Con la decisione di abolire i limiti al finanziamento pubblico della ricerca sulle cellule staminali Barack Obama si propone di fare della scienza un motore della ripresa economica, sottolinea di opporsi a limitazioni politiche della ricerca e conferma la sua fede religiosa in «bene comune» che va oltre qualsiasi dogma.
Il legame fra scienza ed economia è descritto dai volti di coloro che circondavano il Presidente americano al momento della firma alla Casa Bianca dell’ordine esecutivo e del memorandum sull’integrità scientifica: il biologo molecolare Peter Agre, Nobel per la chimica, Patricia Bath, inventrice dell’uso del laser per togliere la cataratta, Robert Horowitz, biologo all’avanguardia nella ricerca sul cervello, Janet Rowley, la genetista che individuò nella traslocazione dei cromosomi la causa della leucemia, e Harold Varmus, Nobel per la medicina.
Sono cinque nomi nei quali l’America rispecchia quella «capacità di inventare ciò che non possiamo immaginare» sulla quale Obama scommette per trasformare la scienza in un vettore di investimenti, ricchezza e posti di lavoro individuando nella ricerca delle risposte alle malattie incurabili la frontiera più avanzata del sapere umano. Proprio come fece John F. Kennedy quando scommise sulla corsa alla Luna. Se la scelta fatta da George W. Bush nell’agosto del 2001 di limitare il finanziamento pubblico alle poche linee di produzione di cellule staminali allora esistenti portò numerosi scienziati e ricercatori americani a trasferirsi velocemente in Gran Bretagna, ora l’inversione di rotta di Obama viene salutata dal Times di Londra con l’allarme su una «imminente fuga di cervelli verso l’America», ben fotografando la stagione di serrata concorrenza che si apre fra i maggiori laboratori delle due nazioni anglosassoni impegnati nella corsa ad allungare la vita umana.
Per un Presidente assediato dalla recessione, dai mercati in picchiata e con ministri bersagliati da critiche degli economisti e satira dei talk show, giocare la carta della scienza sul fronte della ripresa significa guadagnare ossigeno e poter puntellare il rapporto con l’opinione pubblica.
È anche a tal fine che Obama assegna al passo sulle staminali un valore più ampio. «Promuovere la scienza non significa solo garantire le risorse ma anche proteggere la libertà di ricerca, impedire alla politica di ostacolare la ricerca», ha detto Obama al fine di sottolineare il distacco dalle scelte di un predecessore accusato di aver fatto prevalere le sue convinzioni, ideologiche e religiose sulla necessità di sviluppare il sapere.
Il contrasto fra pragmatismo e ideologia è il cavallo di battaglia con il quale Obama ha vinto le elezioni ed a cui ora ricorre per ribadire la necessità di lasciarsi alle spalle la stagione dei conflitti viscerali - fra destra e sinistra, progressisti e conservatori, laici e religiosi - ereditati dagli Anni 60 e che hanno tenuto banco in America durante le amministrazioni dei Bill Clinton e George W. Bush, entrambi appartenenti alla generazione dei «baby-boomers».
Proprio per suggellare la fine di tali spaccature ideologiche Obama giustifica il passo sulle staminali con il linguaggio del credente: «Poiché sono una persona religiosa credo che dobbiamo aver cura l’uno dell’altra e impegnarci per far venir meno le sofferenze umane, ci è stata data la capacità di perseguire questa ricerca e dobbiamo farlo con responsabilità». La fede per Obama non è quella nei dogmi, a qualsiasi Chiesa e fede appartengano, ma dell’impegno a perseguire il «bene comune», una meta nella quale riconosce tanto l’insegnamento di Abramo Lincoln che non cercò la vendetta contro i soldati sudisti sconfitti quanto il verbo di Sant’Agostino che disse «prega come se tutto dipendesse da Dio, lavora come se tutto dipendesse da te». Quest’idea del «lavoro per il prossimo» costituisce la base della fede di un Presidente che descrive gli americani come «guardiani dei miei fratelli e delle mie sorelle», è favorevole all’aborto ma ne condanna gli eccessi e punta alla «sconfitta della povertà» richiamandosi al messaggio originale di Gesù.
