martedì 26 agosto 2008

Pronomi del passato


Umberto Eco
L'Espresso
22 agosto 2008
Un tempo si dava del Tu ai parenti e al massimo ad alcuni amici intimissimi. Nel mondo del lavoro si usava il Lei o il Voi con tutti, salvo che con i colleghi più stretti

Quindici giorni fa avevo annotato, sul filo del paradosso, vari aspetti della vita odierna che ci rinviano ai nostri ricordi dei tempi di guerra, tra 1940 e 1945. Però riflettendoci meglio mi sono accorto di quante cose si sta invece perdendo memoria.

Per esempio l'uso comune del Lei (o, durante il fascismo, e nelle campagne, del Voi). Si dava del Tu ai parenti (ma nelle campagne del Piemonte la moglie diceva al marito 'Vui, Pautass'), e al massimo ad alcuni amici intimissimi. Bambini e ragazzi si davano del Tu, anche all'università, sino a quando non entravano nel mondo del lavoro.

A quel punto Lei o Voi a tutti, salvo ai colleghi stretti (ma mio padre ha passato quarant'anni nella stessa azienda e tra colleghi si sono sempre dati del Lei). Per un neolaureato, fresco fresco di toga virile, dare del Lei agli altri era un modo non solo di ottenere il Lei in risposta, ma possibilmente anche il Dottor.

Da tempo invece, a un giovanotto sui quarant'anni che entra in un negozio, il commesso o la commessa della stessa età cominciano a dare del Tu. In città perché il commesso ti dia del Lei devi mostrare i capelli bianchi, e possibilmente avere la cravatta. In campagna è peggio: più inclini ad assumere costumi televisivi senza saperli mediare con una tradizione precedente, in un emporio mi sono visto (io settantaseienne e con barba bianca) trattato col Tu da una sedicenne (che non ha probabilmente mai conosciuto altro pronome personale), la quale è entrata gradatamente in crisi solo quando io ho interagito con espressioni quali "gentile signorina, come Ella mi dice."
Deve aver creduto che provenissi da Elisa di Rivombrosa, tanto mondo reale e mondo virtuale si erano fusi ai suoi occhi, e ha terminato il rapporto con un "buona giornata" invece di 'ciao', come dicono gli albanesi.
Credo che la confusione tra Tu e Lei sia nata con molti doppiaggi di film americani. Come tutti sanno in inglese si dice 'you' sia per il Tu che per il Voi. In verità gli anglofoni sanno che dire 'you Jim' usando il primo nome, è come dare del Tu, mentre dire 'you Mr. Jim' significa dare del Voi o del Lei. Ma non sempre i doppiatori dei film fanno attenzione a queste cose. Sto finendo di vedere in tv la serie 'I Tudors' dove pare che re, cortigiane, persone normali, si diano del voi anche quando scopano - cose che succedono solo a Buenos Aires.
Evidentemente nell'originale si sentiranno le differenze tra 'your Majesty' e 'you, my dear Jim', ma nella versione italiana, dove tutto è Voi, pare giusto che poi nella vita sia tutto Tu e non ci sia differenza tra parlare al re e parlare a un bambino di due anni.

L'altra cosa che ci rende diversi dal passato è che, quando ero piccolo, nella piccola borghesia si usavano, per parere fini, alcune parole francesi come 'agrément', 'satin', 'bouquet' o 'cadeau'. L'inglese e il francese non li sapeva nessuno, e i nomi stranieri si pronunciavano tutti alla francese, e dunque Scürscill e Sciamberlèn. Però ci si poteva correggere perché gli unici che per contratto dovevano saper pronunciare bene i nomi stranieri erano gli annunciatori della radio.

Oggi gli annunciatori radio e televisione storpiano i nomi stranieri in misura insostenibile, non c'è più un cane che sappia fare la 'ü' tedesca o francese, è rimasta classica la gaffe dell'annunciatrice che ha letto 'sine die' come 'sain dai', e l'inglese lo si impara da Ezio Greggio che dice 'uan, ciù, zree!'. Lui esagera apposta, ma le aspiranti veline lo prendono sul serio.

Così tutti usano parole inglesi o calchi dall'inglese, anche quando non se ne sente il bisogno: a parte un governo che fa un ministero per il Welfare, che è roba da dichiararsi cittadino ticinese quando all'estero ti chiedono perché mai (e perché non un ministero della War, uno degli Interieurs e uno del Treasury?), tutti supportano, tutti implementano e (come si usa dire nei migliori ambienti) quant'altro.

È vero che il vizio è antico: noi portiamo lo smoking, oppure il pullover, o il frack e gli americani non sanno di cosa parliamo; ma d'altra parte anche i francesi hanno poetato per decenni sullo 'spleen' e gli inglesi reagivano con 'prego, traduca'. Gli americani, infine, hanno immesso nella loro lingua un mucchio di francesismi, però li sentono imperialisticamente come parole loro, tanto che si racconta che, al ritorno di una riunione in Francia, Bush abbia detto: "È strano, i francesi non hanno una parola nella loro lingua per entrepreneur".

Tornando alle cose scomparse, sono scomparse le signorine. Non si sente più dire con tono piccato 'prego, signora, non signorina' e nemmeno 'scusi, signorina'. Si dice 'ehi tu!'.

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