di LIANA MILELLA
Cedere senza ammetterlo. Mascherando per vittoria una doppia sconfitta. Con Fini e col Quirinale. Che sulle intercettazioni la pensano allo stesso modo. Il Cavaliere ha dovuto sfoggiare tutta la sua abilità funambolica per veicolare da via del Plebiscito l'immagine di un leader che non si piega alle richieste del suo co-fondatore, che le critica con parole durissime ("Quello sta mettendo a rischio il governo e il partito"), ma poi è costretto, giusto sulle medesime richieste, a dire sì a Napolitano.
Un "molla" effettivo, e un "non molla" mediatico per salvare la faccia. Un fatto è certo: il termometro dei rapporti tra Berlusconi e Fini ha segnato uno dei momenti di massima caduta. Quando Berlusconi ha gridato: "Adesso basta. Questo è un tradimento. Arriva addirittura a far ipotizzare da un tal Briguglio un Berlusconi bis. È una spudoratezza inaccettabile". Lo irrita al massimo soprattutto che il presidente della Camera sfoggi la maglia della legalità ("E a me fa fare la parte di chi protegge i malfattori"), mentre lui deve fare i conti con chi, dentro il Pdl, teme l'inchiesta di Perugia, quei faldoni pieni di intercettazioni pronte a uscire da un momento all'altro, e che solo la nuova legge potrebbe bloccare.
Tre ore di attacchi continui. Di minacce: "Andiamo alla conta così vedremo da che parte stanno i numeri". Berlusconi sfoggia con i suoi il pugno di ferro, ma sulle intercettazioni teme di perdere. Da quando Napolitano, incontrandolo alla parata del 2 giugno, gli ha parlato a lungo e gli fatto capire che non è il caso di forzare la mano su un testo "che ha ancora bisogno di essere migliorato". Questo lo costringe a dire di fronte ai suoi colonnelli: "A Fini direi di no senza alcuna incertezza, ma se Napolitano mi chiede una cosa, giusto in questo momento, non posso rispondergli allo stesso modo". A questo lo spinge Gianni Letta, i cui colloqui col Colle, nelle ultime ore, si sono infittiti. Un Letta il cui nome, si mormora, sarebbe nelle carte di Perugia.
L'ordine per tutti è perentorio: nessuno deve parlare di un provvedimento che cambia. Su questo Berlusconi alza i toni: "La legge non deve essere stravolta, aggiustatela solo nei punti necessari. E poi vediamo se Fini ha il coraggio di sfilarsi". Disegna la road map, oggi la Consulta per la giustizia del Pdl presieduta dal suo fido Niccolò Ghedini, martedì l'ufficio di presidenza in cui votare le norme prima della seduta del Senato. Sfida il presidente della Camera: "Sarà il momento della verità. Lui ha sempre detto che non metterà in crisi la coalizione. Vedremo se avrà il coraggio di votare no sulle intercettazioni".
Fuori da palazzo Grazioli i finiani confermano: "Su questa legge noi non molliamo. O passano le nostre richieste o faremo pesare i numeri che, se non al Senato, alla Camera sono ben consistenti". Una pattuglia di quasi 30 voti che possono mettere in crisi il governo. Granata e Briguglio danno il tormento ad Alfano sugli 007, la Bongiorno non parla, ma i suoi raccontano che abbia preso malissimo, considerandole una vera e propria minaccia, i riferimenti alla scadenza e al successivo rinnovo della presidenza della commissione Giustizia.
Non cantano vittoria, stanno guardinghi. I finiani vogliono vedere come va a finire. Vogliono capire su cosa veramente Berlusconi è disposto a cedere. Non si fidano della Consulta per la giustizia che, con a capo l'avvocato del premier, pretende di imporre la linea a due commissioni parlamentari. Apprendono via via le indiscrezioni in uscita dal vertice. Quella del Cavaliere che cede sui reati "spia", dando il via libera a una durata maggiore rispetto ai soli 75 giorni. Ma, come va ripetendo il sottosegretario Giacomo Caliendo, "tutti i reati possono essere una spia per portare alla mafia".
E dunque il cedimento è rilevante. Quello sulla durata stessa di 75 giorni che potrebbero allungarsi se c'è una nuova scoperta utile alle indagini. E poi i primi segnali sulla norma transitoria, l'entrata in vigore cucita addosso ai processi in corso, per bloccarne le intercettazioni e per non far uscire niente sui giornali. Lì Berlusconi ha raccomandato di non mollare perché troppo forte è la pressione del partito degli inquisiti. Ma sarà Napolitano, ancora una volta, a fargli cambiare idea. E i finiani lo sanno.
(03 giugno 2010)
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