Himalaya bene, il resto male. L'ultima novità ecologica è che i ghiacciai dell'Himalaya non si sciolgono più, che questa previsione dell’Ipcc (l'organizzazione che studia per l'Onu l'effetto serra) è stata sbagliata di grosso. E molti gongolano. Per l'India gongolo anch'io, perché senza l'acqua dei ghiacciai che alimentano i suoi maggiori fiumi centinaia di milioni di persone rischierebbero di morire di fame e di sete. Ma se anch'io sono lieto per l'India, è esageratissimo ricavare da questo episodio che la scienza «non sa», che vanta un sapere che non possiede, e anche che cerca di imbrogliare. Che esistano ricercatori che falsano i dati per fare carriera è noto a tutti. Ma di regola le frodi scientifiche sono facili da scoprire perché le scienze sono tali in quanto consentono la replicabilità delle ricerche. Il Signor Tizio ci dica come ha fatto, e il signor Caio farà la riprova. Torniamo all'Himalaya. Qual è stato l'errore?
È stato, in linea di principio, di attribuire una data, una scadenza temporale, a un trend, a un andamento di fondo. Essendo un po' del mestiere, io evito sempre di citare date e scadenze; registro soltanto linee di tendenza. Alcune delle quali sono, in ecologia, certe, anche certissime. Per esempio è certissimo che respiriamo aria sempre più inquinata. È meno certo, invece, se il surriscaldamento della Terra sia lineare e quali siano i fattori che lo possano rallentare. Dico rallentare perché se l'Himalaya tiene, l'Artico è tuttora in rapido scioglimento. È anche certissimo che le risorse naturali, a cominciare dal petrolio, finiranno. Quando? Non si sa, non è sicuro. Ma è sicuro che la tecnologia le potrebbe rimpiazzare per i 2 miliardi di viventi di quando io nascevo, ma non certo per i 9 miliardi di formiche umane previste dai demografi per la metà di questo secolo.
Senza contare che lo «sviluppismo » frenetico predicato dagli economisti ci prevede anche tutti egualmente benestanti in tutto il mondo. Mettiamo allora che
di GIOVANNI SARTORI
08 marzo 2010
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