20 Maggio 2010
Ce l’ha fatta: la politica per mano di Masi, che in questo caso ha vestito i panni del boia, è riuscita a pre-pensionare Santoro, proprio mentre Tremonti non vuol mandare più nessuno in pensione pur di non pagare.
Santoro scatenava così tanto la bile dei politici di maggioranza e opposizione, eccetto dell’Italia dei Valori e questo nessuno può negarlo, che pur di metterlo a tacere hanno creato un buco di bilancio di 10 milioni di euro per rescindere il contratto per ‘Annozero’. Dico subito che Santoro merita tutti quei soldi per i trattamenti di ultra-mobbing ricevuti.
Dico, invece, che è stato demenziale spendere soldi pubblici per mandare a casa il miglior giornalista sulla piazza. Una perdita di bilancio che in realtà è molto più pesante di quanto offerto a Santoro se consideriamo il calo di share, e dunque pubblicitario, che l’assenza del giornalista più seguito d’Italia creerà nelle casse dell’azienda pubblica. Un danno incalcolabile per la Rai che guarda caso avvantaggia Mediaset, anche stavolta, come è gia accaduto con la battaglia contro Sky.
Ma perché questa folle ed ingiustificata spesa? Perché siamo arrivati a questo punto? La descrizione e l’anamnesi della vicenda Santoro censurato, perseguitato, criticato, minacciato, umiliato ma sempre in prima linea come una tigre dell’informazione le lascio all’editoriale di oggi de ‘Il Fatto Quotidiano’ che porta la firma di uno dei suoi più profondi conoscitori ed amici, Marco Travaglio. A Santoro, anche in questa occasione, va tutta la nostra solidarietà e l’invito a continuare con la stessa veemenza la sua battaglia per l’informazione libera. Una battaglia, la sua, di cui i cittadini, i movimenti e tutta la società civile hanno bisogno, come l’ossigeno per un palombaro, poiché immersi, in Italia, nel mare della corruzione, del degrado istituzionale e della propaganda politica.
Annozero, ultimo fotogramma
Sarà perché Santoro è un malato di cinema, ma il suo destino è che di lui si prenda sempre l’ultimo fotogramma, dimenticando il resto del film. Tutti ricordano che nel ’96 passò a Mediaset e nessuno ricorda che la Rai dell’Ulivo l’aveva messo alla porta e in Italia un giornalista televisivo o lavora alla Rai, o lavora a Mediaset, o non lavora. Tutti ricordano che nel 2005 si candidò in Europa e nessuno ricorda che da tre anni, dall’editto bulgaro, non lavorava, anzi peggio: era pagato per non lavorare. Ora tutti si concentrano sull’accordo per uscire dalla Rai e nessuno ricorda le quattro stagioni di A n n o ze ro : non tanto gli attacchi politici da destra, centro e sinistra (sono medaglie), quanto la guerriglia quotidiana ben oltre i limiti del mobbing che l’azienda ha mosso contro il programma giornalistico più visto, meno costoso e più redditizio dell’intera televisione italiana. Io non so, nel dettaglio, cosa preveda l’accordo, se non che Michele, pensionando nel 2016, sarà liquidato con tre annualità del suo stipendio di direttore (un terzo di quello di Vespa) e non avrà vincoli di esclusiva. Né so che altro intenda fare in futuro, oltre alle docufiction. Non conosco, insomma, l’ultimo fotogramma. Ma conosco fin troppo bene quelli precedenti. So che in autunno la Rai, ligia agli ordini superiori, cercava pretesti per non far partire A n n o ze ro . So che, presentando A n n o ze ro in conferenza stampa, il direttore di RaiDue disse che, fosse dipeso da lui, Santoro non sarebbe mai andato in onda (così gli ascolti della sua rete sarebbero scesi sottozero). So che per tutto l’anno, vedi intercettazioni di Trani, Berlusconi e i suoi manutengoli in Rai, Agcom, Vigilanza e persino Csm han trafficato per chiudere A n n o ze ro . So che ad aprile la Rai ha fatto ricorso in Cassazione contro la sentenza che impone la messa in onda di Annozero , costringendo Santoro ad altri tre anni (in aggiunta ai sette passati) di battaglia legale contro l’azienda per cui lavora. So che la famosa opposizione se n’è beatamente infischiata. Anzi ha subito votato con la maggioranza a favore dell’uscita di Santoro, salvo poi polemizzare perché – horribile dictu – se ne andrà con la liquidazione anziché regalarla alla Rai che l’ha trattato così bene. So che nessuno può lavorare per un’azienda che non lo vuole. E non solo non gli dice mai grazie, ma lo prende pure a calci in culo. Santoro l’ha fatto per quattro anni, più per tigna politica che per motivi professionali, consumandosi una bella fetta di fegato e di sistema nervoso, mobbizzato ogni giorno a colpi di telefonate, minacce, proiettili, pressioni, avvertimenti, multe, ammonimenti, sabotaggi, bastoni fra le ruote, fango a mezzo stampa e tv (persino su RaiDue). E la par condicio e il contraddittorio e il giustizialismo e l’equilibrio e il contratto di Travaglio e le vignette di Vauro e i baffi di Ruotolo. Un trattamento che non auguro al mio peggior nemico, figurarsi a uno dei miei migliori amici. A un certo punto, la pentola a pressione doveva esplodere, l’animale in gabbia doveva uscire dalla gabbia. Certo, è una sconfitta per la Televisione, per la Rai e per la politica retrostante, anche se gli sconfitti sono ben felici di esserlo. È bene ricordare, riavvolgendo a ritroso tutto il film di Annozero, fotogramma per fotogramma, che non si sarebbe mai giunti a questo epilogo se i partiti e le tv al seguito rispettassero la libertà d’informazione, cioè la Costituzione. Ma una sera di marzo, al Paladozza di Bologna, abbiamo scoperto che c’è vita oltre la Rai. C’è vita oltre la Televisione. C’è vita oltre i partiti. Oggi il popolo del Paladozza si sente smarrito, forse addirittura tradito, a causa di un difetto di comunicazione (Santoro deve tacere fino alla firma) e della disinformatija di regime che, come già con Biagi, lo presenta come un uomo avido che insegue il denaro (ignorando che in Italia, leccando e strisciando, si guadagna molto meglio). Ma Michele pensionato sulla panchina dei giardinetti non ce lo vedo proprio. Il popolo del Paladozza quello no, non può uscire sconfitto.
Marco Travaglio
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