giovedì 22 maggio 2008

Vita e morte di San Nicola Varco

Armando Voza

Il sogno del polo agroalimentare non è una novità di oggi. Se ne parlava già 35 anni fa quando si pensò di realizzare il “Mercato ortofrutticolo alla produzione” in località San Nicola Varco nel Comune di Eboli affidando i lavori alla S.G.I. SOGENE LAVORI Spa, dalla I.T. D’ANDREA Spa e i lavori nell’area di ampliamento del mercato dalla GENEROSO CORAGGIO di Salerno.

La costruzione della Centrale Ortofrutta alla Produzione nel comprensorio del Comune di Eboli venne realizzata dall’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo in Campania (ERSAC) quale Concessionario del Ministero dell’Agricoltura e Foreste e finanziata ai sensi dell’art. 10 della legge 27.10.1966, n. 910; il relativo progetto venne approvato dal Ministero con D.M. n. 12885 del 07.09.1975 e successivi ed il Comune di Eboli concesse licenza edilizia n. 6262 del 19.05.1973; il Prefetto di Salerno con proprio decreto del 04.05.1976 (n. 1749-div. 4°) autorizzò l’Ente ad occupare, in via d’urgenza, i terreni interessati all’insediamento della Centrale, occupazione regolarizzata con successivo decreto prefettizio del 27.05.1986 (n. 578/IV) che sancì l’espropriazione definitiva dei terreni: l’intero progetto avrebbe riguardato un’area di 160.413,00 mq.

Con gara d’appalto del 10.03.1977 le opere civili vennero aggiudicate all’impresa SIMONCINI Spa con un contratto datato 08.09.1977 per un importo di lire 1.767.241.143.

I lavori ebbero inizio il 10.10.1977 ed avrebbero riguardato la costruzione dei seguenti edifici ed opere sussidiarie: sala lavorazione, mercato, centro direzionale, mensa e nido, alloggi, pesa, distributori, controlli, inceneritore, ricovero locomotive e raccordo ferroviario. Con atto aggiuntivo del 22.01.1980 l’importo del contratto lievitò a £ 2.855.779.260 e all’impresa aggiudicataria SIMONCINI Spa subentrò la S.G.I. SOGENE LAVORI Spa (poi fallita) per l’esecuzione dei lavori delle opere civili, degli impianti e dei lavori nell’area di ampliamento.

In conseguenza degli eventi sismici del 23.11.1980, l’Ente dispose la verifica delle strutture in cemento armato dalla quale scaturì una seconda perizia di variante e suppletiva (poteva essere diversamente?) che previde l’adeguamento delle strutture realizzate alla normativa antisismica derivante dalla legge 219/71 così che il secondo importo contrattuale venne integrato di altre £ 583.886.250 così da arrivare ad un totale di £ 3.439.665.511.

Per quel che riguarda invece la costruzione ed il montaggio degli impianti con contratto d’appalto n. 186866 del 29.07.1980 il Ministero con D.M. n. 8238 del 05.05.1980 autorizzò l’impresa I.T. D’Andrea Spa di Napoli (poi fallita il 03.04.88) alla realizzazione dei lavori per un importo di £ 5.123.400.000 oltre le opere annesse per £ 453.255.238 e opere di raccordo ferroviario per £ 1.042.045.427.

L’impresa Generoso Coraggio di Salerno con contratto del 31.07.1985 avrebbe realizzato i lavori di urbanizzazione dell’area di ampliamento del Mercato per un importo contrattuale di £ 473.068.350.

L’importo complessivo di tutta l’opera assommava così a 10.105.734.526 delle vecchie lire che rivalutate a novembre 2007 corrispondono a 46.265.668.284 di vecchie lire, denaro quasi completamente speso.

