di Andrea Orlando (*)
Caro direttore, voglio ringraziare sinceramente Il Fatto e il dottor Tinti in particolare per l’attenzione che hanno rivolto ad un mio articolo pubblicato dal Foglio. A differenza di molti altri che lo hanno commentato, Tinti lo ha letto e sollecita alcuni chiarimenti. C’è naturalmente un presupposto insormontabile che viene peraltro dichiarato e che essendo appunto insormontabile non sarà scalfito da queste poche righe. Tinti afferma: qualunque proposta voi facciate non sarete mai credibili non avendo condotto al tempo alcune battaglie dirimenti, conflitto d’interessi in primis. Giudizio pregiudiziale, ma va detto, non recondito. Tuttavia penso sia giusto affrontare almeno tre questioni delle molte sollevate nel vostro commento.
1)L’opposizione, ogni opposizione, ha il dovere di proporre soluzioni ai problemi per responsabilità verso chi l’ha votata e per poter ambire ad essere una credibile alternativa a chi governa. E un onere di proposta ce l’ha a prescindere dalla probabilità che esso produca concrete riforme. Insomma penso che il Pd abbia il dovere di fare delle proposte al Paese e non a Berlusconi. Per questo il Pd deve prospettare soluzioni per i problemi della giustizia che funziona male a prescindere dalle vicende che riguardano Berlusconi, il quale non può costituire un alibi per evitare ogni ragionamento sui possibili miglioramenti. Il consenso necessario per battere le destra si ottiene anche facendo proposte alternative, sarebbe paradossale evitare di farne perché queste possono essere strumentalizzate da Berlusconi. Il nostro compito non può ridursi ad una difesa dell’esistente soltanto perché qualcuno tenta di modificarlo in modo pericoloso.
2)Le mie proposte, assolutamente opinabili, muovono dal presupposto e tentano di dimostrare che tutti i temi sul tappeto che riguardano la giustizia possono essere affrontati con legge ordinaria senza toccare la Costituzione, soprattutto, come la destra minaccia di fare, associando questo tema a quello della forma di governo. E’ un tentativo questo sì insidioso, al quale è necessario opporsi con forza ma anche con argomenti.
3) Il riferimento ai tempi del processo, contenuto nel mio articolo, è stato da più parti criticato tanto da imputarmi un’apertura alla cosiddetta legge sul processo breve o addirittura facendomi diventare propugnatore di una sorta di federalismo giudiziario. Evidentemente il passaggio non è sufficientemente chiaro. Io sostengo esattamente il contrario. Il federalismo giudiziario c’è oggi, date le grandi differenze di tempi con le quali si amministra la giustizia nei diversi distretti. E il problema non è certo risolvibile aggiungendo alla prescrizione ordinaria una prescrizione processuale. Il mio ragionamento mira ad individuare degli obbiettivi che partendo dall’esistente puntino ad uniformare i tempi medi dei distretti alle migliori performances oggi realizzate. Come? Con un piano che impegni risorse, affronti i problemi organizzativi e quelli degli organici. Per quanto sia evidente che la destra strumentalizzi la situazione dei tribunali, per preparare un’amnistia mascherata a beneficio di Berlusconi, dovrebbe essere altrettanto evidente che dire no al cosiddetto processo breve non può coincidere con un’indifferenza riguardo agli attuali tempi del processo penale e civile.
(*) responsabile giustizia del Pd
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