sabato 6 marzo 2010

Anm chiede legge al governo per le toghe in politica


L'Anm, il sindacato delle toghe, si rivolge al governo per una legge che impedisca ai magistrati di partecipare alle elezioni o assumere incarichi nelle amministrazioni locali. E pretende rigore e intransigenza contro i magistrati corrotti chiedendo, attraverso il suo "parlamentino", un "intervento legislativo" che introduca il divieto per i magistrati di entrare in politica. E annuncia un giro di vite sulla questione morale con regole che assicurino la "piena trasparenza dell'operare dei magistrati".

"Dobbiamo affrontare il tema dei rapporti della magistratura con la vita politico-amministrativa - ha detto il presidente dell'Anm Luca Palamara, aprendo la riunione del "parlamentino" - considerando tre aspetti: il diritto all'elettorato passivo, la valutazione dell'opportunità di candidarsi nel territorio in cui si è esercitata la funzione giurisdizionale e il ritorno in magistratura". Per il segretario Giuseppe Cascini, "la possibilità di candidarsi nel luogo in cui si esercita l'attività di magistrato ha in sé dei pericoli: mentre trovo seria la questione della partecipazione dei magistrati alle assemblee legislative, perché il parlamento è 'imbottito' di avvocati e dunque è utile la presenza di magistrati, non è invece così utile che un magistrato vada a dirigere le Asl o a fare l'assessore alla Sanità".

Con un documento approvato oggi all'unanimità dal Comitato direttivo centrale del sindacato, i magistrati chiedono al Parlamento una legge che adegui le norme elettorali per le elezioni amministrative a quelle per il Parlamento nazionale "introducendo un divieto, per i magistrati, di partecipare alle elezioni o assumere incarichi di governo nelle amministrazioni locali nei luoghi dove hanno precedentemente esercitato la funzione giudiziaria".

"Recenti episodi - sottolinea il documento finale dell'Anm - hanno riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica il tema della partecipazione dei magistrati alla vita politica", e "sarebbe un errore rinunciare alla presenza di magistrati nelle istituzioni rappresentative, in particolare nelle assemblee legislative, ma allo stesso tempo ritiene necessario fissare regole rigorose finalizzate a evitare commistioni improprie tra la funzione giudiziaria e l'impegno politico".

Il "parlamentino" dell'Anm ha poi deliberato la necessità di darsi regole deontologiche più rigorose "sui temi della questione morale" dato che "le recenti cronache giudiziarie hanno fatto emergere la preoccupante diffusione di fenomeni di corruzione della vita pubblica e hanno visto il coinvolgimento, in indagini, anche di magistrati". I magistrati hanno inoltre deciso di convocare a breve una riunione per dedicare al tema un dibattito approfondito e di "istituire una commissione di studio per l'individuazione di modifiche da introdurre al codice deontologico e allo statuto dell'Anm" che fissino "regole rigorose sui temi della questione morale e del rapporto tra magistratura e politica".

In particolare, riferendosi all'inchiesta sui grandi appalti che ha coinvolto l'ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, l'Anm ribadisce che quello dei giudici "è un corpo sano capace di trovare al proprio interno gli anticorpi necessari a individuare e isolare i comportamenti dei singoli contrari alla legge. Ciò nonostante - conclude la delibera dell'Anm - la magistratura ha il dovere, nei confronti dei cittadini, di guardare con rigore e intransigenza al proprio interno fissando regole di condotta e di comportamento che assicurino la piena trasparenza dell'operato dei magistrati".

(06 marzo 2010)

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