"Accetto se non stravolgete le regole"
Berlusconi: irrinunciabile riaprire i termini per Roma e Milano
di CARMELO LOPAPA
È un assedio al Quirinale. E le «truppe» del governo alla fine ottengono la gran parte di quel che vogliono. Il provvedimento d´emergenza è frutto di una lunga mediazione, ma anche di un pressing incessante, che da Palazzo Chigi verso il Colle non ha conosciuto sosta, da mattina a sera. Dapprima i tecnici, poi il sottosegretario Letta, infine il ministro dell´Interno Maroni. La linea telefonica è rovente. Il presidente del Consiglio non sente ragioni. Decreto deve essere e decreto alla fine è stato.
L´ultima apertura concessa dal capo dello Stato Napolitano diventa la cruna dell´ago attraverso la quale il governo, in serata, riesce a far passare un colpo di spugna sui vizi delle liste che è ingombrante quanto un cammello. «Decreto sì, ma solo a condizione che non vengano stravolte le regole», è il monito irremovibile che il Quirinale rivolge agli ambasciatori della causa delle «regolari elezioni». Nella stessa direzione si muove Gianfranco Fini, in costante contatto col Colle: «L´accordo si fa solo se non si consumano strappi».
Ma è Gianni Letta che tiene aperto il canale delle comunicazioni. È il sottosegretario, insolitamente rigido, che fa presente agli interlocutori al Colle che può essere sì verificata la palese incostituzionalità e il requisito dell´urgenza dell´atto - «che in questo caso è indiscutibile» - ma non il merito. È sempre il braccio destro del premier che si premura di avvertire il leader del Pd Bersani. Ma poco conta che dal maggiore partito di opposizione, come pure dall´Udc di Casini, il no sia secco e senza margini di trattativa. Il governo va avanti, le ragioni del Pdl prima di tutto. Maroni è l´ultimo a parlare con Napolitano, a garantire che non si tratterà di un decreto innovativo, ma «interpretativo», a spiegare che si muoveranno in linea con i suggerimenti del costituzionalista Massimo Luciani (nell´intervista di ieri a Repubblica).
Quando alle 21 si riunisce il Consiglio dei ministri, il testo è stato messo a punto già da un pezzo. Almeno dal pomeriggio: Berlusconi riunisce a Palazzo Grazioli il «gabinetto» delle emergenze. I ministri Maroni, Alfano, Matteoli,
E quando Gianni Letta, dopo quell´ultimo vertice di «guerra», gli comunica a metà pomeriggio che la stesura appena inviata al Quirinale può ottenere il disco verde, allora e solo allora la maschera di rabbia del Cavaliere si scioglie. Berlusconi decide di uscire dalla residenza dove si è autorecluso da quattro giorni e si concede un blitz per i negozietti del centro. Poi, prima del consiglio dei ministri, un´uscita pubblica in collegamento telefonico con una kermesse a Bari, dopo giorni di silenzio. Per il presidente del Consiglio il caso ormai è chiuso.
Non lo è per il Quirinale, il via libera è disposto a darlo ma non a cuor leggero. A Napolitano è chiaro fin dal pomeriggio il carico di tensioni e di polemiche che l´atto d´urgenza sta già facendo esplodere. Dal canto suo, la più alta carica dello Stato può vantare un parziale successo. Il no opposto al decreto iniziale proposto giovedì sera da Berlusconi ha consentito l´annullamento del primo consiglio dei ministri e l´archiviazione del rinvio della data del voto. Quello sarebbe stato «inaccettabile».
E col nuovo testo «è cambiato l´approccio» al problema. Certo, hanno ragionato al Colle, si sarebbe potuto attendere il pronunciamento dei Tar, ma a quel punto andare contro la giustizia amministrativa sarebbe stato ancora peggio. L´atmosfera è rimasta rarefatta dopo l´incontro-scontro di giovedì sera. Napolitano non è stato disposto a concedere alcuna «carta bianca» al premier, nulla che portasse a uno «stravolgimento delle regole in corsa». Anche l´argomento dell´«ampio consenso» con l´opposizione sembra non interessasse più di tanto a un Berlusconi che ripeteva: «conta la sostanza e non la forma». Un premier infastidito quasi dal fatto stesso che esista ancora un Quirinale attraverso il quale debba passare una sua decisione. Giovedì notte il premier scendeva a testa bassa dal Colle. Ieri è uscito sorridente da Palazzo Chigi.
