di Paolo Flores d’Arcais
Finché c’è lotta c’è speranza. E ieri, in piazza del Popolo a Roma, un mare di concittadini, coloratissimo di viola, centinaia di migliaia – ha testimoniato, con la sua presenza di lotta, la verità e la volontà di questa affermazione. Possiamo sperare, dunque. Nella fine imminente di un regime di menzogna e di criminalità, di censura e di indecenza, di arricchimento sfrenato per gli amici degli amici e di impoverimento e beffe per lavoratori, precari, disoccupati. Un regime che ha ormai precipitato il Belpaese in un deserto di macerie morali e istituzionali, culturali e sociali. Nell’inefficienza, nel malaffare, nella volgarità.
Quel mare di concittadini, indomito e intransigente, festoso e critico, animato da autentica passione repubblicana, ha rappresentato ieri tanti altri milioni di italiani che vogliono tornare alla convivenza civile e a un comune e costante impegno per realizzare i valori scritti nella Costituzione nata dalla Resistenza. Quest’Italia è in piedi, l’Italia che non si piega ormai maggioritaria. L’Italia di un domani prossimo venturo, speranza resa lecita da una mobilitazione della società civile che ormai da anni si rinnova inestinguibile, e in quest’ultimo periodo ha trovato la forza di scendere in piazza quasi ogni settimana.
Il rischio è la divisione. Quella tra cittadini e partiti che non sanno più rappresentarli. Divisione, sia chiaro, la cui responsabilità è tutta dei partiti. Ieri, dal palco, i “liber” hanno smesso i toni mesti del “troncare, sopire” che li caratterizzano. Restano però, tranne Di Pietro e Vendola, i politici che nei quasi vent’anni seguiti al fatidico 1992 hanno sbagliato assolutamente tutto, con una tenacia, una sistematicità, una pervicacia, che lasciano allibiti. Negando il regime che avanzava, votando in combutta con esso la maggior parte delle leggi contro la giustizia, miagolando al crasso autocrate richieste di dialogo e offerte di inciuci.
Ora sembrano dirci che hanno finalmente capito. Speriamo, un “figliol prodigo” non si respinge mai. Lo dovranno dimostrare con i fatti, però. Facendosi strumento dei cittadini (questo del resto sono i partiti secondo
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