Roberto Ormanni
Direttore de
IL PARLAMENTARE
25 giugno 2008
Il senatore Nicola Di Girolamo, accusato di dieci diversi reati collegati alla falsa dichiarazione di residenza in Belgio che gli ha consentito di candidarsi ed essere eletto all’estero, non andrà agli arresti domiciliari ma molto probabilmente, entro l’estate, dovrà lasciare il seggio senatoriale. La Giunta per le immunità del Senato ha respinto a maggioranza la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal gip di Roma Luisanna Figliolia, ma ha annunciato che verrà “accelerata la procedura per la verifica della convalida dell’elezione”. E a questo proposito uno dei componenti della Giunta, il senatore del Pd Luigi Lusi, ha sottolineato che “nei riscontri documentali ci sembra difficilmente sostenibile la posizione di Di Girolamo come senatore''.
In sostanza, le stesse ragioni che hanno indotto l’organismo del Senato a votare contro l’autorizzazione agli arresti domiciliari, potranno essere alla base della dichiarazione di decadenza dalla carica in quanto Nicola Di Girolamo era “ineleggibile per la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge”.
Nel corso della discussione in Giunta, infatti, nonostante il voto a larga maggioranza (si è astenuto soltanto il rappresentante dell’Italia dei Valori, Luigi Li Gotti, vicepresidente della Giunta, e al Senato l’astensione vale come voto contrario) le motivazioni della scelta sono diverse. Secondo gli esponenti del centrodestra la richiesta di arresto dimostrerebbe addirittura l’esistenza di “fumus persecutionis”, ossia di un’esasperazione delle conclusioni da parte dei magistrati non basata su elementi concreti. Il centrosinistra invece, una volta concluso l’esame della documentazione inviata dai Pm Giancarlo Capaldo e Giovanni Bombardieri, che hanno condotto le indagini, hanno precisato che non c'e' ''fumus persecutionis'', ma neanche il rischio di inquinamento delle prove che giustificherebbe gli arresti domiciliari, ''perche' il giudice le prove le ha trovate''.
Il senatore Lusi, motivando il proprio voto contrario all’arresto, ha perciò precisato che “spetterà ora alla Giunta per le elezioni valutare la posizione di Di Girolamo, dal momento che il senatore eletto nella circoscrizione Europa e' accusato di falso per essersi candidato all'estero dichiarando di avere la residenza in Belgio senza che ciò sia effettivamente vero. Esiste un vulnus – dice Lusi – che riguarda parziali irregolarita' nella elezione di un componente del Senato. Ci sembra che il giudice abbia fatto un ottimo lavoro, con riscontri documentali inappuntabili, e abbiamo chiesto che la Giunta per le elezioni acceleri la procedura di verifica della convalida dell'elezione di Di Girolamo. I due relatori, che sono anche i due vicepresidenti della Giunta - aggiunge il senatore Pd - relazioneranno al riguardo alla fine della prossima settimana e, una volta scaduti i termini per le contro deduzioni da parte del senatore Di Girolamo, valuteremo”.
Ora la decisione della Giunta passa all’assemblea di Palazzo Madama per la conferma, ma il presidente, Marco Follini, ha ricordato che nei pochissimi precedenti in cui la Giunta si è pronunciata in passato a favore dell'arresto di un parlamentare, si è trattato di inchieste per "reati gravissimi". In particolare, “in sessant’anni di vita repubblicana – ha precisato l’esponente del Pd – è accaduto solo quattro volte che il Parlamento abbia votato per accogliere una richiesta di arresto. Si trattava di Moranino, Saccucci, Negri ed Abbatangelo. Tutte vicende drammatiche e sanguinose".
Anche Follini ha annunciato che “nei prossimi giorni, ovviamente, la Giunta esaminerà col dovuto rigore il ricorso sulla eleggibilità del senatore Di Girolamo".
Il voto contrario alla richiesta di arresti domiciliari espresso dagli esponenti del centrosinistra è stato, tra l’altro, una delle cause che hanno indotto il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, a dichiarazioni molto critiche nei confronti degli alleati del Partito Democratico.
Dal canto suo, il senatore Nicola Di Girolamo si è detto "rammaricato" per gli attacchi di Di Pietro in merito alla decisione della giunta. Il parlamentare del Pdl si è detto "sorpreso" per il fatto che Di Pietro “faccia questo tipo di affermazioni su di me non avendo letto un documento sulla mia vicenda”.