Per un solo istante immaginiamo di tornare indietro nel tempo, nel mese di maggio del 1989, questo è quello che avremmo visto inoltrandoci nella struttura ancora non ultimata:
- dall’ingresso esistente sulla strada provinciale per la stazione di San Nicola avremmo trovato un edificio in c.a. di due piani con copertura a lastrico solare da adibire ad alloggi al quale segue l’edificio adibito a mercato, composto da due strutture ad un piano disposte ad anello e costituito da una serie di box autonomi (in tutto circa 60); poco lontano si intravede l’impianto di depurazione costituito da una struttura con vasca di depurazione e locale ricovero compressore. Volgendo lo sguardo a destra avremmo intravisto la centrale idrica con serbatoio di accumulo e cabina di manovra, l’edificio ad un piano adibito a sala mensa, asilo nido, locale sindacato e reparto ambulatorio quasi completo delle attrezzature e dei servizi, con portico decentrato, un edificio a due piani adibito a centro direzionale con attiguo edificio da adibire a sala convegno con tribuna; poco distante un casotto di ricovero per l’apparecchiatura adibita a pesa e bilico e la piattaforma della pesa esterna, il locale cabina elettrica, la struttura adibita a sala lavorazione con area refrigerazione e conservazione del prodotto e relativo atrio di accesso, un serbatoio per la riserva del carburante e torre evaporativi con vicina una struttura ove effettuare il carico e lo scarico della merce e relativa zona da destinarsi a parcheggio dei mezzi, il tutto, come detto, su un’area di 160.413,00 mq. Esternamente sono ben distinguibili una serie di tracciati stradali, non ultimati, di collegamento tra gli edifici, oltre ad un piazzale principale mentre è ben visibile la realizzazione del tracciato fognario per le acque bianche (di risulta e pluviali) ed acque nere (fognarie), queste ultime dirette al depuratore, completamente abbandonati e non ultimati (valore complessivo all’epoca £ 3.439.665.511 – moltiplica per 4,6 per attualizzare il valore).

Cosa avremmo trovato all’interno della struttura?

Nell’area scoperta: la cabina elettrica, il gruppo cabina con pesa a bilico e piattaforma, il gruppo di captazione idrica, il gruppo serbatoio nafta di alimentazione della centrale elettrica, il gruppo condensatore del circuito fluido refrigerante per l’impianto ghiaccio e cella-frigo, il gruppo vasca idrica di compenso, aspirazione e distribuzione dell’acqua ai vari edifici, il gruppo impianto di depurazione delle acque reflue (con 2 compressori, un serbatoio in pvc e 2 quadri elettrici).

Nell’edificio adibito a sala lavorazione: gruppo centrale termica (con generatore di vapore cilindrico completo di bruciatore, pompe di alimentazione e canna fumaria, un compressore munito di 2 pompe, un serbatoio di nafta, un addolcitore di acqua per la caldaia ed un quadro elettrico), gruppo elettrogeno (con generatore di corrente e quadro elettrico), gruppo di 5 raddrizzatori per ricarica batterie per altrettanti carrelli elettrici presenti sul posto, impianti linee di lavorazione dei prodotti (fagiolini, verdure, cavoli e fragole da surgelare, cavoli e fragole fresche, spinaci, agrumi), gruppo centrale elettrica di trasformazione, gruppo centrale-frigo (con quadri elettrici, un compressore, un motore elettrico, un condensatore evaporativi, elettropompa, aerorefrigeratore, termostati, tubazioni, ecc.), gruppo tunnel di surgelazione (con tapis-rulant che dall’area di lavorazione porta alla surgelazione, ventilatori, gabbie di protezione), cella frigo ed apparecchiature connesse, macchine, attrezzature, mobili (valore complessivo all’epoca £ 6.666.069.015 – moltiplica per 4,6 per attualizzare il valore).

Gli interni ad un primo controllo risultano per la maggior parte quasi completamente ultimati fatto salvo alcune strutture danneggiate dalle intemperie e dall’infiltrazione di acqua piovana.

Dopo un sopralluogo di alcuni funzionari, che nell’ambito del fallimento delle due imprese esecutrici dovettero quantificare i lavori e la presenza degli impianti e macchinari, la struttura di fatto venne completamente abbandonata, nessuna precauzione venne presa per salvaguardare l’enorme patrimonio custodito all’interno della struttura che presto divenne facile preda di ladri ed approfittatori: anche alla luce del sole, indisturbati, camion portarono via tutto, anche impianti enormi come i motori delle celle frigo che, qualcuno dice, oggi lavorano a pieno ritmo in qualche azienda nella zona industriale di Battipaglia, e questo senza che nessuno si accorgesse di nulla. Il tempo e il completo abbandono ha fatto il resto.

