Luca Bonaccorsi
settimanale Left
Intervista a Claudio Fava
“Sinistra Democratica sta bene. Ha scelto di non ripiegarsi su stessa alla ricerca di un'identità perduta, per tentare invece di capire cosa è successo a sinistra e nel Paese. Perché non si possono addossare le colpe della sconfitta solo a fattori esterni o al voto utile”. Inizia così la nostra conversazione con Claudio Fava, giornalista, europarlamentare, ora erede di Mussi alla guida della minoranza Ds che lasciò il partito l’anno scorso. “C’è un problema di cultura politica del progetto unitario di sinistra. Nella nostra scelta vedo un segnale di salute, di uno stare nelle cose. L’altro elemento positivo è la coesione del gruppo dirigente di SD ha scelto coralmente di ripensare forme e contenuti della politica di dare vita ad una Costituente della Sinistra. Andremo alla prima Assemblea nazionale (a Chianciano dal 27 giugno prossimo, ndr) senza conte interne. In un contesto di infinita debolezza, è un punto di forza”.
Come si spiega lo spostamento a destra del Paese?
Il Paese, e il senso comune, sono cambiati profondamente. Si è avvitato nella ricerca di nuovi nemici, in una cultura della paura diffusa: dalla precarietà all’infelicità, alla paura dell’altro. Questo senso comune malato, e a tratti perverso, è stato gestito e amministrato dalla destra. La vittoria di Berlusconi non è una fase di un bipolarismo imperfetto, è un evento che sancisce l'affermazione di un'egemonia culturale. Dobbiamo rileggere ciò che è accaduto in Italia, capire come modificarne il senso comune, offrendo prospettive e valori di riferimento. La sinistra non può limitarsi a recitare il copione della propria esistenza, il repertorio delle proprie qualità. Anche sul piano della comunicazione, del linguaggio, dell’alfabeto originario, noi dobbiamo rimetterci in discussione. Abbiamo considerato la nostra forza storica come un conto in banca infinito da cui attingere. E siamo invecchiati rapidamente, dando l’impressione di grande staticità, mentre il Paese si muoveva. È un Paese che non ti parla di lavoro solo in termini salariali, ma anche in termini di precarietà esistenziale. Forse la sinistra doveva misurarsi con il tema più ampio della qualità della vita, e non solo sui temi, seppur fondamentali, del contratto di lavoro.
È una difficoltà a separarsi dal passato?
Ancora oggi c'è chi sostiene che abbiamo perso perché non abbiamo esposto falce e martello. Le nostre identità devono prescindere dal gioco dei simboli e incontrare il Paese reale, i suoi destini veri. In questo noi siamo stati ceto politico, partiti degli eletti, nomenclatura.
Socialismo e comunismo:che ruolo hanno nel dibattito teorico attuale? Sono uno scoglio o una risorsa?
Sono una grande risorsa dell’identità interiore di ognuno di noi, per il repertorio di valori, per lo sguardo che rivolgi verso la società. Stare dentro una cultura di sinistra vuol dire, per esempio, non poter dire sui fatti del Vigneto “sì bisogna condannarli ma ci sono troppi immigrati”. Avere dentro di sé la cultura dell’altro ti permette di affrontare il tema della sicurezza nella sua complessità senza assecondare il senso comune. Tutto questo non ha bisogno di coniugarsi con l’appartenenza alle sacre famiglie politiche. È sintomo di vecchiaia e incapacità non capire che il senso di un’identità comunista o socialista prescinde dal fatto che andrai a sedere tra i banchi socialisti o alla Gue nel Parlamento europeo.
La sinistra storicamente ha rappresentato le ragioni del lavoro. Perché oggi i lavoratori non la votano più?
Perché abbiamo continuato a parlare di “lavoro” e non di lavori: dell’operaio metalmeccanico delle fabbriche del nord, del precario a vita dell’università del sud, dell’articolista che ha iniziato da precario nel giornale e ora ha moglie e figli e ha passato vent’anni ad aspettare il posto fisso. I “lavori” mettono insieme una somma di precarietà. Oggi non dobbiamo solo restituirgli potere d’acquisto, ma potere sui tempi della vita, spesso sottratti, e con questi il senso del futuro. Oggi noi perdiamo i lavoratori perché non riusciamo a fargli una proposta complessiva. Dobbiamo affrontare il tema del tempo, della qualità della vita, del rapporto con una dimensione umana che è molto più complessa di quella di trent’anni fa.