In realtà non è così, dal momento che i documenti erano depositati negli uffici della Giunta del Senato dal 10 giugno scorso e, d’altronde, sarebbe bastato leggere Gente d’Italia per sapere precisamente di cosa è accusato il senatore Di Girolamo e perché.
Ricapitoliamo: Dagli accertamenti e dagli interrogatori eseguiti dai magistrati, è risultato che Di Girolamo arriva “per la prima volta agli uffici del consolato italiano il 14 febbraio 2008, accompagnato da Gian Luigi Ferretti. Al consolato Di Girolamo si presenta a Filomena Ciannella e dichiara di essere già residente, di fatto, all’indirizzo indicato e di aver inoltrato la richiesta per la certificazione ufficiale.
Ciannella, interrogata il 30 aprile, chiarisce che però non è stata presentata la documentazione ufficiale a sostegno di quella dichiarazione e precisa di aver inserito la domanda di iscrizione di Di Girolamo all’anagrafe consolare e all’Aire del Comune di Roma, da dove il candidato proveniva, con l’annotazione “in attesa di documenti”.
Ma una ventina di giorni dopo, il 5 marzo, Di Girolamo torna al consolato, questa volta accompagnato da Oronzo Cilli, con il quale lo ha messo in contatto un altro amico comune, Stefano Andrini (che nelle precedenti elezioni è stato candidato nella lista di Luigi Pallaro in America Latina ed è stato in passato collaboratore dell’allora ministro Mirko Tremaglia insieme con Gian Luigi Ferretti: con entrambi Tremaglia avrebbe poi interrotto i rapporti per delle divergenze sull’utilizzo di fondi del partito).
Di Girolamo e Cilli evitano Filomena Ciannella e vanno da Aldo Mattiussi, di cui Cilli è amico e in passato è stato collega.
“Mattiussi – scrivono i magistrati – autenticava la dichiarazione dell'indagato di accettazione della candidatura in cui, sempre falsamente, il Di Girolamo dichiarava di essere residente nel territorio di quella ripartizione elettorale”.
Non solo, l’amico di Cilli “rilasciava all'indagato, pure in mancanza della necessaria delega del Console competente, una certificazione consolare, che lo stesso Mattiussi sottoscriveva "per il Console", in cui si attestava che il Di Girolamo era residente nella ripartizione elettorale del Consolato di Bruxelles ed era, di conseguenza, iscritto nelle relative liste elettorali”.
Un particolare, questo, che ai Pm è stato confermato dallo stesso Oronzo Cilli: “Mattiussi mi chiese di chi era quell'indirizzo forse per sapere se era un indirizzo reale ed io gli dissi che era il mio indirizzo e che il Di Girolamo avrebbe preso quell'indirizzo”.
Ed è sempre Cilli che precisa: “Grato della gentilezza del Mattiussi, Di Girolamo uscito dal Consolato si recava in un negozio lì vicino per acquistare una bella scatola di sigari per il funzionario”.
Il clamoroso errore nell’indicazione del comune di residenza viene scoperto, da Di Girolamo e dai suoi amici, proprio alcuni giorni prima delle votazioni. Quando gli uffici elettorali inviano al suo domicilio le schede, le poste restituiscono la busta al consolato con l’indicazione “indirizzo inesistente”. A questo punto entra in funzione il… piano B. Di Girolamo chiede, attraverso amici, a Mattiussi di conservare lui, al consolato, la busta tornata indietro, e di consegnarla ad un amico, Dario Ferrante, al quale viene chiesto pure di votare al posto dello stesso Di Girolamo e di rispedire le schede, debitamente compilate, agli uffici consolari. Tutto via telefono, sull’asse Roma-Bruxelles.
Poi, l’8 maggio, due giorni prima di presentarsi all’interrogatorio a Roma, l’ormai neo-eletto senatore Nicola Di Girolamo presenta una nuova richiesta di residenza al comune giusto, quello di Woluwe Saint Pierre. Ma quando si siede di fronte al Pm dichiara di essere residente a Bruxelles: da qui l’ulteriore reato di falso che gli viene contestato.
A chiarire i diversi passaggi attraverso i quali si è articolato l’intreccio, è sempre Oronzo Cilli, l’unica persona, tra le tante che si succedono sulla scena, ad abitare veramente – seppure saltuariamente – al 143 di Avenue de Tervueren. E’ Cilli a dare il colpo di grazia al senatore, dichiarando ai Pm che Di Girolamo “non ha mai risieduto o abitato presso quell'indirizzo, si tratta di un indirizzo di comodo fornito a Di Girolamo su richiesta di un amico, Stefano Andrini”.