Le domande che nascono spontanee, semplici, quasi innocenti sono:

1) perché nessuno provvide a vigilare sull’area per evitare che venisse depredata?
2) perché San Nicola Varco non è mai decollata?

Dopo un programma televisivo di qualche tempo fa i mass media si sono mobilitati tanto che oggi su internet si trovano notizie in abbondanza su questa realtà di disperati nel cuore della fertile Piana del Sele, a due passi da casa nostra.

Dai primi anni ’90 cominciò ad arrivare nella nostra Piana manodopera a basso costo che, non avendo la possibilità di spostarsi dai luoghi di lavoro, approfittò della presenza di questi edifici abbandonati e probabilmente già spogliati delle attrezzature per rifugiarvisi così che oggi quest’inferno ospita in condizioni disumane circa 700 persone, quasi tutti nordafricani.

Chi entra è morto, chi esce è appena nato”, questa è la scritta, in arabo, che campeggia su una parete … e non ha bisogno di commenti.

La notte è davvero notte da queste parti e la mancanza di energia elettrica rende il buio ancora più angosciante: ad alleviare le pene della fame e della lontananza dai propri cari, si leva leggera nell’aria la musica del cantante algerino Khaled mentre il fuoco di qualche falò o di qualche fiammella di un cucinino squarcia le viscere di quel nero d’inferno.

In questo luogo di disperazioni si sono organizzati così che troviamo due barbieri ed un panificio mentre un silos è stato adibito a moschea, orientata verso La Mecca.

In 17 anni il comune ha speso 50 mila euro per costruire un solo bagno comune, con nove docce, che si sono intasate dopo un mese, una sola fontanella allacciata alla conduttura pubblica ed un faro neanche collegato alla rete elettrica e sapere che ad amministrare Eboli ci sia stato una colazione di sinistra (a maggioranza rifondarola) lascia davvero perplessi.

Lo scorso autunno Medici Senza Frontiere ha lavorato per un paio di mesi dentro San Nicola, realizzando visite mediche su tutti gli schiavi del Nord Africa. "I braccianti – le conclusioni di MSF- maneggiano con disinvoltura e senza nessuna precauzione gli ortaggi trattati con pesticidi letali. In tanti hanno problemi respiratori e dermatologici" ma sono cose che già da molti anni l’associazione ebolitana L’Altritalia conosce bene perché ogni due settimane medici volontari si recano in quei posti per visitare gratuitamente chi sta male e sempre gli stessi volontari tengono, sempre gratuitamente, corsi di alfabetizzazione … nell’indifferenza assoluta delle istituzioni locali che preferiscono spenderli i soldi rendendo un servizio sul quale ci sarebbe molto da dire sia in termini di qualità che di quantità.

Secondo i dati dell’ufficio anagrafe del Comune di Eboli, in questi quattordici ettari vivono 576 persone di nazionalità marocchina. Sono tutti giovani. Tutti maschi, le donne appena il 2% e si mantengono alla larga dalle favales. Tra i 18 ed i 40 anni: ragazzi con braccia forti, essenziali, per le aziende della Piana del Sele.

Il loro sudore alimenta l’economia agricola della provincia di Salerno. I numeri esposti in Prefettura dalla federazione della Cgil di Salerno parlano chiaro: il 60% della forza lavoro delle aziende agricole della Piana arrivano dal Marocco. Il 100% dei lavoratori degli allevamenti bufalini e bovini del salernitano -zona di eccellenza di allevamento delle bufale- sono indiani e pachistani. Ma questa è un’altra storia, perché indiani e pachistani vivono direttamente nelle stalle. Almeno loro hanno un po’ di paglia ed un tetto per proteggersi dalle intemperie. I dati dell’ufficio anagrafe del Comune di Eboli sono al ribasso. Perché, secondo la Questura di Salerno, i numeri sono molto più alti: anche la Cgil concorda che nella Piana del Sele sarebbero almeno 700 i marocchini impegnati nelle aziende agricole. Tutti ammassati nelle capanne.

