La trattativa tra Berlusconi e Fini nemmeno fa in tempo a riprendere, che già è in panne. Sospetti, gelosie, veti incrociati: il Pdl ripiomba nel caos. Colpa di un incontro segretissimo, quattro ambasciatori del premier (Letta, Verdini, Cicchitto e Ghedini) attesi ieri pomeriggio dal presidente della Camera per discutere una possibile tregua tra i due separati in casa. Il fatto di parlarsi, sia pure tramite intermediari, sembra già buon segno. Poi però qualcosa va storto, qualcuno chiacchiera troppo, forse per malizia. Tutti i riflettori si accendono sull’incontro, il segreto rimane solo per Pulcinella, chi non fa parte della delegazione comincia a rumoreggiare.
In particolare piantano la grana quelli ex di An passati col Cavaliere (Alemanno, Gasparri, Matteoli, La Russa). Si sentono umiliati. Proprio loro, che hanno organizzato la resistenza contro Fini. «Ma come», gridano al premier, «noi ti abbiamo fatto scudo, e tu ci tagli fuori dal negoziato?». Temono che il caro Silvio, per non trovarsi col fianco parlamentare scoperto, sia pronto a usarli come merce di scambio. Circola voce che il prezzo dell’intesa con Fini, qualora mai fosse raggiunta, sarebbe la testa di La Russa, oggi ministro e pure «triumviro» del Pdl. A una delle due cariche dovrebbe rinunciare, si immagina quella di partito perché Berlusconi è già alle prese con la sostituzione di Scajola (Romani sembra il predestinato, ma il premier si attende suggerimenti dagli industriali).
Scoppia dunque la rivolta dei pretoriani. Trattare con Fini in queste condizioni non è possibile. Berlusconi ordina di rinviare a oggi l’incontro, i suoi emissari inventano una scusa qualunque. Poi, durante una tragica riunione serale con lo stato maggiore, il Cavaliere perde la pazienza, con Fini tratterà il solo Verdini a nome dei tre coordinatori Pdl, così nessuno si offende. Senonché il presidente della Camera quando è notte fa sapere che non ci sta: lui vuole la sconfessione pubblica di coloro che l’hanno tradito. E’ la pre-condizione di ogni colloquio. Per cui niente Verdini. Se il Cavaliere vuole chiarirsi con lui venga direttamente, eviti di mandargli degli emissari, specie di nascosto.
Non è detto che Berlusconi si tiri indietro. C’è un bel contrasto tra quanto lui dice e come poi si regola concretamente. Parla con i fedelissimi e ostenta spavalderia: «Il governo va avanti con le sue riforme, quello che contano sono i numeri in Parlamento, la nostra maggioranza è salda...». Sembra una porta in faccia a Fini ma anche all’Udc che propone formule emergenziali, di Casini il Cavaliere non sa che farsi. Poi però c’è l’altro Berlusconi. Quello pragmatico. Molto prudente. E assai preoccupato. Che cerca di rammendare gli strappi o, se l’immagine non garba, di puntellare il suo potere fin qui assoluto.
Ieri, ad esempio, proprio mentre snobbava a parole i centristi, Berlusconi dava il via libera all’intesa della Polverini con l’Udc nel Lazio. A costo di mortificare qualche legittima aspirazione nel Pdl. Gli ex-dc avranno due assessorati, sull’altare dell’intesa vedremo molto probabilmente il sacrificio di Cicchetti (area Gasparri) e di Battistoni (giro Tajani). La morale? Con Casini, e a maggior ragione con Fini, il Cavaliere non disdegna affatto le intese. Potrebbero fargli troppo comodo, specie se fossero vere le chiachiere di nuove tegole giudiziarie in arrivo, che continuano a circolare alla Camera, in Senato, perfino nelle alte sfere del Csm.
mercoledì 12 maggio 2010
Fini dice no agli ambasciatori di Berlusconi
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