“Stefano Andrini mi telefonò a fine gennaio scorso chiedendomi se avevo ancora casa a Bruxelles dicendomi che aveva un suo amico che aveva bisogno di trasferire la residenza a Bruxelles e che doveva iscriversi all'AIRE per la candidatura alle elezioni. Poiché Andrini sapeva che io avevo in passato lavorato al Consolato d'Italia mi chiese se conoscevo qualcuno e se potevo accompagnare a metà febbraio in Consolato il Di Girolamo che doveva recarsi a Bruxelles in Consolato insieme a tale Ferretti Gianluigi per sbrigare le relative pratiche di iscrizione all'AIRE e per il rilascio del certificato elettorale. Successivamente il 18 febbraio 2008 ho incontrato Andrini e Di Girolamo a Roma e loro mi dissero che Di Girolamo era stato a Bruxelles ma non era riuscito a definire la sua pratica (aveva incontrato la signora Ciannella che si era mostrata… molto formale, n.d.r) per cui mi chiesero quando sarei andato a Bruxelles per poter accompagnare il Di Girolamo in Consolato dal Mattiussi. I primi giorni di marzo mi telefonò Andrini chiedendomi se fossi a Bruxelles ed alla mia risposta positiva mi disse che il 5 marzo ci sarebbe stato Di Girolamo a Bruxelles. Di Girolamo mi ha telefonato sul cellulare belga la sera prima confermando la sua venuta a Bruxelles e quindi abbiamo preso appuntamento davanti al Consolato alle ore 9,00 del 5 marzo. Io in verità ho telefonato a Mattiussi dicendogli che c'era questa persona che doveva chiedere un certificato elettorale dal Consolato e lui mi disse di recarci da lui. Così la mattina del 5 marzo ci siamo recati, io ed il Di Girolamo, da Mattiussi. Mattiussi mi chiese di chi era quell'indirizzo forse per sapere se era un indirizzo reale ed io gli dissi che era il mio indirizzo e che il Di Girolamo avrebbe preso quell'indirizzo. Il Mattiussi disse al Di Girolamo che avrebbe dovuto regolarizzare la sua residenza a quell'indirizzo presso il Comune belga ed il Di Girolamo annuì. Io non so se il Di Girolamo sia mai andato presso il Comune. A tale proposito voglio precisare che io pure abitando da oltre un anno a quell'indirizzo, non ricevendovi posta perché la ricevo in ufficio, pensavo che quell'indirizzo fosse del Comune di Etterbeek e solo dopo, quando Dario mi ha detto che il Console lo aveva contestato, ho saputo che l'indirizzo era di un altro Comune limitrofo. ADR sono stato io ad indicare a Di Girolamo l'indirizzo con l'indicazione, sbagliata, del Comune di Etterbeek”.
Come non bastasse sempre Cilli ha rivelato ai magistrati che Di Girolamo, pochi giorni prima che scadesse il termine per il voto all'estero, lo chiamò per chiedergli di ritirare un plico elettorale a lui indirizzato, presso il Consolato.
“Di Girolamo – precisano i magistrati – era stato avvertito dell'arrivo del plico da Mattiussi”. A questo punto Cilli chiama Mattiussi e gli dice che sarebbe andato Dario Ferrante a ritirare la busta.
Poi Di Girolamo chiama Ferrante “incaricandolo di aprire il plico elettorale e votare a suo nome”, assicurandogli che gli avrebbe poi fatto ricevere una delega per mettere tutto a posto. Ferrante esegue e rispedisce le schede votate al consolato.
La ricostruzione dei fatti dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, non solo le irregolarità commesse da Di Girolamo, ma i limiti della legge che regola il voto degli italiani all’estero.
In sostanza, le stesse ragioni che hanno indotto l’organismo del Senato a votare contro l’autorizzazione agli arresti domiciliari, potranno essere alla base della dichiarazione di decadenza dalla carica in quanto Nicola Di Girolamo era “ineleggibile per la mancanza dei requisiti richiesti dalla legge”.