Le battaglie contro la precarietà la sinistra le ha fatte, tuttavia sembra che la gente pensi: sì hai ragione ma non sarai in grado di fare quello che dici?
Vero, una sinistra che accetta di essere testimoniale e rifiuta il confronto sul tema del governo, e che non attribuisce agli altri la responsabilità di impedire questo confronto, è una sinistra che appare minoritaria, desiderosa di perdere.
Non sarà stato solo un problema di alleanze?
Sul fronte interno abbiamo elaborato il concetto dell’unità ma non ci abbiamo creduto. Su ogni tema, a ogni episodio, l’unità si frantumava in comunicati stampa di quattro segreterie. Il processo è apparso sotto stretta sorveglianza, dove la cessione di sovranità era minima o nulla.
Nel PD sembra esaurito il sogno, o il delirio, dell'autosufficienza. Veltroni, forse anche grazie alla pressione di D'Alema, sembra voler aprire a sinistra.
Do atto a Veltroni delle sue parole, ma attendo i fatti. Mi attenderei, per esempio, che il Pd si mettesse in discussione. Invece mi sembra che continui a celebrare se stesso. Ha perso clamorosamente le elezioni, eppure non vedo ancora nessuna riflessione in materia. Poi aspettiamo di capire che tipo di confronto ha in mente Veltroni: se avviene su basi di reciproca autonomia bene, altrimenti è solo una forma di cortesia politico-istituzionale.
Ci sono chiaramente due strategie diverse nel Pd riguardo alla sinistra: una “annessionistica” e una che punta al rafforzamento del percorso unitario per poi confrontarcisi.
La linea “annessionistica” è un’idiozia politica. Ammesso che possano convincere qualcuno, come hanno già fatto con Nerozzi e con Vita per esempio, è chiaro che questo non dà più forza al progetto del Pd. Che resta un progetto parziale, di un partito sostanzialmente moderato, con una forte vocazione cattolica. E che non può avere la presunzione di rappresentare tutto quello che c'è nel centrosinistra. L’unica possibilità per il Pd è di ricostruire un centrosinistra con chiarezza: loro sono il centro, e accanto deve esserci una sinistra.
Noi di Sd, poi, proveniamo da un'esperienza molto dura nei Ds: alla creazione di una sinistra nuova ed autonoma abbiamo dedicato parte della nostra vita, non una campagna elettorale. Personalmente è dal 2001 che rifiuto il Pd. Che dopo sette anni qualcuno ancora si aspetti tardivi pentimenti mi sembra assurdo. Il Pd deve archiviare la presunzione del bipartitismo, abbandonare il mito dell'autosufficienza, mettere da parte la pratica antica e malinconica della telefonata al singolo per raccogliere adesioni e irretire. Un dirigente della sinistra che oggi accettasse di passare al Pd porterebbe con sé solo la sua faccia e il suo voto, ma non sposterebbe una sola virgola del potere d'acquisto dei democratici.
La sconfitta di Rutelli a Roma è dovuta anche alla impossibilità del candidato, per il suo profilo “clericale”, a rappresentare il centrosinistra?
A Roma abbiamo perso perché abbiamo assecondato la presunzione di Rutelli di ricandidarsi. È l’idea che si può essere buoni per tutte le stagioni, che il centrosinistra riproduce se stesso, che un signore si può ripresentare a fare il sindaco dieci anni dopo, come Prodi col governo del Paese. Dice alle persone che siamo fermi. Che ci guardiamo compiaciuti allo specchio sorridenti, solo che, a differenza di quanto accade nel romanzo di Oscar Wilde, le rughe cominciano a incrinare i nostri sorrisi e appariamo per ciò che siamo: spesso la caricatura di quello che eravamo. La svolta confessionale di Rutelli era nota a tutti. Dal 1993 a oggi aveva stretto rapporti personali con le gerarchie della curia, e compiuto una virata profonda sul piano personale e politico. Avrà anche amministrato bene nel passato, ma non si poteva riproporre a prescindere da ciò che era successo nel frattempo. Non sarà un caso che Zingaretti prende più voti.