Per quell’Europa dove la ricerca delle staminali resta un tabù e la contrapposizione laici-religiosi rimane congelata dall’ideologia il linguaggio e le politiche di Obama pongono una sfida alla quale sarà difficile sfuggire, sul piano dei valori come del mercato.
Il legame fra scienza ed economia è descritto dai volti di coloro che circondavano il Presidente americano al momento della firma alla Casa Bianca dell’ordine esecutivo e del memorandum sull’integrità scientifica: il biologo molecolare Peter Agre, Nobel per la chimica, Patricia Bath, inventrice dell’uso del laser per togliere la cataratta, Robert Horowitz, biologo all’avanguardia nella ricerca sul cervello, Janet Rowley, la genetista che individuò nella traslocazione dei cromosomi la causa della leucemia, e Harold Varmus, Nobel per la medicina.
Sono cinque nomi nei quali l’America rispecchia quella «capacità di inventare ciò che non possiamo immaginare» sulla quale Obama scommette per trasformare la scienza in un vettore di investimenti, ricchezza e posti di lavoro individuando nella ricerca delle risposte alle malattie incurabili la frontiera più avanzata del sapere umano. Proprio come fece John F. Kennedy quando scommise sulla corsa alla Luna. Se la scelta fatta da George W. Bush nell’agosto del 2001 di limitare il finanziamento pubblico alle poche linee di produzione di cellule staminali allora esistenti portò numerosi scienziati e ricercatori americani a trasferirsi velocemente in Gran Bretagna, ora l’inversione di rotta di Obama viene salutata dal Times di Londra con l’allarme su una «imminente fuga di cervelli verso l’America», ben fotografando la stagione di serrata concorrenza che si apre fra i maggiori laboratori delle due nazioni anglosassoni impegnati nella corsa ad allungare la vita umana.
Per un Presidente assediato dalla recessione, dai mercati in picchiata e con ministri bersagliati da critiche degli economisti e satira dei talk show, giocare la carta della scienza sul fronte della ripresa significa guadagnare ossigeno e poter puntellare il rapporto con l’opinione pubblica.
È anche a tal fine che Obama assegna al passo sulle staminali un valore più ampio. «Promuovere la scienza non significa solo garantire le risorse ma anche proteggere la libertà di ricerca, impedire alla politica di ostacolare la ricerca», ha detto Obama al fine di sottolineare il distacco dalle scelte di un predecessore accusato di aver fatto prevalere le sue convinzioni, ideologiche e religiose sulla necessità di sviluppare il sapere.
Il contrasto fra pragmatismo e ideologia è il cavallo di battaglia con il quale Obama ha vinto le elezioni ed a cui ora ricorre per ribadire la necessità di lasciarsi alle spalle la stagione dei conflitti viscerali - fra destra e sinistra, progressisti e conservatori, laici e religiosi - ereditati dagli Anni 60 e che hanno tenuto banco in America durante le amministrazioni dei Bill Clinton e George W. Bush, entrambi appartenenti alla generazione dei «baby-boomers».
Proprio per suggellare la fine di tali spaccature ideologiche Obama giustifica il passo sulle staminali con il linguaggio del credente: «Poiché sono una persona religiosa credo che dobbiamo aver cura l’uno dell’altra e impegnarci per far venir meno le sofferenze umane, ci è stata data la capacità di perseguire questa ricerca e dobbiamo farlo con responsabilità». La fede per Obama non è quella nei dogmi, a qualsiasi Chiesa e fede appartengano, ma dell’impegno a perseguire il «bene comune», una meta nella quale riconosce tanto l’insegnamento di Abramo Lincoln che non cercò la vendetta contro i soldati sudisti sconfitti quanto il verbo di Sant’Agostino che disse «prega come se tutto dipendesse da Dio, lavora come se tutto dipendesse da te». Quest’idea del «lavoro per il prossimo» costituisce la base della fede di un Presidente che descrive gli americani come «guardiani dei miei fratelli e delle mie sorelle», è favorevole all’aborto ma ne condanna gli eccessi e punta alla «sconfitta della povertà» richiamandosi al messaggio originale di Gesù.
Per quell’Europa dove la ricerca delle staminali resta un tabù e la contrapposizione laici-religiosi rimane congelata dall’ideologia il linguaggio e le politiche di Obama pongono una sfida alla quale sarà difficile sfuggire, sul piano dei valori come del mercato.
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