di ILVO DIAMANTI
IL PREMIER è uno specialista di sondaggi. Ne conosce l'importanza, in quest'epoca senza ideologie, senza maestri e senza profeti. I sondaggi: servono a supplire a questo deficit di senso. A costruire consenso.
Per questo non tollera "rappresentazioni della realtà" in contrasto con la sua narrazione. Soprattutto in tempi difficili. Quando incombe la crisi: sulle imprese e sui cittadini. A cui si chiedono sacrifici. Lacrime e sangue. Mentre governo e parlamento sono impegnati - un giorno sì e l'altro anche - a discutere una legge sulle intercettazioni, che interessa soprattutto a lui. Personalmente.
Per questo gli saltano i nervi quando in tivù, a Ballarò, uno specialista serio, come Nando Pagnoncelli, attraverso i sondaggi di Ipsos, propone un'Italia delusa. Dal premier. Il fatto è che la nostra democrazia è fondata sull'Opinione Pubblica assai più che sul voto. E l'Opinione Pubblica si esprime attraverso i sondaggi e i media. Soprattutto la tivù. Ogni giorno. Per questo Berlusconi reagisce quando i sondaggi, attraverso i media, danno una rappresentazione dell'Opinione Pubblica - e della realtà - diversa da quella che lui vorrebbe. In contrasto con i suoi sondaggi, secondo i quali egli sarebbe amato da 2 italiani su 3. Anche se il suo partito personale, alle recenti elezioni regionali, si è fermato al 30% dei voti validi. Cioè: meno di un terzo dei due terzi degli elettori. Insomma, intorno al 20%.
Da parte nostra, ci limitiamo - come sempre - a proporre i risultati di un sondaggio condotto nei giorni scorsi. Su un campione rappresentativo della popolazione (poco più di 1000 persone). Attenti a rispettare criteri di rigore, nella rilevazione e nell'elaborazione. Indifferenti ai risultati. Non ci riguardano. Da molto tempo, d'altronde, forniscono indicazioni penose sul centrosinistra e sul Pd, in particolare. Questa volta, però, anche i dati sul premier e il governo appaiono negativi. Peggiori di quelli forniti da Ipsos. Secondo il sondaggio di Demos, infatti, la fiducia verso Berlusconi e il governo non è mai stata così bassa, dalla primavera del 2008. Dunque, da quando è in carica. Negli ultimi due anni, il premier aveva attraversato altri momenti difficili. Ma questo appare diverso. Perché non investe il "privato" di Berlusconi, ma il suo ruolo "pubblico" e di governo. Fino a ieri, gli elettori li tenevano distinti. Magari, non apprezzavano i comportamenti personali del premier, ma approvavano l'operato del governo. Oggi molto meno. L'azione del governo è valutata con un voto "sufficiente" (6 o più) da poco più 4 elettori su 10. Il dato più basso da due anni. Un orientamento analogo a quello verso Berlusconi, giudicato in modo "positivo" o "sufficiente" dal 43% degli elettori: 6 punti in meno rispetto a 4 mesi fa e quasi 10 rispetto a un anno fa. Ma, soprattutto, 7 meno di un mese fa. Quando superava, comunque, il 50%.
È come se, all'improvviso, si fosse spenta, o almeno, abbassata la luce. Su di lui. E sul Pdl, stimato intorno al 33% dei voti. Perché la confidenza verso Giulio Tremonti appare, invece, molto elevata. Di quasi 10 punti superiore a quella del premier. Anche se la manovra finanziaria è giudicata negativamente dalla maggioranza dei cittadini. Ritenuta squilibrata e poco equa. Sfavorevole, soprattutto, per i dipendenti pubblici e, in minor misura, privati. Gli italiani rimproverano al governo, in particolare, di aver mentito loro. Fino a ieri. Sottovalutando - ad arte - il peso della crisi, per ragioni di consenso. Da ciò l'improvvisa svolta emotiva dell'opinione pubblica. Che punisce Berlusconi, ma non Tremonti. Distinguendo le responsabilità di chi ha imposto la manovra economica. Senza pietà. Da quelle di chi ha cercato di nasconderne, fino a ieri, l'urgenza e, soprattutto, i costi. In modo pietoso.
Il giudizio degli italiani è aggravato dalla legge sulle intercettazioni, attualmente in discussione al Parlamento. Verso la quale il dissenso è ampio. Anche tra gli elettori del centrodestra. La reputano negativamente quasi metà dei leghisti e un terzo della base del Pdl. Le riserve sono ancor più larghe in merito agli effetti. Gran parte degli italiani, infatti, ritiene che favorirà gli affari dei politici e dei potenti invece della privacy dei cittadini. Che ostacolerà le indagini sulla criminalità organizzata. E se anche ponesse limiti all'invadenza dei media, ne ridurrà sensibilmente l'autonomia e la libertà. In questa fase, è cresciuta anche l'insofferenza verso la corruzione: oltre 8 cittadini su 10 la ritengono diffusa quanto o di più rispetto ai tempi di Tangentopoli. Si è, inoltre, allargata la convinzione che il governo non stia facendo abbastanza, su questo fronte.
Così Berlusconi è costretto a inseguire troppi fronti. A recitare troppe parti, nello stesso tempo. Contro nemici, che cambiano di giorno in giorno. Ieri: i pessimisti, trattati da anti-italiani. Mentre oggi è intento a predicare sacrifici. Difficile apparire credibile. Anche per lui. Zelig. Attore nato.
Per sua fortuna, l'opposizione politica continua a dimostrarsi debole. Soprattutto il Pd. Mentre l'Idv e l'Udc, nelle stime di voto, si rafforzano. Tra i leader, il presidente della Camera, Fini, ha perduto consensi. Ma resta il più apprezzato dagli italiani. Insieme a Tremonti, nel quale gli elettori confidano e cercano sicurezza, in questa crisi. Così, nel centrodestra, la delusione si concentra sul premier. E sul Pdl. Mentre gli altri - intorno a lui - si mostrano in buona salute (dal punto di vista del consenso). Fini, Bossi, la Lega. E, soprattutto, Tremonti. Per questo, Berlusconi appare irritabile. E molto solo. Anche se lo è sempre stato. Anzi, se ne è fatto vanto. Lui: estraneo alla politica politicante, che affligge i suoi alleati e il suo stesso partito personale. "Commissariato", come si è lamentato di recente. Senza potere, commissariato dai gerarchi. Lui, orgogliosamente solo. Ma dalla parte degli italiani. I quali, irriconoscenti come i tifosi del Milan, oggi, non sembrano più intenzionati ad alleviare la sua solitudine. Ad assecondare la sua irreale narrazione della realtà.
(03 giugno 2010)
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