Le tappe di questo commercio dei nuovi schiavi si ricostruiscono dai verbali, dalle denunce, dai documenti ufficiali delle istituzioni, depositati presso il Tribunale di Salerno.

I 700 braccianti arrivano da due regioni agricole del Marocco, Bai Melal e Settath. Zone povere, dove un bracciante viene pagato dai 2 ai 5 euro per una giornata di lavoro.

Vengono reclutati da affaristi marocchini senza scrupoli, che conoscono la realtà salernitana, spesso collusi con le imprese locali. La polizia italiana ha in mano elementi sufficienti per ipotizzare che esiste una rete criminale marocchina che gestisce questo traffico, dal viaggio in Italia alle campagne di Eboli.

In Marocco, a chi decide di partire per l’Italia, viene promesso un lavoro sicuro, una casa, un permesso di soggiorno stabile con tanto di contratto di lavoro in tasca. In cambio bisogna pagare. Mille euro in anticipo, con i quali gli affaristi riusciranno ad ottenere il visto per un permesso di soggiorno temporaneo, due o tre mesi, per consentire il viaggio in Italia. Prima dell’imbarco, si sborsano altri seimila euro.

Ci sono marocchini che s’indebitano con le loro famiglie, spinti dalla speranza di una vita migliore. Di un cambiamento. Dopo il centro di accoglienza di Lampedusa, arrivano a Salerno, dove le promesse svaniscono e subentra l’angoscia.

L’affarista scompare, diventa irrintracciabile, il lavoro non c’è. Si trovano a vagare per le campagne del salernitano, diventando preda dei caporali che li portano a San Nicola Varco, dove li "fanno alloggiare", poi li mettono in contatto con gli imprenditori agricoli del salernitano. E’ a questo punto che inizia la seconda truffa.

Se fino a questo momento il business è maturato sui documenti, adesso si sfrutta la loro disperazione. L’unica soluzione è accettare quel che capita: contratti da stagionali, per 50, 100, nei casi migliori 150 giorni, a lavorare nei campi della Piana del Sele. Si parte all’alba, si lavora per dodici ore al giorno, per una paga fissa di 25 euro al giorno. Dovrebbero ricevere tra i 45 ed i 50 euro al giorno per 8 ore di lavoro. Ai 25 euro vanno sottratti altri 5 euro, che finiscono nelle tasche dei caporali per il trasporto nei campi a bordo di grossi pulmini. Non hanno diritti. Non sono lavoratori. Sono braccianti e schiavi. Solo questo.

L’economia agricola salernitana si regge sul loro lavoro. Pochissimi imprenditori offrono contratti in bianco regolari. A questi ragazzi del Marocco, dopo le 12 ore di lavoro nei campi, sotto un sole cocente, non resta che restare chiusi nel loro rifugio, nell’inferno di San Nicola Varco, perché se la polizia li trova in giro, sprovvisti di contratto e quindi di permesso di soggiorno, rischiano l’arresto e l’espulsione.

Non è difficile trovare tra questi disperati persone di cultura. Alim ha trent’anni, una laurea in lingue, parla benissimo francese, italiano, spagnolo, tedesco, arabo, ed è finito anche lui in quest’inferno. Vuole parlare e raccontarci il suo di inferno: “Ti alzi alle 4 del mattino, mangi la prima cosa che capita, prendi la bicicletta, la statale, fai 30 km, fino al primo caporale. E’ lui che ti prende, che ti fa lavorare in cambio di una percentuale. Dodici ore con la schiena piegata, poi si ritorna qui dentro e si avanti sperando che cambi qualcosa”. Non tutti hanno il coraggio di parlare come Alim e in moltissimi preferiscono l’anonimato: “Sono qui dal 1999 – ci dice M.A. che arriva da Casablanca - i primi due anni ho dovuto pagare il debito di 7.000 euro, oggi mando a mia moglie e i miei figli non più di 150 euro al mese e vivo come un cane. Quando mi scade il permesso di soggiorno, per otto mesi non riesco a rinnovarlo e vado nei campi come clandestino”.

