Luigi Morsello
"La quasi totalità dei lettori di Repubblica e dei frequentatori del sito pensa che "La Nuova Squadra" faccia decisamente rimpiangere la prima. Potremmo facilmente cavarcela con l'abitudine: una serie tivvù funziona come le vecchie pantofole che adoperi quando torni a casa, il tempo le ha sagomate sui piedi di chi le indossa, quindi restano insostituibili. Noto che la maggior parte degli interventi sul forum imputa a non meglio precisati difetti nella sceneggiatura la deriva americana di Taricone e soci. Litri di sangue, quintali di violenza, amplessi furibondi consumati in luoghi istituzionali: giusto il contrario della netta, rassicurante lotta tra bene e male, affrontata dal commissario Cafasso - alias Renato Carpentieri - nel fortino del fu Sant'Andrea.
Qui, secondo me, la faccenda si complica, perché dal giudizio estetico si passa alla valutazione morale: cambio legittimo, per carità, ma, a mio avviso, inconcludente. Una posizione che ha esplicitato Vilas, chiedendosi: "ma la questura accetta che si dia una rappresentazione così opaca in una città che ha bisogno di fiducia e di credere in se stessa mai come adesso? ". Semplice rispondergli che la Questura, per fortuna, è impegnata in compiti più importanti, a cominciare dalla repressione dei malviventi in carne e ossa. Più utile, forse, è ricordargli che solamente nelle dittature le istituzioni si preoccupano di controllare - e censurare - chi voglia raccontare la realtà. Che solo grazie a racconti diversi, spesso antitetici, si affina la nostra capacità di comprendere e di agire.
Davvero Vilas ritiene che un poliziotto arrapato o - come dire? - costretto a combattere la camorra mutuandone i codici sporca l'immagine di Napoli più di quanto l'abbiano deturpata decenni d'incuria politica, senza distinguere tra i colori dei protagonisti? L'idea, poi, della televisione adoperabile quale strumento pedagogico generalista è antica, tralasciando il fatto che ci considera bambini incapaci di valutazioni autonome, spettatori di una fascia protetta permanentemente. Scolaretti a cui spiegare ogni volta che, parole di Todomodo, "dall'Unità d'Italia non è cambiato il modo in cui lo Stato si rapporta a Napoli e ci si rapporta con i camorristi". Troppe mammolette lo scoprono adesso, attribuendone la colpa magari alla "Nuova Squadra" e non, piuttosto, alla classe dirigente che governa questa città e il paese da allora: eletta sempre con maggioranze bulgare. Silbucce spiega che "forse è meglio raccontare (...) bisogna prendere coscienza di come vanno veramente le cose. ". Le cose a Napoli vanno così: l'indistinzione tra guardie e ladri è talvolta tanto marcata da presupporre strategie investigative poco tradizionali. Prendersela con chi, per fini artistico-spettacolari, se ne fa tramite rivolgendosi al grande pubblico equivale a guardare il dito, non la luna. Critichiamo tutto, sempre, tranne il diritto-dovere di rappresentarci come siamo, liberamente. I destinatari delle proteste, gli artefici dei nostri guai non risiedono, fortunatamente o sfortunatamente dipende dai punti di vista, nel tubo catodico.(Marco Lombardi - La Repubblica)
Qui, secondo me, la faccenda si complica, perché dal giudizio estetico si passa alla valutazione morale: cambio legittimo, per carità, ma, a mio avviso, inconcludente. Una posizione che ha esplicitato Vilas, chiedendosi: "ma la questura accetta che si dia una rappresentazione così opaca in una città che ha bisogno di fiducia e di credere in se stessa mai come adesso? ". Semplice rispondergli che la Questura, per fortuna, è impegnata in compiti più importanti, a cominciare dalla repressione dei malviventi in carne e ossa. Più utile, forse, è ricordargli che solamente nelle dittature le istituzioni si preoccupano di controllare - e censurare - chi voglia raccontare la realtà. Che solo grazie a racconti diversi, spesso antitetici, si affina la nostra capacità di comprendere e di agire.