Rifondazione è fondamentale per la creazione della nuova sinistra. I bertinottiani avevano investito molto sulla scelta di Mussi. Ora il partito va spaccato verso il congresso per scegliere essenzialmente tra due opzioni: Vendola e il rilancio del progetto unitario o Ferrero che punta su comunismo e federazione della sinistra.
Intanto esprimo il massimo rispetto per il dialogo interno di Rifondazione, nel quale noi non possiamo assolutamente intervenire come mozione “corsara”. Il nostro progetto non prevede la deriva identitaria, o la costituente comunista, che magari ti permette di avere qualche deputato ma che davvero non parla al Paese. La nostra idea è quella di un cantiere della sinistra che si mette in discussione. Per questo la storia, la pratica e la cultura di Vendola sono molto più vicini al nostro progetto.
Se nessuno dei due ottenesse la maggioranza si concretizzerebbe la possibilità di una scissione in Prc? Cosa cambierebbe per voi?
Io mi auguro solo un processo di verità. Se a sinistra si delineeranno due percorsi diversi io non lo considero un dramma. Io mi batterò per una cultura laica, che superi la contrapposizione manichea tra governo e opposizione. Che si faccia carico della complessità del Paese oggi, senza far riferimento a categorie del secolo scorso. Cosa sarà? una costituente, un movimento, un partito, un cantiere, non importa. Certamente importa che sia un soggetto politico, con un’idea forte. Che è mancata alla Sinistra Arcobaleno. La discriminante non può essere il comunismo, ma l’uso che si fa di questa identità: la necessità di esibirla o di tenerla nelle proprie “viscere”, nella memoria e nella cultura politica. La distinzione non è tra i comunisti e non, questa è una semplificazione che lascio a Diliberto. La distinzione è tra chi usa questa identità come una ridotta entro la quale rinchiudersi e chi ritiene di contaminare questa identità con un tempo e un modo profondamente rinnovati. E rinnovati non vuol dire moderati. Credo che in Prc più che scelte di mozioni congressuali ci saranno scelte di percorsi personali ed esistenziali.
Parliamo di sud, di Sicilia, di criminalità organizzata.
In un’intervista a left Mussi disse: “Questo capitalismo è incompatibile col pianete terra”. L’ambientalismo, la critica al modello di sviluppo attuale, che ruolo ha per la nuova sinistra?
Rimettere in discussione il nostro modello di sviluppo è il progetto più rivoluzionario che si possa immaginare. Un risultato concreto su questo fronte sarebbe immediatamente percepibile dalla gente in termini di qualità della vita. Noi abbiamo 100 milioni di poveri che sono emersi da un giorno all’altro per l’aumento dei prezzi alimentari. Non per una carestia, ma perché l’economia occidentale e le politiche protezionistiche di Usa e Europa hanno determinato questo processo. Noi possiamo creare 100 milioni di poveri e gettare 41 Paesi sull’orlo della guerra civile con le nostre scelte. Rimettiamo in discussione tutto questo, e con questo i pilastri stessi dell’Unione europea e gli interessi di centinaia di migliaia di aziende. Se ce la fai determini uno scatto di qualità “umana”, nella società che è rivoluzionario.
In un’intervista a left Mussi disse: “Questo capitalismo è incompatibile col pianete terra”. L’ambientalismo, la critica al modello di sviluppo attuale, che ruolo ha per la nuova sinistra?
Rimettere in discussione il nostro modello di sviluppo è il progetto più rivoluzionario che si possa immaginare. Un risultato concreto su questo fronte sarebbe immediatamente percepibile dalla gente in termini di qualità della vita. Noi abbiamo 100 milioni di poveri che sono emersi da un giorno all’altro per l’aumento dei prezzi alimentari. Non per una carestia, ma perché l’economia occidentale e le politiche protezionistiche di Usa e Europa hanno determinato questo processo. Noi possiamo creare 100 milioni di poveri e gettare 41 Paesi sull’orlo della guerra civile con le nostre scelte. Rimettiamo in discussione tutto questo, e con questo i pilastri stessi dell’Unione europea e gli interessi di centinaia di migliaia di aziende. Se ce la fai determini uno scatto di qualità “umana”, nella società che è rivoluzionario.
