giovedì 13 maggio 2010

Chi non muore si risiede


di Marco Travaglio

Per combattere meglio la corruzione, in Italia si promuovono i corrotti. Poi, quando vengono ribeccati con le mani nella marmellata, tutti sgranano gli occhi e arrotano la bocca a cul di gallina in segno di stupore: “Chi l’avrebbe mai detto, una così brava persona…”. A parte i pochi rimossi per cause di forza maggiore dalle pompe funebri, i protagonisti di Tangentopoli son tutti ai posti di combattimento e partecipano all’appassionante dibattito dal titolo “Che sia tornata Tangentopoli?.

I soliti noti. Chi non muore si rivede, anzi si risiede. Al Festival dell’Economia di Trento troneggia fra i relatori Gianni De Michelis, due condanne per finanziamento illecito e corruzione, dunque consulente del ministro Brunetta, in qualità di esperto in mazzette autostradali. A Matrix si canonizza in vita il ministro pregiudicato della Malasanità Francesco De Lorenzo, 5 anni e rotti per corruzione, dipinto come un Gramsci redivivo, perseguitato dai giudici solo perché intascava mazzette e bruciava le prove nel pentolone, e ora risorto nello studio di Lesso Vinci per pontificare di sanità sulla stessa poltrona che dieci giorni prima aveva ospitato un altro martire beatificato, Luciano Moggi. Ora, secondo Repubblica, rischia l’arresto per mafia Raffaele Lombardo, preclaro governatore di Sicilia con l’appoggio di Dell’Utri, Fini e Pd (Filippo Penati, il geniale vice-Bersani, era sceso a Palermo apposta per conoscerlo ed è stato subito colpo di fulmine): pare che non gli sia bastato riempire la sua giunta di ex magistrati. E ora tutti a meravigliarsi: chi l’avrebbe mai detto, una personcina così a modo. In effetti negli anni ‘90 il re delle raccomandazioni e del clientelismo fu arrestato due volte per tangenti e due volte assolto, la seconda perché una legge (il nuovo articolo 513) cestinava le testimonianze a suo carico. Un insospettabile. Intanto, dall’inchiesta di Perugia, affiora un’altra casa pagata da Anemone: quella del braccio destro degli ultimi due ministri delle Infrastrutture, Lunardi e Matteoli: il famoso Ercole Incalza, uomo al di sopra di ogni sospetto, infatti negli anni ‘90 era il numero uno della Tav e fu coinvolto nei processi per l’alta velocità più cara del mondo. Come privarsi della sua preziosa collaborazione? Del resto, nell’inchiesta sulla cricca, sono pure emersi i nomi di Valerio Carducci e di monsignor Camaldo, già clienti dei pm De Magistris e Woodcock: la classe politica, anziché prendersela con loro, se l’è presa con De Magistris e Woodcock.

L’altro giorno, nella Sala della Lupa di Montecitorio, si è celebrata la I edizione del premio Guido Carli (ovviamente incolpevole di tutto), con la consegna di 10 medaglie di bronzo e un pranzo a porte chiuse in un hotel del centro. Fra i premiati il giornalista Pigi Battista, che ne andrà giustamente orgoglioso, vista la compagnia che spiega bene il perché del bronzo e delle porte chiuse. C’erano Guido Bertolaso, indagato per corruzione ma ovviamente ignaro dei grassatori che lo affiancavano alla Protezione civile; il suo protettore Gianni Letta, che salvo contrordini è ancora indagato a Lagonegro per il business dei centri di raccolta profughi e che non s’era accorto delle pratiche di Bertolaso & Bertoladri; Cesare Geronzi, neopresidente delle Generali imputato per i crac Cirio e Parmalat dei quali nulla sospettava; Cesare Romiti, condannato definitivamente per i falsi in bilancio e le tangenti Fiat di cui non sapeva nulla; Marco Tronchetti Provera, ignaro di quanto combinava nell’ufficio accanto al suo la banda della Security Telecom; Franco Carraro, che non aveva notato la banda di Calciopoli tutt’intorno alla sua Federcalcio; l’ambasciatore Umberto Vattani, condannato in primo grado per peculato a 2 anni e 8 mesi per aver fatto – inavvertitamente, si capisce – 264 telefonate col cellulare di servizio a spese dei contribuenti (25 mila euro) a segretarie e amiche, e dunque presidente dell’Istituto commercio estero e del Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea. I soliti gnorri.

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