Tenere memoria, rintracciare il filo che percorre l’insieme dei discorsi di un uomo pubblico, capire quale immagine, quale rappresentazione sta sotto le varie identità che un personaggio indossa - e così, facendo il punto, ricordare, non dimenticare, tenere traccia. È questo - ci pare - il senso più profondo e utile dell’ultimo libro di Marco Belpoliti, da lui stesso chiarito nella dedica alle figlie. Una riflessione sull’immagine che Berlusconi si è costruito, attraverso ventuno foto d’archivio che lo ritraggono dagli anni Cinquanta a oggi.
Ciò che il libro mette in luce è l’attenzione, tanto strategica quanto ossessiva, che Berlusconi ha avuto per il proprio corpo fin da tempi non sospetti, quando, negli anni Cinquanta, cantava nella band del fido Confalonieri. quell’attenzione che oggi si traduce in chirurgia estetica è stata anzitutto cura delle proprie fotografie, interesse per il ritocco della ruga, attenzione alla selezione delle immagini giuste, della posa più efficace.
Il corpo è insomma per Berlusconi, da tempo, il luogo di un progetto, un «campo di intervento». Berlusconi ha capito che un sovrano non può limitarsi a dettar legge, ma deve fare proseliti, conquistare l’obbedienza attraverso un processo di identificazione che spesso ha poco di razionale e passa piuttosto per l’empatia creata da un gesto, uno sguardo, il portamento.
E così, anche attraverso il corpo, Berlusconi istituisce quel «regime del sogno» che ha raccolto tanti consensi fra gli italiani e il cui emblema è il sorriso, da sempre e per sempre sulle labbra del nostro: il sogno di un uomo qualunque che diventa qualcuno, che ha i gesti (le famose corna al vertice dei ministri UE), i vezzi (la bandana esibita subito dopo l’intervento di trapianto ai capelli), l’orgoglio familiare di un uomo qualunque (con tanto di album di famiglia da esibire) e il successo da re di chi invece è fuori dal comune (il re del mattone degli anni ’70, il re della televisione degli anni ’80, il re d’Italia dei nostri giorni).
Il paragone con Mussolini, col suo magnetismo, la sua «psicologiada capo villaggio» (nella lettura di Jung da Belpoliti citata) è inevitabile; in entrambi i casi, un corpo-icona che esprime in se stesso e in modo immediato valori estetici e morali. E altrettanto inevitabile è l’accostamento dell’immagine di Berlusconi a quella delle star: il corpo di Berlusconi, come il loro, racconta una storia, disegna un destino e fissa delle ossessioni, situandosi in uno spazio altro, immaginario ma tangibile (come quello dalla tv commerciale da lui stesso creata), in cui sembrano non valere i vincoli del vivere comune (che sono contemporaneamente i vincoli delle vite normali, non eccezionali, e i vincoli del vivere insieme, vincoli di buona condotta).
LA FAVOLA
Il libro di Belpoliti corre attraverso queste foto col filtro di una coltissima messe di letture,ma a metterle in ordine, quelle foto, si ritrova anche una precisa storia eroica, con tutte le fasi di una favola a lieto fine che si rispetti: una fase di auto-destinazione cui corrispondono immagini di ambizione (le foto degli anni ’50-’70), una fase di preparazione e realizzazione, cui corrispondono facce diverse (da attore consumato) e ostensioni varie del proprio successo (il plastico di Milano 3, i propri giornali…), una fase di trionfo che è perfino oltre passamento del compito assegnatosi e corrisponde a immagini che non ci parlano più di un’ambizione ma di chi è oltre qualunque misura (come nelle foto scattate dopo il 2000).
Molto altro si potrebbe dire su queste foto, tanto sono ricche ed eloquenti. Si potrebbe notare come, nonostante l’ostentazione di sé e la centralità sempre data a sguardo e sorriso, Berlusconi eviti i primi piani. Sempre a mezzo busto o a figura intera, sembra aver bisogno di ancorarsi a una situazione, a un contesto, per assumere spessore e potersi dare una storia. Si potrebbe notare anche come tutte le foto mettano ossessivamente in rilievo le mani - che contribuiscono a definire sempre di più Berlusconi come homo faber, contro i nullafacenti della politica tradizionale, parolaia e vuota. Insomma, si arriva in fondo al libro con una piacevole voglia di andare avanti e continuare a riflettere su qualcosa che è tutti i giorni sotto i nostri occhi ma che forse non osserviamo abbastanza.
