venerdì 6 marzo 2009

Quell'immagine che cambiò l'eros


6/3/2009
STEVE DELLA CASA

Salvatore Samperi, il regista scomparso mercoledì, ha esordito nel cinema come aiuto in un film di Ferreri, Marcia nuziale, in cui Tognazzi si mostrava attratto da alcuni manichini femminei. Chissà, forse era un segno del destino. Sta di fatto che l’eros come trasgressione e al tempo stesso come impotenza dell’uomo è stato la costante della sua vita. In Partner di Bertolucci, uno dei film più sessantottini di sempre, interpreta uno studente scalmanato e un po’ saccente. E contemporaneamente propone Lisa Gastoni come simbolo dell’erotismo borghese che non potrà non cedere di fronte alla prorompente presenza del nuovo, del giovane, del rivoluzionario. Grazie zia diventa un titolo emblematico del ’68. La famiglia è in crisi, l’ordine costituito non ce la fa più a essere credibile, le barriere cadono. E l’erotismo è un grimaldello che scardina le consuetudini, che viola le tradizioni.

Sono gli anni in cui ABC, nota fino a quel momento come rivista un po’ sporcacciona, si schiera con la sinistra extraparlamentare con tanto di controinchiesta sulla morte di Feltrinelli.

Gli anni in cui su Playmen si discute di liberazione sessuale in mezzo a pin up destinate ai camionisti. Un percorso che converge sulle giarrettiere e sulla scala dove sale Laura Antonelli ben consapevole di essere spiata dal giovane Alessandro Momo in Malizia. Un’immagine mille volte citata, imitata, copiata: più dell’altrettanto famosa guêpière contadina di Silvana Mangano, che 25 anni prima aveva fatto il giro del mondo come immagine dell’erotismo dell’Italia che si stava ricostruendo.

Il giovane spiava la ragazza e attendeva il temporale per poterla fare finalmente sua: Sturm und Drang all’italiana, molto diverso da quello teutonico. Le nuove generazioni che non volevano aspettare di crescere per cambiare il mondo, o almeno se stessi, si riconoscevano in quel successo. Il ragazzo aveva raccolto le forze, elaborato una strategia, desiderato fortemente il proprio obiettivo: e alla fine ce l’aveva fatta. Come direbbe Guccini, «la storia ci racconta come finì la corsa».

Non è finita bene per nessuno: Momo si è schiantato in moto, la Antonelli ha visto sfiorire la bellezza e volatilizzarsi il patrimonio, Samperi non è più riuscito a fare molto. Per non parlare della rivoluzione, che si è rivelata un incubo, e della rivoluzione sessuale, che si è trasformata in pornografia.

Il voyeurismo trasgressivo è scomparso ed è stato ripristinato quello passivo, che si trastulla solitario mentre una tettona qualsiasi si esibisce in una Casa ospitata proprio dalla Cinecittà che Samperi tanto amava. Nei suoi anni migliori, si sarebbe certamente occupato del Grande Fratello: ma il finale sarebbe stato diverso, certi muri sarebbero caduti.

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