(06 marzo 2010)
5 commenti:
OGGI E' STATA DECRETATA LA FINE DELLO STATO DI DIRITTO: UNA DATA STORICA! UNA PIETRA MILIARE DEL SETTENNATO DI GIORGIO NAPOLITANO!
ma qui può scrivere chiunque? così a caldo o si fanno commenti che sono riflessioni di carattere scientifico?
si parla di stato di diritto, di attentato alla democrazia e alla costituzione, di alto tradimento,
il presidente della Repubblica NON è un tribunale, tanto meno un tribunale costituzionale, egli ha la possibilità di rinviare, per una volta, le leggi approvate dal parlamento, alle camere, ma la seconda volta è COSTRETTO a promulgare! ripeto LE LEGGI. per quanto riguarda l'emanazione dei decreti (che leggi non sono, pur avendo la stessa forza) il fatto che si parli di EMANAZIONE e non di PROMULGAZIONE già pone una differenza di disciplina, quindi non è detto (se non per via interpretativa) che egli possa rimandare i decreti alle camere. ma ammesso che possa farlo, il suo giudizio sarà non quello di un tecnico del diritto, ma oserei dire più "politico" (da prendere tale termine con le pinzette) che giuridico, infatti egli usa la formula .. non manifesta EVIDENTI vizi di illegittimità costituzionale, dove evidenti sta a significare: ad un primo sguardo, sommariamente considerato, restando salvo il diritto e l'obbligo della corte costituzionale (vero giudice delle leggi) di capovolgere tale opinione. carissimo morsello, leggo che Lei è un giurista, quindi dovrebbe dare dei giudizi in quanto tale, non influenzato dal pensiero politico. quello che ha fatto il governo è un conto, e se ne può parlare, quello che ha fatto il presidente della repubblica è un altro e un buon giurista non ha nulla da rimproverargli.
cortesemente V. C. vinmail@libero.it
Io non sono un giurista ma solo un direttore di carceri in pensione. Non occorre che lei invii tre volte lo stesso commento, una basta e avanza.
Le funzioni del Presidente della Repubblica:" Il carattere permanente della "funzione pubblica" non ha il significato di tradurre automaticamente l'attività del funzionario in un continuo esercizio in concreto di essa, bensì implica solo che chi sia investito di essa possa in qualunque momento intervenire onde esercitare - ove ne ricorrano le circostanze - le proprie funzioni. Nè il titolare di una "funzione pubblica", quale il Presidente della Repubblica, può, in quanto tale, decidere lui quali siano le sue funzioni, in quanto queste sono inevitabilmente ed esclusivamente quelle previste dalle norme costituzionali, sia pure integrate dalle prassi applicative, che allorché sono in armonia con il sistema costituzionale, contribuiscono ad integrare le norme costituzionali scritte ed a definire la posizione degli organi costituzionali alla stregua di principi e regole non scritti, manifestatisi e consolidatisi attraverso la ripetizione costante di comportamenti uniformi, vale a dire nella forma di vere e proprie consuetudini costituzionali. Ad un tal riguardo, se si può ammettere che la prassi abbia legittimato l'esercizio delle attività di cosiddetta "esternazione presidenziale" (le quali, in quanto tali, non costituiscono esse stesse una funzione presidenziale, ma solo uno strumento per l'esercizio delle funzioni presidenziali), resta pur sempre fermo che, affinché un singolo atto di cosiddetta "esternazione" Presidenziale possa essere ricondotto nell'ambito degli atti coperti in quanto tali da immunità e irresponsabilità ai sensi dell'art. 90, comma 1, Carta cost., si renda necessario che esso sia stato finalizzato ad un'attività funzionale del Presidente della Repubblica.
Cassazione civile , sez. III, 27 giugno 2000, n. 8734"
Art. 87 comma 4 Cost.: "Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo."
Art. 74, comma 1 Cost::"Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.".
Art. 77, comma 2, Cost.: "Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
Meno male che non sei un giurista.. ma solo un ex-direttore di carceri, altrimenti saresti stato molto più tecnico di un avvocato di grido :DDD
A parte gli scherzi, condivido il Tuo pensiero.. data tristemente storica!
L'anonimo ci ha riprovato, ma si rassegni, non lo pubblico!
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