06 marzo 2009
Ciò che il libro mette in luce è l’attenzione, tanto strategica quanto ossessiva, che Berlusconi ha avuto per il proprio corpo fin da tempi non sospetti, quando, negli anni Cinquanta, cantava nella band del fido Confalonieri. quell’attenzione che oggi si traduce in chirurgia estetica è stata anzitutto cura delle proprie fotografie, interesse per il ritocco della ruga, attenzione alla selezione delle immagini giuste, della posa più efficace.
Il corpo è insomma per Berlusconi, da tempo, il luogo di un progetto, un «campo di intervento». Berlusconi ha capito che un sovrano non può limitarsi a dettar legge, ma deve fare proseliti, conquistare l’obbedienza attraverso un processo di identificazione che spesso ha poco di razionale e passa piuttosto per l’empatia creata da un gesto, uno sguardo, il portamento.
E così, anche attraverso il corpo, Berlusconi istituisce quel «regime del sogno» che ha raccolto tanti consensi fra gli italiani e il cui emblema è il sorriso, da sempre e per sempre sulle labbra del nostro: il sogno di un uomo qualunque che diventa qualcuno, che ha i gesti (le famose corna al vertice dei ministri UE), i vezzi (la bandana esibita subito dopo l’intervento di trapianto ai capelli), l’orgoglio familiare di un uomo qualunque (con tanto di album di famiglia da esibire) e il successo da re di chi invece è fuori dal comune (il re del mattone degli anni ’70, il re della televisione degli anni ’80, il re d’Italia dei nostri giorni).
Il paragone con Mussolini, col suo magnetismo, la sua «psicologiada capo villaggio» (nella lettura di Jung da Belpoliti citata) è inevitabile; in entrambi i casi, un corpo-icona che esprime in se stesso e in modo immediato valori estetici e morali. E altrettanto inevitabile è l’accostamento dell’immagine di Berlusconi a quella delle star: il corpo di Berlusconi, come il loro, racconta una storia, disegna un destino e fissa delle ossessioni, situandosi in uno spazio altro, immaginario ma tangibile (come quello dalla tv commerciale da lui stesso creata), in cui sembrano non valere i vincoli del vivere comune (che sono contemporaneamente i vincoli delle vite normali, non eccezionali, e i vincoli del vivere insieme, vincoli di buona condotta).
LA FAVOLA
Il libro di Belpoliti corre attraverso queste foto col filtro di una coltissima messe di letture,ma a metterle in ordine, quelle foto, si ritrova anche una precisa storia eroica, con tutte le fasi di una favola a lieto fine che si rispetti: una fase di auto-destinazione cui corrispondono immagini di ambizione (le foto degli anni ’50-’70), una fase di preparazione e realizzazione, cui corrispondono facce diverse (da attore consumato) e ostensioni varie del proprio successo (il plastico di Milano 3, i propri giornali…), una fase di trionfo che è perfino oltre passamento del compito assegnatosi e corrisponde a immagini che non ci parlano più di un’ambizione ma di chi è oltre qualunque misura (come nelle foto scattate dopo il 2000).
Molto altro si potrebbe dire su queste foto, tanto sono ricche ed eloquenti. Si potrebbe notare come, nonostante l’ostentazione di sé e la centralità sempre data a sguardo e sorriso, Berlusconi eviti i primi piani. Sempre a mezzo busto o a figura intera, sembra aver bisogno di ancorarsi a una situazione, a un contesto, per assumere spessore e potersi dare una storia. Si potrebbe notare anche come tutte le foto mettano ossessivamente in rilievo le mani - che contribuiscono a definire sempre di più Berlusconi come homo faber, contro i nullafacenti della politica tradizionale, parolaia e vuota. Insomma, si arriva in fondo al libro con una piacevole voglia di andare avanti e continuare a riflettere su qualcosa che è tutti i giorni sotto i nostri occhi ma che forse non osserviamo abbastanza.
06 marzo 2009
Nessun commento:
Posta un commento