Nel corso della discussione in Giunta, infatti, nonostante il voto a larga maggioranza (si è astenuto soltanto il rappresentante dell’Italia dei Valori, Luigi Li Gotti, vicepresidente della Giunta, e al Senato l’astensione vale come voto contrario) le motivazioni della scelta sono diverse. Secondo gli esponenti del centrodestra la richiesta di arresto dimostrerebbe addirittura l’esistenza di “fumus persecutionis”, ossia di un’esasperazione delle conclusioni da parte dei magistrati non basata su elementi concreti. Il centrosinistra invece, una volta concluso l’esame della documentazione inviata dai Pm Giancarlo Capaldo e Giovanni Bombardieri, che hanno condotto le indagini, hanno precisato che non c'e' ''fumus persecutionis'', ma neanche il rischio di inquinamento delle prove che giustificherebbe gli arresti domiciliari, ''perche' il giudice le prove le ha trovate''.
Il senatore Lusi, motivando il proprio voto contrario all’arresto, ha perciò precisato che “spetterà ora alla Giunta per le elezioni valutare la posizione di Di Girolamo, dal momento che il senatore eletto nella circoscrizione Europa e' accusato di falso per essersi candidato all'estero dichiarando di avere la residenza in Belgio senza che ciò sia effettivamente vero. Esiste un vulnus – dice Lusi – che riguarda parziali irregolarita' nella elezione di un componente del Senato. Ci sembra che il giudice abbia fatto un ottimo lavoro, con riscontri documentali inappuntabili, e abbiamo chiesto che la Giunta per le elezioni acceleri la procedura di verifica della convalida dell'elezione di Di Girolamo. I due relatori, che sono anche i due vicepresidenti della Giunta - aggiunge il senatore Pd - relazioneranno al riguardo alla fine della prossima settimana e, una volta scaduti i termini per le contro deduzioni da parte del senatore Di Girolamo, valuteremo”.
Ora la decisione della Giunta passa all’assemblea di Palazzo Madama per la conferma, ma il presidente, Marco Follini, ha ricordato che nei pochissimi precedenti in cui la Giunta si è pronunciata in passato a favore dell'arresto di un parlamentare, si è trattato di inchieste per "reati gravissimi". In particolare, “in sessant’anni di vita repubblicana – ha precisato l’esponente del Pd – è accaduto solo quattro volte che il Parlamento abbia votato per accogliere una richiesta di arresto. Si trattava di Moranino, Saccucci, Negri ed Abbatangelo. Tutte vicende drammatiche e sanguinose".
Anche Follini ha annunciato che “nei prossimi giorni, ovviamente, la Giunta esaminerà col dovuto rigore il ricorso sulla eleggibilità del senatore Di Girolamo".
Il voto contrario alla richiesta di arresti domiciliari espresso dagli esponenti del centrosinistra è stato, tra l’altro, una delle cause che hanno indotto il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, a dichiarazioni molto critiche nei confronti degli alleati del Partito Democratico.
Dal canto suo, il senatore Nicola Di Girolamo si è detto "rammaricato" per gli attacchi di Di Pietro in merito alla decisione della giunta. Il parlamentare del Pdl si è detto "sorpreso" per il fatto che Di Pietro “faccia questo tipo di affermazioni su di me non avendo letto un documento sulla mia vicenda”.
In realtà non è così, dal momento che i documenti erano depositati negli uffici della Giunta del Senato dal 10 giugno scorso e, d’altronde, sarebbe bastato leggere Gente d’Italia per sapere precisamente di cosa è accusato il senatore Di Girolamo e perché.
Ricapitoliamo: Dagli accertamenti e dagli interrogatori eseguiti dai magistrati, è risultato che Di Girolamo arriva “per la prima volta agli uffici del consolato italiano il 14 febbraio 2008, accompagnato da Gian Luigi Ferretti. Al consolato Di Girolamo si presenta a Filomena Ciannella e dichiara di essere già residente, di fatto, all’indirizzo indicato e di aver inoltrato la richiesta per la certificazione ufficiale.
Ciannella, interrogata il 30 aprile, chiarisce che però non è stata presentata la documentazione ufficiale a sostegno di quella dichiarazione e precisa di aver inserito la domanda di iscrizione di Di Girolamo all’anagrafe consolare e all’Aire del Comune di Roma, da dove il candidato proveniva, con l’annotazione “in attesa di documenti”.