COMMENTO
Vorrei sbagliare, ma ho l'impressione che siano fuori tempo massimo.
La Sinistra è andata per troppo tempo alla deriva, nelle improvvide mani di un narciso egocentrico quasi quanto Silvio Berlusconi, ma che non ne aveva nè i mezzi (economici, di stampa, di televisioni, dei mass media), nè la fascinazione sull'attuale popolo italiano (fatto di quattro generazioni di studenti di una scuola che non premiava i meritevoli e non bocciava - più - gli immeritevoli, che si è bevuto tutte le mirabolanti promesse, mentre chi aveva un po' di senso critico non poteeva che mordersi le mani per l'impotenza di contrastare una tale alluvione, un tale bombardamento disuggestioni quasi ipnotiche: Silvio Berlusconi ha ipnotizzato gli italiani, con la "i" minuscola), con in più una protervia intellettuale che alla fine ne ha causato l'uscita di scena più ingloriosa dell'Italia repubblicana.
Un tempo avremmo detto: "In Deo confitemur".
Adesso, dopo le impennate teocratiche dell'attuale papa tedesco, nenahche qyesto è più possiible affermare come espressione di una speranza.
Nicki Vendola & Claudio Sala.
Bisognava farsi sotto prima, molto prima. Cento passi a sinistra sembrano in ritardo di cento anni luce.
1 commento:
Pubblico una serie di e-mail intervenute con Maria Teresa Borsò:" Caro amico Morsello,
ti scrivo a titolo personale poichè non posso parlare a nome dell'associazione culturale Fate dato che la mia opinione non so se sia condivisa da tutte noi, però desidero dirti quanto di seguito.
Noi - intendo noi di sinistra - abbiamo perso perchè:
1) ci siamo alleati male con un partito popolare assolutamente non riformista.
2) Pur avendo ben legiferato, non abbiamo saputo governare intendendo per Governo di una nazione quell'organismo che lavora per la cittadinanza per lo Stato in nome dei principi migliori e piu' alti. Abbiamo governato in un pasticcio allucinante di idee e contro idee e, pur avendo attraverso le primarie scelto un capo di governo (che io ho votato, pur non amando Prodi), non lo abbiamo saputo nè sostenere nè spingere avanti nè lasciarlo lavorare in pace.
Il nostro guazzabuglio politico si è dimostrato essere una stia di galline all'interno della quale le poche voci serie, ponderate, riflessive, organizzative e propulsive sono state seppellite.
Per esempio personalmente non ho potuto apprezzare Mussi né per la sua posizione politica nè per il modo con cui ha usato il ministero che gli è stato affidato. Gli riconosco una vivace intelligenza, ma una scarsa preparazione politica.
3) Non credo che abbiamo ancora imboccato la via giusta che secondo me potrebbe ancora essere seguendo un'antica, ma quanto mai moderna, frase di quello che considero un vecchio amico e grande filosofo: "Teoria-prassi-teoria". Cioè cerchiamo di avere idee, cerchiamo di metterle in pratica, cerchiamo di rivedere la pratica a lume delle idee. Non mi sembra che ci siamo.
4) Dalle ultimissime di stamattina, mi sembra che stia riscappando fuori, all'interno dei grandi capi, una diatriba di parole e un battibecco scarsamente interessante che dimostra solo la livorosa competitività che c'è nell'Olimpo dei semidei.
5) Facciamoci uno shampoo al cervello, e lasciamo che parlino solo le VERE teste pensanti.
Scusami per questo tono brusco, ma mi sembra che anche dall'intervista in oggetto che gentilmente mi hai inviato si dimostra di non aver capito cosa pesa e quali sono le radici della nostra sconfitta che, credimi, mi ha fatto veramente del male.
Affettuosamente ti saluto, se ti va di continuare a inviare le tue cose puoi continuare e sono contenta di poter avere almeno uno scambio di idee con te.
Maria Teresa Borsò.
