art. 9 prevede l’obbligo della diffida formale per il medico inadempiente e della cancellazione dagli elenchi dei medici fiscali, in caso “persistano” i predetti inadempimenti.
L’art. 10 stabilisce i compensi previsti per le prestazioni dei medici fiscali, mentre l’art. 11 prevede il rimborso di tali emolumenti a carico del datore di lavoro.
Descritto così, il sistema appare ben congegnato. Sarebbe stato lecito aspettarsi una consistente riduzione delle malattie di ‘comodo’.
Così non è stato.
Anzi, quella dell’assenteismo dal lavoro dei lavoratori dipendenti, soprattutto del pubblico impiego, è un fenomeno che contribuisce in modo significativo ad aprire una voragine nei conti pubblici.
Vediamo perchè ciò accade.
Vi sono due ordini di ragioni. Entrambe importanti.
La prima è costituita dalla formulazione del D.M. del 1986. Ivi si legge (art. 6, comma D.M. cit.) che il compito del medico fiscale è limitato ad accertare la ‘capacità’ o la ‘incapacità’ al lavoro del lavoratore dipendente sottoposto ad accertamento fiscale.
Può, inoltre, confermare o non diagnosi e prognosi. Non può fare altro.È un grave errore metodologico.
Non solo.
È anche un arretramento rispetto al precedente regime, in cui medico fiscale era il medico condotto (figura ormai scomparsa) o altro sanitario incaricato dall’amministrazione pubblica, il quale aveva discrezionalità maggiore, potendo anche ridurre la prognosi del medico di famiglia (oggi medico di base o di fiducia).
Una ‘forchetta’ così ristretta di possibilità sembra dettata più da una difesa corporativa dei medici del Servizio Sanitario Nazionale, piuttosto che da una compiuta tutela degli interessi dello Stato e dell’economia del paese Italia.
È questo, dell’ampliamento della possibilità di valutazione delle prognosi da parte del medico fiscale, un primo intervento, urgente ma veloce, da adottare mediante una modifica veloce e facile (almeno dal punto di vista tecnico) del D.M. del 1986 (art. 6).
L’altro aspetto riguarda l‘assetto normativo che è stato adottato per il servizio di medicina fiscale.
Premesso che l’art. 5, comma 10 prevede “accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico”, che non sembra siano stati mai disciplinati, l’altra grave anomalia, a giudizio dell’A., è da individuarsi nella circostanza che il D.M. del 1986, art. 1, prevede “liste di medici a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e liberi professionisti”, in attuazione del dettato legislativo di cui all’art. 5, coma 12, che recita, lo si ripete: “liste speciali formate da medici, a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e da medici liberi professionisti”, compensati con i compensi di cui all’art. 10 del D.M. 1986.
Nel tempo si è sempre più stratificata e consolidata una tendenza ad assegnare, a queste liste, la funzione di ‘stazione di passaggio’, o ‘trampolino di lancio’ per giovani e meno giovani medici non pubblici dipendenti né specialisti con affermati studi professionali.
Il rapporto di lavoro è poi regolamentato, ovviamente considerato il regime normativo di riferimento, da convenzione libero-professionale a tempo determinato, rinnovabile anno per anno.
Qui si annidano le tendenze corporative di cui si è detto in precedenza. Mediante un semplice processo d’identificazione con il medico fiscale, un medico precario senza quasi tutela giuridica, ci si deve interrogare per quale principio etico-morale, pur sussistente, possa questo povero medico adottare un provvedimento (lui medico precario) di sconfessione di una diagnosi fatta dal collega, medico di base o specialista, senza avere la quasi certezza di incappare nelle ire (e prevedibili ritorsioni) della categoria di appartenenza, a danno – quasi certo - del fragile rapporto di lavoro da cui dipende la sua sopravvivenza (del medico fiscale) e della sua famiglia.
Il rimedio ? Occorre una seria riforma, che attribuisce alla categoria dei medici di guardia la tranquillità del trattamento economico e di tutela del posto di lavoro, mediante la trasformazione del rapporto di lavoro da precario a stabile, con contratti di lavoro a tempo indeterminato.
Il costo dell’operazione di cui sopra sarebbe ampiamente compensato dalle ore lavorative che non si perderanno per effetto di malattie di fantasia o di prognosi troppo generose.
1 commento:
L’assenteismo dei lavoratori dipendenti è un fenomeno endemico
di difficile soluzione, finchè non si passerà a licenziare i 'lavativi' cronici, innanzitutto!
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