Il ddl intercettazioni dall’emendamento D’Addario, alle limitazioni per preti e 007, alle norme sulla stampa
di Antonella Mascali e Sara Nicoli
Il bavaglio è ormai al rush finale. Pressati da un Berlusconi sempre più deciso a approvare la norma sulle intercettazioni entro luglio, al Senato sta andando in onda l’ultimo - forse vano - tentativo dell’opposizione di non permettere che una legge tanto illiberale veda la luce così come la vuole il premier. Ieri, dopo due giorni di sedute notturne che hanno fatto registrare sostanziali passi in avanti verso la definizione del testo, i senatori della maggioranza sono riusciti ad approvare alcune norme chiave. A cominciare dal cosiddetto emendamento 'D'Addario', mentre è stato accantonato quel passaggio che inasprisce le pene per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni. Ma non durerà. "Sono assolutamente certo - ha confermato Filippo Berselli, presidente della commissione giustizia del Senato - che quell’emendamento lo approveremo così com’è lunedì prossimo". Non c’è speranza, dunque. La maggioranza non fa un passo indietro: il giro di vite sarà spietato. Tant’è che l’Fnsi, il sindacato dei giornalisti, è già pronto allo sciopero. Al Senato, è probabile che il provvedimento sia approvato senza il ricorso alla fiducia, alla Camera, invece, secondo fonti del Pdl potrebbe essere necessaria.
L’emendamento D’Addario. Lo ha scritto l’avvocato Pietro Longo per far piacere a Berlusconi. Perché prende spunto dalla sua vicenda personale e fa sì che non possa capitare più. È previsto che chiunque effettui registrazioni e riprese "fraudolente", ovvero senza il consenso degli interessati, rischi fino a 4 anni di carcere. L’opposizione però è riuscita a far passare un emendamento ribattezzato "salva iene" che permette al giornalista professionista registrazioni e riprese che costituiscono attività di stampa e diritto di cronaca. Ma è già previsto che in aula gli obbedienti famigli del Pdl provvederanno a eliminare la deroga: "In aula - svela infatti il presidente della commissione Giustizia, Filippo Berselli - questa faccenda della deroga vedremo se mantenerla o no, ma mi sa di no". Se fosse stata già in essere la legge sulle intercettazioni con questo emendamento, non si sarebbe mai saputa la verità sul delitto di Graziella Campagna, la ragazza di 17 anni uccisa nell’85 in provincia di Messina perché aveva scoperto la vera identità del mafioso latitante Gerlando Alberti junior. È stato suo fratello Piero Campagna con una registrazione “fraudolenta", come la definirebbe l’emendamento D’Addario, a contribuire alla scoperta degli assassini. Sia l’Amn che il Csm si erano detti fortemente contrari a questo emendamento, così come l’Fnsi.
Non si intercettano gli uomini di Dio. Uno dei tanti emendamenti "estensivi" del divieto di intercettazione per la magistratura riguarda i ministri religiosi. Anzi, riguarda solo i preti cattolici. Visto che le cose, ultimamente, non vanno molto bene neppure in Vaticano, i legislatori pidielleini hanno pensato bene di estendere anche ai docili presuli d’oltreTevere quello scudo che già hanno pensato di estendere agli uomini dei servizi. Il comma 24 dell’articolo 1 del ddl prevede, infatti, che se un pm indaga o intercetta un uomo di Chiesa deve avvertire immediatamente le autorità d’oltreTevere, precisamente il segretario di Stato del Vaticano. Il cardinale Bertone, se ci fosse la legge, avrebbe dovuto essere avvertito dai magistrati di Perugia che indagano sulla cricca degli appalti. Ma c’è un altra delicata inchiesta che parte da Potenza, su ordine del pm Woodcock, e finisce, per competenza, a Perugia. Nel 2006 viene intercettato monsignor Francesco Camaldo, prelato d’onore del Papa e cerimoniere pontificio, che avrebbe ricevuto dall’ex commissario ai lavori pubblici, Angelo Balducci, 300 mila euro su un conto dello Ior. Adesso i magistrati perugini, avendo scoperto l’esistenza di quel conto, hanno avviato una richiesta di rogatoria al Vaticano. Gli spioni non si possono spiare. È un altro di quegli emendamenti su cui l’opposizione ha fatto di tutto per cancellare, ma alla fine ha avuto la meglio la forza dei numeri. Con un emendamento del relatore, Centaro, è stato posto il veto alla possibilità da parte dei magistrati di intercettare i telefoni degli uomini che lavorano per i servizi di sicurezza. Nel momento in cui il magistrato si rende conto di aver registrato uno 007, è previsto che debba informare immediatamente il procuratore generale che secreterà i documenti in un luogo protetto ed entro 5 giorni dovrà informare il presidente del Consiglio. Sarà il premier a decidere il destino di quelle intercettazioni perché entro 30 giorni potrà apporre il segreto di Stato. "Questo significa - ha dichiarato il senatore del Pd Felice Casson - che molte inchieste delicate in materia di terrorismo ed eversione potranno finire al macero dopo mesi di investigazioni, se dovesse emergere che una delle utenze intercettate è vagamente riconducibile ai servizi segreti". Uno scudo che dovrà impedire, in prospettiva, il ripresentarsi di casi come quello di Abu Omar ma che potrebbe inficiare anche nuove indagini sulla mafia, in particolare quelle nuove legate al fallito attentato a Falcone nell’89 all’Addaura.
La stampa deve tacere. Lo scopo è far calare il silenzio sugli affari sporchi di chi comanda. Ovviamente mettendo un bavaglio alla stampa. Nella legge che stanno scrivendo - l’emendamento in questione verrà approvato lunedì in notturna - è prevista persino la galera per i giornalisti che scrivano qualsiasi notizia su indagini, intercettazioni e arresti, fino alla conclusione dell’udienza preliminare. Ovvero silenzio assoluto anche per due, tre anni. Gli emendamenti prevedono per i giornalisti il carcere fino a due mesi e multe dai due ai dieci mila euro se pubblicano atti di indagine anche solo per riassunto. Se pubblicano intercettazioni, è previsto il carcere, sempre fino a due mesi, ma la multa va da quattromila a 20.000 euro. E inoltre c’è la sospensione temporanea dall’ordine professionale. Per gli editori è prevista una multa - deterrente - da 464 mila euro. Chiunque pubblichi intercettazioni destinate alla distruzione perché ritenute non rilevanti ai fini di un’inchiesta rischia da sei mesi a tre anni di carcere.
Modalità generali per le intercettazioni.
I pm potranno intercettare un indagato solo se avrà raccolto a suo carico indizi come se fosse già a processo, solo sulle sue utenze. Le utenze di altri soggetti possono essere sotto controllo esclusivamente nel caso siano coinvolti nei fatti oggetto dell’indagine. Quindi vietate le intercettazioni "a strascico", per cui se un magistrato mentre indaga su una truffa intercetta conversazioni su un omicidio, deve fare finta di nulla.
Limitato anche il tempo a disposizione per intercettare: 75 giorni. Impossibile, statistiche alla mano, per indagini complesse come quelle di mafia, corruzione e terrorismo. Neutralizzate anche le intercettazioni ambientali e le riprese da parte degli inquirenti, fondamentali per la cattura di latitanti.
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