mercoledì 4 agosto 2010

Alfano: la P3 è un'invenzione dei pm Voto su Caliendo, bagarre alla Camera


Come previsto non passa la mozione di sfiducia al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo presentata alla Camera da Pd e Idv, ma dopo il dibattito e l’esito del voto a Montecitorio si infiamma la polemica politica e si apre il gioco su numeri e prospettive del governo, che sicuramente sarà al centro dei dibattiti estivi fino alla ripresa di settembre. Il centrodestra infatti salva il sottosegretario, ma si ferma a quota 299 voti, cinque in meno rispetto ai 304 che si raggiungono sommando i 229 di Pd e Idv e i 75 astenuti di Udc, Fli, Api ed Mpa. Da notare che i quattro esponenti del governo della neonata formazione che fa riferimento ai Gianfranco Fini, in due votano con la maggioranza mentre altri due risultano in missione.

Va in archivio una giornata ad altissima tensione, in un intrecciarsi di polemiche sul rapporto tra politica ed inchieste giudiziarie e sul futuro della legislatura nel caso in cui in autunno dovesse aprirsi una crisi di governo. Ferma la posizione del ministro della Giustizia Angelino Alfano, che interviene in Aula al termine della discussione generale sulla mozione di sfiducia.

«Sui principi -afferma il Guardasigilli- non ci si può astenere, ci si astiene sulle leggi, ci si astiene sui provvedimenti ma non sui principi. Questo Parlamento oggi non vota solo sul sottosegretario Caliendo, vota su un principio: il principio di non colpevolezza, la possibilità di individuare un punto di equilibrio tra il principio di non colpevolezza e il grande principio di legalità. Il sottosegretario Caliendo mai si è sottratto ai doveri del proprio ufficio e mai ha agito contrariamente ad essi. Questo è un voto importante perchè la mozione e il voto resteranno nel curriculum, ciascuno si ritroverà prima o poi a fare i conti nel prosieguo della propria esperienza nelle pubbliche Istituzioni con la mozione oggi presentata e con il voto che oggi sarà espresso».

«Il ministro Alfano ha detto che è sbagliato che si chieda a Caliendo di lasciare il ministero perchè semplicemente inquisito, ma non è così, perchè noi abbiamo presentato la mozione prima che fosse indagato -replica Antonio Di Pietro- Le ragioni della mozione sono politiche a prescindere dal risultato dell’inchiesta della magistratura. Qui c’è una questione di opportunità e di igiene politica che dobbiamo affrontare in questo Parlamento. Noi non chiediamo solo le dimissioni di Caliendo ma anche che il premier Berlusconi faccia al più presto le valigie».

«La politica -afferma il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini- non può attendere l’accertamento delle responsabilità penali» e quando si determina una situazione come quella che coinvolge il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo «in un qualsiasi Paese normale ci si dimette subito. Voi -dice rivolgendosi alla maggioranza- avete demolito il senso di rigore, il rispetto dell’etica pubblica che un Paese e una classe dirigente deve avere. Quello che emerge, e non importa quale cognome porta, è un sistema malato, basato sulla confusione tra politica e affari, sul senso di impunità, sul senso di onnipotenza: non esistono reati, non esistono processi per chi ha vinto le elezioni e se i magistrati insistono si cambiano le leggi e si cambiano i reati».

Dal Pdl, il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto attacca «il network della sorveglianza» e la pratica dello «sputtanamento personale per voyeur» messo in atto dalla «deriva giustizialista» dell’opposizione. «È immorale che almeno una volta al mese noi veniamo chiamati qui per un rito tribale, che prevede un sacrificio umano al giustizialismo, che ha sostituito altri miti fortunatamente finiti nell’89. Questo forsennato ricorso al giustizialismo come strumento di lotta a Silvio Berlusconi, visto che i voti non ci stanno, è un prodotto della crisi della sinistra italiana».

Chiusa la votazione, la polemica si sposta su quelle che potrebbero essere le prospettive della legislatura. «Questo è il segnale che resistiamo. Non si va al voto ora -afferma Umberto Bossi- No a esecutivi tecnici, siamo con Berlusconi. Ma se si va al voto, la Lega stravince. Non temiamo il voto. Maggioranze diverse non vanno bene», e il terzo polo «non ha futuro» e rischia «di fare male a chi vi partecipa».

Pier Ferdinando Casini si limita a definire «interessante» il voto della Camera, mentre per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani «Berlusconi proverà a navigare con la barca che fa acqua. Minaccia le elezioni ma sa benissimo che questa sarebbe la dichiarazione del suo fallimento. Credo che si debba aprire una strada nuova e si apre con una transizione a tempo limitato».

«È chiaro che dovremo impegnarci ad essere sempre più presenti, anche i ministri, perchè la fuoriuscita dei finiani determina una riduzione dei numeri della maggioranza -sottolinea il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini- Se questo non sarà sufficiente, dobbiamo dire no agli escamotage da prima Repubblica, alle larghe intese, ai governi tecnici. L’unica alternativa è andare al voto».«C’è un chiaro contrasto -afferma il ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli- tra il contenuto della dichiarazione di voto del gruppo Fli, in cui si conferma fedeltà alla maggioranza, e la successiva astensione. La fedeltà alla maggioranza e al governo non si dimostrano a parole ma con i fatti e i fatti sono chiari. È di tutta evidenza che adesso le elezioni anticipate sono più vicine».

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