Ciao Maria Teresa,
mi fa piacere leggerti.
certamente saprai che l'associazione culturale FATE mi ha chiesto di depennarla dai miei contatti. cosa è ho immediatamente fatto.
condivido la tua analisi, è stata una disperazione vedere la coalizone deisgregarsi in quel modo, inesorabilmente, un 'cupio dissolvi' così l'ho constatato di persona solo quando ci fu il terremoto nella GdF (e non era il primo) del 1994-95 (non ricordo bene) e vedevo gli alti ufficiali sotto la morsa, la tenaglia del discredito gettato sulla polizia finanziaria, del "disonore".
io sono un direttore di carcere in pensione, dopo 40 anni di servizio, ho 70 anni.
sono stato sempre di sinistra (PC, PDS, DS) ma ciò che è accaduto nella passata legislatura mi ha fatto perdere fiducia nella classe politica di sinistra, almeno quella che è stata disarcionata dalle ultime elezioni politiche, come anche nel PD (che campagna elettorale di merda ha fatto Veltroni).
se poi osservo, come osservo, ciò che sta accadendo in tema di intercettazioni, allora dico che sono da buttare tutti nel cesso.
Romani Prodi non era telegenico, non parlava in modo fluido, da imbonitore, non era un novello De Gasperi, come anche Padoa Schioppa idem, non era un novello Einaudi, ma era il meglio che avevamo, ma saranno rimpianti, io li rimpiango già.
Invece questi mostri di egocentrismo, a cominciare da D'alema per continuare con Rutellli & C., adesso dicono che è necessario limitare le intercettazioni telefoniche (il caso UNIPOL scotta ancora).
"teoria, prassi, teoria", eccellente, chi l'ha detto ?
sai, io non ho una cultura politica, ho fatto fino a ieri un altro mestiere.
l'accoppiata Claudio Fava - Nicki Vendola è eccellente ma è saltata fuori, a mio giudizio, fuori tempo massimo.
il secondo è fantastico quando parla e mi sono chiesto perchè non è stato buttato nella mischia molto prima.
invece non è stato fatto nemmeno dopo la cocente sconfitta di aprile: tutti fuori !
io non ne potevo più, vecchi tromboni, più o meno malconci in salute, hanno consegnato ancora una volta il paese alla destra, siamo già in una dittatura dolce, siamo alle prove generlai di quella vera, e sono la voglia di mettere il bavaglio alla stampa e di di spuntare definitivamente le unghie alla magistratura, poco importo se poi non si saprà più come difendersi da corruzione, concussione, dai sequestri di persona ecc.
ma io guardo a ciò che c'è nel Parlamento oggi e vedo solo una forza politica in grado di contrastare fortemente lo strapotere berlusconiano e quella io appoggio.
sono rassegnato.
mi sfogo scrivendo e/o commentando articoli di grandi firme del giornalismo, in un mio blog, questo:
http://ilgiornalieri.blogspot.com/
Ti ho inserito nei gruppi di contatto, ma credo che, se lo vuoi, puoi leggere e commentare direttamente.
per esempio, questi due commenti (tuo e mio) potrebbero essere inseriti nell'articolo "CENTO PASSI A SINISTRA", che ho inviato al FATE (cosa significa questo acronimo ?) e da qui la richiesta di depennamento.
il commento non viene preventivamente moderato, non ho attivato questa funzione
pensaci e fammi sapere.
ci tengo molto.
luigi
Caro Luigi,
ti prego di credere che è stato ben lungi da noi l'averti escluso dall'associazione culturale FATE. Tuttavia nessuna di noi si permette di usare l'email per altre ragioni se non quelle strettamente e rigidamente legate alla cultura-letteratura. L'acronimo significa Fonts Artis Tegmen Exsistentae (la fonte dell'arte è il tetto-culmine dell'esistenza) ed è una nostra invenzione.
Se vuoi inserire la mia lettera nel blog, lo puoi fare. Non sono totalmente d'accordo su quello che mi scrivi, ma in una gran parte di ciò che esprimi mi ritrovo. Se ti fa piacere continuare la nostra corrispondenza, sono sempre felice di sentirti e anche io ci tengo molto.
Confidenzialmente voglio dirti che anch'io sono una pensionata e purtroppo sono una severa ipovedente, ragion per cui non posso usufruire personalmente del computer e debbo farmi aiutare il che non avviene tutti i giorni; a questo si deve la mia lentezza nelle risposte e la scarsa capacità che ho di poter utilizzare a pieno il mezzo di comunicazione.
Ti saluto cordialmente, comunque a presto
Maria Teresa"
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