Nella Piana del Sele si raccoglie 10 mesi l’anno. La terra è fertile. “Se vai forte arrivi a 30 euro al giorno – spiega Aziz, 37 anni - ma solo nei periodi migliori, delle grandi raccolte. Il resto è fame”.

I più fortunati o coloro che hanno deciso di non voler vivere in quelle condizioni accettano un posto letto a 150 euro al mese con acqua, energia elettrica e pulizia a loro carico: e i nostri imprenditori della Piana hanno subito subodorato l’affare tanto che qualcuno in vecchi capannoni fatiscenti, hanno realizzato piccole casette a schiera dove poter ospitare questi pochi fortunati. Da fuori tutto sembra regolare e dentro c’è la sorpresa che frutta a questi nuovi imprenditori centinaia di migliaia di euro all’anno (tutti rigorosamente a nero).

Come quei signori perbene che di giorno gridano contro ogni immoralità e la sera frequentano certe signorine così accade nella nostra Piana: tutti vorrebbero maggiore sicurezza allontanando questi persone di razza inferiore ma di giorno li cercano per rimpinguare i loro loschi affari.

Il futuro dell’area di San Nicola Varco è ancora un mistero. Nel periodo dell’emergenza rifiuti doveva essere utilizzata per stoccare le “ecoballe” prima di essere caricate sui vagoni ferroviari nella vicina stazione, poi doveva diventare la piattaforma per il Polo Agroalimentare, opportunamente recuperata da impiegarsi come alloggi per gli extracomunitari (la struttura è demaniale e quindi dello Stato, come può un altro Ente spendere denaro su un’opera non sua decidendo a chi destinarla?), doveva essere demolita per liberarsi definitivamente da quegli ospiti indesiderati, poi di nuovo è ritornata l’idea del Polo Agroalimentare Regionale (vedi deliberazione n. 252 dell’8/2/2008 che ha approvato i quattro grandi progetti del PASER 2006/2009, tra cui il Polo Agroalimentare Regionale di Eboli). Nella stessa area sempre nei disegni divini dei nostri amministratori è prevista la realizzazione di un centro commerciale di notevoli dimensioni che dovrebbe ridare dignità a questi luoghi e anche un po’ di lavoro.

Non potendo fare diversamente … attenderemo fiduciosi.

