di Superbonus
Per Dubai i debiti servivano a finanziare nuovi palazzi da mettere sulle cartoline, per l’Europa i debiti ora servono semplicemente a sopravvivere. In questa situazione gli investitori decidono cosa gli Stati debbono e non debbono fare, quali sono le dichiarazioni giuste e quelle sbagliate, e smascherano i bluff.
Venerdì il mercato ha dato un segnale chiaro agli “establishment del debito” pubblico: non potete continuare a vendere fumo oppure non compreremo più i titoli di Stato e fallirete miseramente. Lo ha fatto attaccando le Borse dove si sente la mancanza dell’intervento della Banca centrale, lo ha fatto iniziando a vendere anche i titoli di Stato dei Piigs (Italia inclusa, è inutile far finta del contrario) e facendo capire alla Banca centrale europea che la cifra da mettere sul piatto per sostenere l’Eurozona la prossima settimana dovrà essere prossima ai 200 miliardi di euro solo per frenare la caduta.
Qui nasceranno i problemi. La Germania ha annunciato una manovra da 15 miliardi di euro e tagli alla spesa pubblica e continua a essere contraria a massici interventi della Banca centrale sul mercato obbligazionario. I tedeschi non sembrano disposti a pagare i conti degli altri con un euro eccessivamente debole e una ripresa dell’inflazione nel medio termine. Preferiscono sangue, dolore e lacrime da imporre ai partner e rimettere in ordine i conti europei. I titoli di Stato tedeschi sono volati venerdì a livelli massimi indicando chiaramente che la Germania è diventata l’unico paese rifugio in un’Europa alle prese con il peggiore incubo degli ultimi anni. La prossima settimana sarà determinante per capire quanta fiducia hanno ancora gli investitori in questo establishment europeo che ha mentito, chi più chi meno, sulla propria situazione finanziaria e sta ancora tentando di nascondere il problema con misure tampone che non risolvono i problemi e non parlano chiaramente ai propri popoli.
In Italia “siamo di fronte a un governo e a una maggioranza che è dichiaratamente contro la famiglia e che, con il Dpef, si sta schierando contro il popolo e contro la gente comune, privilegiando solo gli interessi dei poteri forti”, diceva Roberto Calderoli nel 2006, parlando della dura Finanziaria del governo Prodi di allora, ma ora è lui ad annunciare misure di risanamento analoghe o più severe e parla di “sacrifici per tutti”.
Dov’era la delegazione leghista quando il governo Berlusconi proponeva il Dpef 2010-2013 senza “né tagli né tasse” e vi aggiungeva uno scudo fiscale che ha beneficiato i soliti furbi? Non si sono accorti che le previsioni di crescita economica e le entrate fiscali erano volutamente sovrastimate per nascondere la verità dei conti? Questa mancanza di trasparenza e onestà verso gli elettori a cui si vendeva un’Italia dove “la crisi non esiste” ha aumentato la violenza della crisi e il pericolo di essere colpiti dai mercati finanziari. Ora si corre ai ripari con una manovra finanziaria da 25 miliardi in 2 anni che già sappiamo diventeranno 60 in 3 anni, sempre che gli investitori internazionali siano ancora disposti a dare fiducia a una classe politica che ha costruito le sue fortune sul debito pubblico rinviando il momento della resa dei conti con la realtà, e con gli elettori, e accumulando immobili nel centro della Capitale.
Il taglio del 5% allo stipendio dei parlamentari è una misura demagogica e ridicola per farci credere che siamo tutti nella stessa barca e che i sacrifici toccheranno tutti allo stesso modo. Sappiamo già che non è così, un provvedimento equanime si poteva fare a dicembre 2009 quando la crisi aveva allentato la morsa e concedeva tempo e possibilità di adottare provvedimenti ponderati, confrontandosi con le imprese e i sindacati e anche con l’opposizione.
Si è preferito negare la crisi, promettere in campagna elettorale che si sarebbero eliminate le liste d’attesa per le prestazioni sanitarie per poi scoprire che non ci sono neanche i soldi per pagare i dipendenti delle Asl.
Si è preferito alimentare la speranza che si intravedeva “una luce in fondo al tunnel”, non ci si era accorti che quelle erano le luci di un treno che ci stava arrivando addosso. Ma ora si farà troppo in fretta, i tagli saranno duri e ripetuti e senza confronto con le parti sociali. E più la crisi internazionale si aggrava, più sarà necessario tagliare. Aumentate gli stipendi ai parlamentari del 10% ma dateci, per carità, una classe dirigente degna di questo nome.
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