Ma una ventina di giorni dopo, il 5 marzo, Di Girolamo torna al consolato, questa volta accompagnato da Oronzo Cilli, con il quale lo ha messo in contatto un altro amico comune, Stefano Andrini (che nelle precedenti elezioni è stato candidato nella lista di Luigi Pallaro in America Latina ed è stato in passato collaboratore dell’allora ministro Mirko Tremaglia insieme con Gian Luigi Ferretti: con entrambi Tremaglia avrebbe poi interrotto i rapporti per delle divergenze sull’utilizzo di fondi del partito).
Di Girolamo e Cilli evitano Filomena Ciannella e vanno da Aldo Mattiussi, di cui Cilli è amico e in passato è stato collega.
“Mattiussi – scrivono i magistrati – autenticava la dichiarazione dell'indagato di accettazione della candidatura in cui, sempre falsamente, il Di Girolamo dichiarava di essere residente nel territorio di quella ripartizione elettorale”.
Non solo, l’amico di Cilli “rilasciava all'indagato, pure in mancanza della necessaria delega del Console competente, una certificazione consolare, che lo stesso Mattiussi sottoscriveva "per il Console", in cui si attestava che il Di Girolamo era residente nella ripartizione elettorale del Consolato di Bruxelles ed era, di conseguenza, iscritto nelle relative liste elettorali”.
Un particolare, questo, che ai Pm è stato confermato dallo stesso Oronzo Cilli: “Mattiussi mi chiese di chi era quell'indirizzo forse per sapere se era un indirizzo reale ed io gli dissi che era il mio indirizzo e che il Di Girolamo avrebbe preso quell'indirizzo”.
Ed è sempre Cilli che precisa: “Grato della gentilezza del Mattiussi, Di Girolamo uscito dal Consolato si recava in un negozio lì vicino per acquistare una bella scatola di sigari per il funzionario”.
Il clamoroso errore nell’indicazione del comune di residenza viene scoperto, da Di Girolamo e dai suoi amici, proprio alcuni giorni prima delle votazioni. Quando gli uffici elettorali inviano al suo domicilio le schede, le poste restituiscono la busta al consolato con l’indicazione “indirizzo inesistente”. A questo punto entra in funzione il… piano B. Di Girolamo chiede, attraverso amici, a Mattiussi di conservare lui, al consolato, la busta tornata indietro, e di consegnarla ad un amico, Dario Ferrante, al quale viene chiesto pure di votare al posto dello stesso Di Girolamo e di rispedire le schede, debitamente compilate, agli uffici consolari. Tutto via telefono, sull’asse Roma-Bruxelles.
Poi, l’8 maggio, due giorni prima di presentarsi all’interrogatorio a Roma, l’ormai neo-eletto senatore Nicola Di Girolamo presenta una nuova richiesta di residenza al comune giusto, quello di Woluwe Saint Pierre. Ma quando si siede di fronte al Pm dichiara di essere residente a Bruxelles: da qui l’ulteriore reato di falso che gli viene contestato.
A chiarire i diversi passaggi attraverso i quali si è articolato l’intreccio, è sempre Oronzo Cilli, l’unica persona, tra le tante che si succedono sulla scena, ad abitare veramente – seppure saltuariamente – al 143 di Avenue de Tervueren. E’ Cilli a dare il colpo di grazia al senatore, dichiarando ai Pm che Di Girolamo “non ha mai risieduto o abitato presso quell'indirizzo, si tratta di un indirizzo di comodo fornito a Di Girolamo su richiesta di un amico, Stefano Andrini”.
