di Marco Travaglio
Qualche mese fa, intervistato da Franco Marcoaldi su Repubblica, il grande intellettuale mitteleuropeo George Steiner denunciava: “Abbiamo perso l’arte di dire ‘no’. No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che ci circondano, no all’invasione della burocrazia nella nostra vita. No all’idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. C’è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola. E invece ne siamo incapaci. Sono sgomento di fronte all’acquiescenza di tante persone per bene, trasformate in campioni di fatalismo, quasi che protestare fosse diventato inutile e imbarazzante. Ma le personalità più grandi del nostro tempo, i Nelson Mandela, i Vaclav Havel, non hanno mai provato questo imbarazzo. Purtroppo la famiglia, la scuola e il sistema mediatico inoculano sistematicamente tale virus. Ci predispongono al più totale conformismo. E’ fondamentale riabituarsi alla resistenza contro i falsi idoli del nostro tempo. A partire da quello principale: il fascismo del denaro… Il potere politico è nelle sue mani. Voi in Italia ne sapete qualcosa…”.
Ecco:il fascismo del denaro che ci comanda da almeno 16 anni ha convinto l’opposizione che dire no è disdicevole, disfattista, passatista, e peggio ancora è dirlo in piazza. E’ cosa buona e giusta invece dire sì, mettersi d’accordo, sedersi attorno a un tavolo per scrivere “riforme condivise”. Quali, è secondario. L’importante è sedersi al tavolo, anzi a tavola. Infatti, dopo qualche settimana di polemiche di maniera fra maggioranza e opposizione, strumentali a trascinare ancora qualche elettore alle urne, si ricomincia.
Cicchitto chiama a raccolta Pdl, Lega, Udc e Pd per riformare (cioè devastare) la Costituzione, e lo sventurato, cioè il Pd, risponde. Lo fa per bocca di tale Giorgio Merlo, tutto giulivo per la profferta di uno strapuntino al famoso “tavolo” gentilmente offerto al suo partito. Purchè – precisa – il Pd possa “emendare” la proposta della maggioranza. A questo si è ridotta la cosiddetta opposizione: a emendare le porcherie di questa losca destra. Dire no è fuori discussione: “Sarebbe irresponsabile – spiega il Merlo - offrire giustificazioni a chi vuole bloccare tutto, gridare al 'golpe' e alla 'dittatura'. Il Pd, com'è noto, non appartiene a questa canea”. E bravo Merlo. Conosciamo l’obiezione dei presunti “riformisti”: le regole del gioco si scrivono insieme, altrimenti la maggioranza ha l’alibi per fare da sola. E proprio qui sta il punto: senza i voti del Pd, il Pdl non può cambiare la Costituzione senza passare per il referendum popolare (senza quorum). Dunque, una volta tanto, il Pd ha diritto di veto.
Perché allora non prendere l’iniziativa e, dicendo no a boiate tipo il presidenzialismo e la controriforma della giustizia, sfidare Pdl e Lega a dire sì a una seria legge anticorruzione? Sulla carta, un mese fa, erano tutti d’accordo, poi non se ne seppe più nulla. Ora Berlusconi, per motivi autobiografici, non potrà che dire no, ma leghisti e finiani dovrebbero dire sì. Così Pd e Idv insieme potrebbero regalare al Paese una riforma davvero necessaria e, al contempo, spaccare il centrodestra. Basta copiare il “patto anticorruzione” appena siglato a Madrid dal governo Zapatero e dall’opposizione di centrodestra dopo l'ultima ondata di scandali. Anzichè attaccare i giudici e abolire le intercettazioni, in Spagna se la prendono col sistema del malaffare e corrono ai ripari con misure concrete: sostituzione dei politici con tecnici nelle commissioni urbanistiche, divieto assoluto di accettare regali, pubblicazione delle retribuzioni e delle proprietà di assessori e pubblici funzionari, sospensione da ogni incarico dei dirigenti finiti in carcere per tangenti. In Italia c’è da fare ben di più, visto che negli ultimi 15 anni la classe politica ha smantellato ogni difesa immunitaria contro Tangentopoli. Nei prossimi giorni Il Fatto proverà a suggerire qualche mossa semplice e concreta. Semprechè, s’intende, Pd e Idv siano interessati all’articolo.
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