giovedì 3 luglio 2008

Le malattie dei pubblici dipendenti



Luigi Morsello

Alla fine il colpo di genio il ministro Brunetta l’ha avuto ed è stato trasfuso nel decreto legge 25 giugno 2008, n. 112.
Ecco come il Ministro per la Pubblica amministrazione ha risolto, si fa per dire, il problema dell’assenteismo sul posto di lavoro dei pubblici dipendenti, sotto il profilo delle malattie dagli stessi denunciate e della fiscalizzazione di queste malattie.
Questi pubblici dipendenti lavativi devono stare proprio sulle scatole a Brunetta e più in generale al governo Berlusconi, per i motivi che seguono.
Infatti l’art. 70 del D.L. n. 112/2008 attacca un profilo che sicuramente sarà doloroso per i pubblici dipendenti ai quali viene riconosciuta una infermità come dipendente da causa di servizio.
Dal 1° gennaio 2009 non sarà più riconosciuto agli stessi nessun trattamento economico aggiuntivo previsto da norme di legge o patrizie (contratti collettivi di lavoro).
Sarà riconosciuto solo il diritto all’equo indennizzo, ma niente pensione privilegiata.
Ritengo che non è violato dalla suddetta norma il principio generale dei diritti acquisiti, o “diritti quesiti”, quindi chi ha già questi trattamenti aggiuntivi continuerà a goderne, gli altri ciccia !
Trascrivo il contenuto dell’art. 70 (Esclusione di trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendente da causa di servizio).
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1. A decorrere dal 1° gennaio 2009 nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai quali sia stata riconosciuta un'infermità dipendente da causa di servizio ed ascritta ad una delle categorie della tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, fermo restando il diritto all'equo indennizzo è esclusa l'attribuzione di qualsiasi trattamento economico aggiuntivo previsto da norme di legge o pattizie.
2. Con la decorrenza di cui al comma 1 sono conseguentemente abrogati gli articoli 43 e 44 del Regio decreto 30 settembre 1922, n. 1290 e gli articoli 117 e 120 del Regio decreto 31 dicembre 1928, n. 3458 e successive modificazioni ed integrazioni.

Quindi fine della corsa al riconoscimento delle malattie ? Non credo, so bene per esperienza che queste procedure, che esistono da una eternità, sono parte integrante della mentalità del dipendente pubblico, a prescindere, come diceva Totò.
Ma tanto, lo scopo della norma è quello di tagliare le spese per questi famigerati “trattamenti aggiuntivi”.
A mio giudizio, si tratta di una operazione di facciata, come al solito.
Il segmento delle malattie e della loro fiscalizzazione è disciplinato dall’art. 71. (Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), che recita:
“1. Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. I risparmi derivanti dall'applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa.
2. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.
3. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, è dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi. 4. La contrattazione collettiva ovvero le specifiche normative di settore, fermi restando i limiti massimi delle assenze per permesso retribuito previsti dalla normativa vigente, definiscono i termini e le modalità di fruizione delle stesse, con l'obbligo di stabilire una quantificazione esclusivamente ad ore delle tipologie di permesso retribuito, per le quali la legge, i regolamenti, i contratti collettivi o gli accordi sindacali prevedano una fruizione alternativa in ore o in giorni. Nel caso di fruizione dell'intera giornata lavorativa, l'incidenza dell'assenza sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna tipologia, viene computata con riferimento all'orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza. 5. Le assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono equiparate alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per congedo di maternità, compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l'espletamento delle funzioni di giudice popolare, nonché le assenze previste dall'articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti portatori di handicap grave, i permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
6. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi.”

Bella corposa questa nuova norma.
Vediamo di capirci qualcosa.
Il comma 1 dell’art. 71 fa riferimento e richiamo all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 162, il quale definisce l’ambito dell’espressione “pubbliche amministrazioni”, e intende per tali “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.”.
Ci sono proprio tutti dentro i pubblici dipendenti !
Ma sarà proprio così ?
Non mi pare, in quanto il successivo art. 3 d. lgv. 165/2001 lascia fuori dal regime privatizzato dell’impiego statale una larga fetta di dipendenti, e cioè:
1) i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.;
2) Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario;
3) il personale della carriera dirigenziale penitenziaria e' disciplinato dal rispettivo ordinamento;
4) i professori e ricercatori universitari, fin quando il rapporto d’impiego non sarà stato disciplinato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168.
Queste categorie di personale non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 71 cit., il quale richiama testualmente solo il comma 2 dell’art. 1 d. lgv. 165/2001, nulla disciplinando per il persone di cui ai punti da 1 a 4.
Per il restante personale come va ?
In questo modo:
- comma 1: nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio.
- comma 2: Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.
- comma 3: L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, è dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.
- comma 4: praticamente illegibile. Si occupa dei permessi;
- comma 5: ha contenuto squisitamente economico e riguarda la fruizione-ripartizione di somme derivanti dai contratti collettivi.
Vale la pena di fare delle osservazioni.
Il comma 1 riguarda l’attribuzione dello stipendio base ed esclude ogni altro emolumento di carattere fisso e continuativo ed i trattamenti accessori. Ma è già così ! Almeno nell’Amministrazione penitenziaria, che però è esclusa dall’applicazione di questa disciplina, come sopra dimostrato.
Il comma 2 soffre di una irrazionalità ed illogicità clamorose. Per i primi dieci giorni vale la certificazione rilasciata dal medico curante (o medico di base o medico di famiglia, che dir si voglia). Per l’eventuale continuazione della malattia in atto o per una malattia che insorge in un momento successivo, deve intervenire una struttura sanitaria pubblica.
Insomma, si interrompe il rapporto sanitario a base eminentemente fiduciaria (il medico di base viene scelto del paziente), o, meglio, tale rapporto viene frammentato fra medico di base e medico di una struttura pubblica.
Incredibile !
L’ammalato pubblico dipendente si rivolge prima al suo medico curante, poi per i giorni di malattia deve rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica.
E come si fa se l’ammalato non è trasportabile ? Può il medico ospedaliero effettuare visita domiciliare all’ammalato ?
Non solo. Che fine ha fatto la fiscalizzazione della malattia ?
Il decreto legge nulla dice, dunque il medico fiscale interviene sia su certificazione del medico di base sia su certificazione del medico ospedaliero. Ma si deve ricordare che l’unico ad avere un contratto di lavoro a tempo determinato è proprio il medico fiscale.
Già oggi il medico fiscale, con poteri limitati (può solo confermare o no la diagnosi e la terapia), si trova in grosse difficoltà intuibili a dare torto al collega medico di base, domani se la dovrà vedere anche col medico ospedaliero !
È come tante altre solo una operazione di facciata, che è e resterà inefficace ma l’opinione pubblica non ne sarà al corrente, anche per il basso tasso di cultura che affligge larghe fette della popolazione.
Bah !

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Premetto che ci ho capito poco(colpa mia, sono svogliata e la materia i attrae poco) ma una domanda sorge spontanea: le leggi-e i regolamenti- non devono essere uguali per tutti? Perdonatemi se ho detto una sciocchezza.
rossana

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

La legge è uguale per tutti, le leggi no, perchè non sempre riguardano la generalità dei cittadini, nel caso di specie solo i pubblici dipendenti, e nemmemo tutti.