“Stefano Andrini mi telefonò a fine gennaio scorso chiedendomi se avevo ancora casa a Bruxelles dicendomi che aveva un suo amico che aveva bisogno di trasferire la residenza a Bruxelles e che doveva iscriversi all'AIRE per la candidatura alle elezioni. Poiché Andrini sapeva che io avevo in passato lavorato al Consolato d'Italia mi chiese se conoscevo qualcuno e se potevo accompagnare a metà febbraio in Consolato il Di Girolamo che doveva recarsi a Bruxelles in Consolato insieme a tale Ferretti Gianluigi per sbrigare le relative pratiche di iscrizione all'AIRE e per il rilascio del certificato elettorale. Successivamente il 18 febbraio 2008 ho incontrato Andrini e Di Girolamo a Roma e loro mi dissero che Di Girolamo era stato a Bruxelles ma non era riuscito a definire la sua pratica (aveva incontrato la signora Ciannella che si era mostrata… molto formale, n.d.r) per cui mi chiesero quando sarei andato a Bruxelles per poter accompagnare il Di Girolamo in Consolato dal Mattiussi. I primi giorni di marzo mi telefonò Andrini chiedendomi se fossi a Bruxelles ed alla mia risposta positiva mi disse che il 5 marzo ci sarebbe stato Di Girolamo a Bruxelles. Di Girolamo mi ha telefonato sul cellulare belga la sera prima confermando la sua venuta a Bruxelles e quindi abbiamo preso appuntamento davanti al Consolato alle ore 9,00 del 5 marzo. Io in verità ho telefonato a Mattiussi dicendogli che c'era questa persona che doveva chiedere un certificato elettorale dal Consolato e lui mi disse di recarci da lui. Così la mattina del 5 marzo ci siamo recati, io ed il Di Girolamo, da Mattiussi. Mattiussi mi chiese di chi era quell'indirizzo forse per sapere se era un indirizzo reale ed io gli dissi che era il mio indirizzo e che il Di Girolamo avrebbe preso quell'indirizzo. Il Mattiussi disse al Di Girolamo che avrebbe dovuto regolarizzare la sua residenza a quell'indirizzo presso il Comune belga ed il Di Girolamo annuì. Io non so se il Di Girolamo sia mai andato presso il Comune. A tale proposito voglio precisare che io pure abitando da oltre un anno a quell'indirizzo, non ricevendovi posta perché la ricevo in ufficio, pensavo che quell'indirizzo fosse del Comune di Etterbeek e solo dopo, quando Dario mi ha detto che il Console lo aveva contestato, ho saputo che l'indirizzo era di un altro Comune limitrofo. ADR sono stato io ad indicare a Di Girolamo l'indirizzo con l'indicazione, sbagliata, del Comune di Etterbeek”.
Come non bastasse sempre Cilli ha rivelato ai magistrati che Di Girolamo, pochi giorni prima che scadesse il termine per il voto all'estero, lo chiamò per chiedergli di ritirare un plico elettorale a lui indirizzato, presso il Consolato.
“Di Girolamo – precisano i magistrati – era stato avvertito dell'arrivo del plico da Mattiussi”. A questo punto Cilli chiama Mattiussi e gli dice che sarebbe andato Dario Ferrante a ritirare la busta.
Poi Di Girolamo chiama Ferrante “incaricandolo di aprire il plico elettorale e votare a suo nome”, assicurandogli che gli avrebbe poi fatto ricevere una delega per mettere tutto a posto. Ferrante esegue e rispedisce le schede votate al consolato.
La ricostruzione dei fatti dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, non solo le irregolarità commesse da Di Girolamo, ma i limiti della legge che regola il voto degli italiani all’estero.
Roberto Ormanni
COMMENTO
Al fine di dare continuità agli articoli che il Direttore Ormanni ha scritto sul personaggio Nicola Di Girolamo, ho ritenuto opportuno pubblicarli secondo la loro sequenza temporale, che conclude, temporaneamente, la vicenda.
2 commenti:
visto quello che dice Mirko su
http://www.italiachiamaitalia.net/news/137/ARTICLE/11281/2008-10-09.html
perché lunedì prossimo non si presenta a dirlo a Roma in via di santa chiara (v. odg)?
SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVI LEGISLATURA --------------------
GIUNTA
DELLE ELEZIONI E DELLE IMMUNITÀ PARLAMENTARI
16a seduta: 20 ottobre 2008, ore 15,30
(via di Santa Chiara, n. 4/A – piano terra)
ORDINE DEL GIORNO
VERIFICA DEI POTERI
Discussione in seduta pubblica della seguente elezione contestata:
Senatore Nicola Paolo Di Girolamo, proclamato nella circoscrizione Estero – ripartizione Europa – Relatori alla Giunta AUGELLO e LI GOTTI.
Perchè Roberto Ormanni di professione fa il giornalista, da molti anni. Non altro.
L'articolo che io ho pubblicato si trova anche sulla testata gioralistica www.ilparlmanentare.it, della quale è il direttore ed ha sede in Roma.
Che qualcuno legga, segnali e lo faccia convocare.
Dubito però che accadrà, perchè la giunta di che trattasi non ha poteri di indagine, ma solo di verifica del materiale probatorio messo a sua disposizione dall'autorità giudiziaria che ne ha chiesto l'arresto presso il suo domicilio (di Di Girolamo).
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