Davvero Vilas ritiene che un poliziotto arrapato o - come dire? - costretto a combattere la camorra mutuandone i codici sporca l'immagine di Napoli più di quanto l'abbiano deturpata decenni d'incuria politica, senza distinguere tra i colori dei protagonisti? L'idea, poi, della televisione adoperabile quale strumento pedagogico generalista è antica, tralasciando il fatto che ci considera bambini incapaci di valutazioni autonome, spettatori di una fascia protetta permanentemente. Scolaretti a cui spiegare ogni volta che, parole di Todomodo, "dall'Unità d'Italia non è cambiato il modo in cui lo Stato si rapporta a Napoli e ci si rapporta con i camorristi". Troppe mammolette lo scoprono adesso, attribuendone la colpa magari alla "Nuova Squadra" e non, piuttosto, alla classe dirigente che governa questa città e il paese da allora: eletta sempre con maggioranze bulgare. Silbucce spiega che "forse è meglio raccontare (...) bisogna prendere coscienza di come vanno veramente le cose. ". Le cose a Napoli vanno così: l'indistinzione tra guardie e ladri è talvolta tanto marcata da presupporre strategie investigative poco tradizionali. Prendersela con chi, per fini artistico-spettacolari, se ne fa tramite rivolgendosi al grande pubblico equivale a guardare il dito, non la luna. Critichiamo tutto, sempre, tranne il diritto-dovere di rappresentarci come siamo, liberamente. I destinatari delle proteste, gli artefici dei nostri guai non risiedono, fortunatamente o sfortunatamente dipende dai punti di vista, nel tubo catodico.(Marco Lombardi - La Repubblica)
Io, lettore di Repubblica, non sono fra coloro che giudicano negativa la nuova serie televisiva di Rai3 “La Nuova Squadra”.
Aggiungo che le serie precedenti non mi sono piaciute da subito, solo in un secondo momento ho vinto la diffidenza per questo genere di produzioni televisive italiane, perché ho notato che non scimmiottavano le serie americane, che adesso non ricordo bene, serie che peraltro seguivo e continuo a seguire perché di ottima fattura.
Ve ne sono innumerevoli, è stata ricordata la fortunata serie “The Shield” (“Lo Scudo”), al cui protagonista, calvo, l’attore Michael Cicklis, fa da contraltare il nostro, bravo, Rolando Ravello.
Cosa piaceva nella vecchia Squadra ?
Aggiungo che le serie precedenti non mi sono piaciute da subito, solo in un secondo momento ho vinto la diffidenza per questo genere di produzioni televisive italiane, perché ho notato che non scimmiottavano le serie americane, che adesso non ricordo bene, serie che peraltro seguivo e continuo a seguire perché di ottima fattura.
Ve ne sono innumerevoli, è stata ricordata la fortunata serie “The Shield” (“Lo Scudo”), al cui protagonista, calvo, l’attore Michael Cicklis, fa da contraltare il nostro, bravo, Rolando Ravello.
Cosa piaceva nella vecchia Squadra ?
Piaceva l’impianto scenografico, piacevano i testi, piaceva la recitazione di attori del calibro di Renato Carpentieri, un attore (1943) di cinque anni più giovane di me, di teatro e cinematografico di grande spessore; di Massimo Bonetti, di Massimo Wertmuller, di Chiara Salerno, Mario Porfito ed altri, tanti altri, facenti parte del cast fisso e Guest star (ospiti), come di si dice negli U.S.A.
La serie era nata nel 2000 ed è durata fino al 2007, troppi anni, anche per attori bravi e bravissimi.
Appariva evidente che gli autori non sapevano più che inventarsi e pian piano hanno fatto uscire di scena tutti i protagonisti della prima serie.
Solo Tony Sperandeo, meno efficace all’inizio nella nuova serie, e Federico Tocci, anch’egli a disagio nella nuova pelle, sono rimasti, per ora.
Si conoscono critiche per l’uscita di scena solo di Massimo Bonetti, che evidentemente non se l’aspettava.
Ora la nuova serie imita solo sotto il profilo estetico i telefilm americani, senza però farli rimpiangere, come non può far impiangere la prima serie, che era cosa altra.
L’impressione che se ne ricava è che nella sostanza la finzione televisiva è meno realistica della realtà.
Il successo mondiale del libro di Giorgio Saviane, “Gomorra”, che io sto leggendo, a piccole dosi tanto è terribile e mortale, per lo spirito, quanto vi viene descritto, ne è la più lampante conferma.
La serie era nata nel 2000 ed è durata fino al 2007, troppi anni, anche per attori bravi e bravissimi.
Appariva evidente che gli autori non sapevano più che inventarsi e pian piano hanno fatto uscire di scena tutti i protagonisti della prima serie.
Solo Tony Sperandeo, meno efficace all’inizio nella nuova serie, e Federico Tocci, anch’egli a disagio nella nuova pelle, sono rimasti, per ora.
Si conoscono critiche per l’uscita di scena solo di Massimo Bonetti, che evidentemente non se l’aspettava.
Ora la nuova serie imita solo sotto il profilo estetico i telefilm americani, senza però farli rimpiangere, come non può far impiangere la prima serie, che era cosa altra.
L’impressione che se ne ricava è che nella sostanza la finzione televisiva è meno realistica della realtà.
Il successo mondiale del libro di Giorgio Saviane, “Gomorra”, che io sto leggendo, a piccole dosi tanto è terribile e mortale, per lo spirito, quanto vi viene descritto, ne è la più lampante conferma.
Ottima l’interpretazione di Lisa Galantini (Pisa 1973), il vice questore Paola Ricci.
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