mercoledì 11 marzo 2009

Il sindacalista venuto dai campi. Di Vittorio, una storia epica


di ALESSANDRA VITALI

COSI' era il sindacato, così la Cgil, così la statura del suo primo grande segretario del dopoguerra. Quello che diceva che "nessuno dovrà più morire per un pezzo di pane". Quello che durante i fatti d'Ungheria disse, nonostante Togliatti, "fra i carri armati e gli operai, noi stiamo con gli operai". Giuseppe Di Vittorio, mito laico, la gente a piangere alle fermate del treno che riportò la salma da Lecco a Roma. Oggi, nel pieno della crisi, con il dramma di migliaia di posti di lavoro a rischio, i sindacati spaccati e un governo che sta mettendo a dura prova i fondamenti stessi dei diritti dei lavoratori, RaiUno manda in onda (domenica 15 e lunedì 16 marzo) una miniserie dedicata a uno dei padri della Repubblica e del sindacato. Titolo, Pane e libertà.

Prodotta da Carlo Degli Esposti, diretta da Alberto Negrin (che per la tv ha già realizzato, fra gli altri, Perlasca, Bartali, L'ultimo dei Corleonesi), musiche di Ennio Morricone, Pane e libertà è interpretata da Pierfrancesco Favino nei panni dell'uomo che dedicò la vita alla battaglia per i diritti della classe operaia e per un sindacato "autonomo dai partiti, dai governi, dai padroni".

Un film-evento. Per la natura del personaggio, i legami con l'attualità, il fatto che Di Vittorio fu uomo del Sud. Nato nel tessuto del movimento bracciantile pugliese, a Cerignola, da una famiglia di braccianti (si definì "figlio del bisogno e della lotta"), lavorò nei campi e da lì cominciò l'attività di sindacalista rivoluzionario. Per Pane e libertà, dopo la presentazione alla stampa in Rai, anche un'anteprima alla Camera, martedì 10 marzo, con il presidente Gianfranco Fini, i segretari confederali Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti e il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Ci saranno anche Baldina Di Vittorio e Silvia Berti, figlia e nipote del sindacalista. Una personalità, lo ha definito Epifani, "che ha innestato i diritti dei lavoratori nella cornice della Costituzione, da questo punto di vista è un padre della patria per quanto riguarda il lavoro e i rapporti con le istituzioni. La sua è una storia che ha qualcosa di epico".

Il film copre l'intero arco della vita di Di Vittorio, dalla morte del padre - nella prima puntata - quando a otto anni viene messo a fare lo "spaventacorvi" nei campi, fino all'assalto alla Camera del Lavoro di Bari mentre la moglie sta partorendo il figlio Vindice, passando per i primi scioperi, la morte dei compagni durante la repressione per mano dei latifondisti, fino all'elezione a deputato nel Partito socialista e la fuga in esilio dopo la condanna a dodici anni di carcere da parte del Tribunale Speciale.

Nella seconda puntata, l'attività politica dall'esilio a Mosca e a Parigi, la guerra di Spagna, il conflitto con il Partito comunista al quale si era iscritto nel 1924, l'amicizia con Buozzi e Grandi e le vicende personali, la morte della moglie Carolina e l'incontro con Anita, trent'anni meno di lui, compagna fino alla sua morte. "Quella di Peppino è la storia di un grande sognatore - dice Negrin - che ha avuto un unico desiderio: unire i lavoratori d'Italia e del mondo per vedere riconosciuti i loro diritti. Un sogno che lo coinvolgeva intimamente, non da un punto di vista astrattamente intellettuale ma esclusivamente umano".

Proprio sull'uomo-Di Vittorio si è concentrata l'attenzione del regista, anche coautore della sceneggiatura con Pietro Calderoni e Gualtiero Rosella, oltre alle "molte ore trascorse con la figlia di Di Vittorio, Baldina, che mi hanno fatto entrare in una vita così complessa ed eccezionale". L'uomo al di là delle bandiere "perché la sua umanità non era esclusivamente o necessariamente 'rossa', la sua grandezza è stata quella di saper toccare il cuore della gente". Il suggerimento del regista è quindi di "spogliarsi dei legami ideologici" e "guardare il personaggio negli occhi e nel cuore: solo così il film avrà un senso altamente politico, termine questo che non va disgiunto dalla più alta moralità".

(9 marzo 2009)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' molto interessante anche il libro che raccoglie i suoi carteggi
("Caro papà Di Vittorio...", ed.Guerini). Giacomo

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Lo sceneggiato è veramente bello, commovente e rivelatore, mi è piaciuto moltissimo.