Armando Voza

COMMENTO

Quando ho ricevuto, ieri, questo contributo di Armando Voza e l'ho letto sono rimasto senza parole e nemmeno pensieri, mi hanno assalito un profondo senso di vergogna [perchè ciò accade nella civilissima (ex ?) Italia] ed un profondo disgusto per il cinismo di imprenditori (!) e l'indifferenza delle istituzioni locali.
Armando Voza è un ebolitano che lavora nella Guardia di Finanza a Napoli e che è tornato a vivere a Eboli da tredici anni.
Ho fatto la sua conoscenza recentemente, durante una mia 'collaborazione' (ormai conlcusa) con un foglio locale (IL GIORNALE DI EBOLI), durante la quale ho pubblicato suoi tormentati e contrastati articoli di denuncia delle realtà locali, assieme ad articoli molto piacevoli che narrano la storia recente e meno recente della città di Eboli.
L'ho segnalato al dr. Roberto Ormanni, direttore del settimanale online IL PARLAMENTARE, che ha pubblicato anch'egli articoli storici, al quale ho segnalato anche questo articolo, nella speranza che lo pubblichi.
Ciò che denuncia Armando Voza disturba non poco, non viene capita la passione civile di un militare ultraquarantenne sposato e padre, che vorrebbe la sua Eboli meno devastata da interventi urbanistici discutibili e meno depressa economicamente, più viva e vitale.
Disturba il suo pensiero in particolare la politica politicante ebolitana.
Certo Armando Voza potrebbe avere vita più facile se si lasciasse scorrere tutto addosso come acqua su una incerata, ma egli ha scelto e deciso diversamente e io approvo totalmente questa sua decisione, esprimendo un unico rammarico: ve ne dovrebbro essere di più di servitori dello Stato così.
Adesso io mi pongo una domanda e la giro ai miei improbabili 'trenta lettori'.
Ieri a Napoli il nuovo Governo Berlusconi IV ha tenuto il primo consiglio dei ministri, evento avvenuto in pompa magna ed amplificato-strombazzato dai mass-media a dismisura, durante il quale è stato varato il c.d. "pacchetto sicurezza" (chissà perchè li chiamano "pacchetto" !).
La domanda è questa: con l'introduzione del reato di "immigrazione clandestina" (che verosimilmente entro luglio farà parte del 'patrimonio' delle leggi penali italiane) quasi 700 disperati extra-comunitari della piana del Sele (verosimilmente tutti clandestini) dovranno essere arrestati e rimpatriati dopo un giudizio penale immediato. Infatti, di sanatorie non se ne parla nemmeno (eccetto che per le badanti).
L'economia della piana del Sele che fine farà ?
Concludo con un ricordo ed una riflessione. Vedevo passare negli ultimi anni lungo la strada del mare tanti 'uomini neri' in biciclette sgangherate e mi chiedevo cosa ci facessero lì, d'estate, sotto il solleone, dove andassero e perchè, così faticosamente.
Adesso lo so.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro ***, mi sembra di avertene già parlato, di quelle biciclette senza catarifrangenti con un o due uomini neri, di notte, in quelle strade buie. Ogni tanto ci è scappato il morto. Anonimo, naturalmente, seppellito sotto l'ipocrisia di chi sa ma non vuol vedere.
E' un vero scandalo ma rimbalza tutto contro l'indifferenza di chi dovrebbe occuparsene. Non si toccano gli interessi dei nostri proprietari terrieri e non si può fare a meno di quella mano d'opera a basso prezzo e senza pretese.
Mi sento sempre più aliena e staccata dal mondo.
Non ho la tempra di Don Chisciotte per combattere contro i mulini a vento ma se lo facessi(senza alcun risultato) mi sentirei meno colpevole.
Riguardo alla marea di denaro pubblico sprecato, quello di San Nicola Varco è soltanto uno dei tanti esempi della cattiva politica amministrativa degli ultimi quarant'anni, e nemmeno uno dei più costosi. Rassegnati: nessuno si scandalizza più, nessuno vuole trovare i responsabili, a tutti ha fatto comodo che accadessero queste cose. La maggioranza ha il cervello ridotto a poltiglia, e puzza anche.
R****na

Anonimo ha detto...

io abito a poche centinaia di metri da questo scempio,chi non vive quotidianamente, la triste realtà di questo luogo,non potra mai ,fino infondo,capire di cosa si stà parlando.Mi permetto di correggere un dato sopra riportato,i nord-africani accampati nel centro di san nicola varco,sono all'incirca 1200 il 90% di essi,in maniera clandestina.Poi,recentemente nell'intera piana del sele c'è stata un emergenza di tipo sanitario,oviamente,tanto baccano iniziale,poi silenzio,nn creava + odiens.Mi auguro che la mentalità imprenditoriale di questo nuovo governo ,si dia da fare,realizzando il tanto ostentato centro commerciale,e poi rendendo competitiva la fascia costiera.Crdedo che sia l'unico modo per combattere senza armi ,il problema dell'immigrazione clandestina,trasformare la zona, da agricola a turistica.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Caro anonimo n. 2, ti ho accontentato, ho il pubblicato il tuo commento-aggiornamento.
Va bene ?

Anonimo ha detto...

innanzitutto ringrazzio il Sig. Morsello per aver postato il mio commento,poi ,volevo segnalare che i lavori per la realizzazione del centro commerciale sono iniziati,ma vanno come normalemente accade,a rilento.sembra quasi che da 2 mesi stanno li a smuovere la terra.misurano,tracciano ,presumibilmente i condotti idrici ed elettrici,ma di scavi per le fondazioni,mah ,non se ne vede traccia.forse aspettano l'inverno per realizzare,come al solito,buchi che diventerannocon le prime piogge,piscine da far invidia agli organizzatori dei prossimi giochi olimpici.Aspettiamo e ci guardiamo che colore ha il fumo degli euro bruciati.grazie

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ciao Armando, ce n'hai messo di tempo a leggere che il tuo primo commento al tuo articolo l'avevo postato: dal 26 agosto al 12 novembre: un recordo di velocità !