martedì 17 agosto 2010

Amori, rivelazioni e veleni: la fine dei galantuomini in un'estate senza pudore


L'estate 2010 resterà nelle cronache come quella in cui crollò ogni pudore, qualsiasi scrupolo, l'ultimo simulacro di riservatezza. Non bastava il mondo alla rovescia, in cui quotidiani dedicano titoli più grandi di quelli con cui fu annunciata la seconda guerra mondiale al ritrovamento della fattura di un lavello, e il nemico numero uno dell'etica pubblica diventa Giancarlo Tulliani ex vicepresidente della Viterbese. C'è qualcosa di più. Diventa regola generale spifferare «le due o tre cose che so di lei», da parte di chi la conosceva bene, magari dopo essersi tanto amati.

L'uomo più intervistato del momento è Luciano Gaucci, luminosa figura di bancarottiere già latitante a Santo Domingo con moglie locale di 42 anni più giovane, ora assistito dall'avvocato di Cesare Previti: «Ti innamoravi di Elisabetta, e prendevi anche il fratello. Gli ho comprato la Porsche. E al padre una Bmw. Poi ho capito che lei mi tradiva. Ma io li rovino, 'sti morti di fame...». Seguono dispute su schedine del Superenalotto, appartamenti intestati alla fidanzata per sottrarli ai creditori, tangenti per un collaboratore di Bush e altri dettagli di cui è bene si taccia.

Per Vittorio Sgarbi rivelare antiche frequentazioni con personaggi oscuri poi saliti alla ribalta è quasi un classico. Surama, la ballerina brasiliana divenuta compagna dell'allora sindaco di Catania Umberto Scapagnini, fu definita «una mia scoperta giovanile». Frequente la metafora della «collezione privata» e della «nuova acquisizione». Ma con Elisabetta Tulliani è andato oltre: «Ho l'abitudine di presentare le mie ragazze alla mia fidanzata ufficiale, Sabrina Colle. Di fronte alla Tulliani ha allargato le braccia. Non ha deposto a suo favore l'insistenza con cui chiedeva la tessera Freccia Alata dell'Alitalia».

Il placido mondo Rai, sempre scevro da questioni personali e maldicenze interne, non poteva deludere neanche stavolta. Così, con l'aria di schermirsi, Guido Paglia conferma a Libero le pressioni di Fini a favore del «cognato»: «Giancarlo Tulliani mi è costato un'amicizia durata trent'anni». A sua volta, Paolo Francia confida al Corriere: «Paglia è stato per anni il braccio armato di Fini in Rai. Farne ora un Padre Pio, suvvia...». Scrive il Giornale: «È da quando, nel lontano 1994, il leader della destra italiana ha messo piede nel Palazzo, che in un modo o nell'altro le sorti (e gli uomini e le donne) della tv pubblica gli stanno particolarmente a cuore». Daniela Santanché, già smascheratrice del compagno di Veronica Berlusconi, esemplifica sul Fatto quotidiano: «Fu Fini a inaugurare Vallettopoli. Portò in Rai Fanny Cadeo e Angela Cavagna, detta "la tetta della destra". È meglio che lasci ora, altrimenti cadrà per la vergogna. Le rivelazioni non sono finite"». Ma lui, Fini, di persona com'è? «Un uomo freddo, anaffettivo, spietato. Umanamente, una...». Ancora Sgarbi: «Fini non è Sarkozy e la Tulliani non è Carla Bruni. La Bruni è ricca, intelligente e di sinistra. La Tulliani invece era una ragazza di destra come la Gregoraci, la grande raccomandata dell'ex portavoce di Fini, Salvo Sottile. Abbiamo tutti sopravvaluto Fini e sottovalutato la Tulliani. Eppure era una curva ben segnalata...». E L'Espresso spiega tutto con una rivelazione attribuita a Berlusconi in persona: «La Tulliani cercò di arrivare a Palazzo Grazioli, ma non ci riuscì. Una volta s'era fatta assegnare un posto a tavola vicino al mio e fu fatta spostare. Da allora ha cercato di mettere Fini contro di me».

Colpisce non tanto la maldicenza, quanto il fatto che provenga ineluttabilmente dall'interno, frutto di lotte fratricide. La querelle dell'appartamento a Montecarlo nasce da una denuncia della Destra di Francesco Storace, che di Fini è stato portavoce, compagno di vacanze - «ti ricordi Gianfranco la volta in cui entrammo a pugno chiuso in una sezione del Pcus a Mosca presentandoci come tovarish italiani?» -, amico fraterno. Dal canto loro, i finiani scoprono con una trentina d'anni di ritardo il modo limpido in cui ancora Previti procacciò al Cavaliere la villa di Arcore (peraltro confusa da Italo Bocchino con quella di Macherio). Non poteva mancare Ciarrapico: «Fini pupillo di Almirante? Ma no. Almirante mi raccontava di lui che sa dire meglio di chiunque altro che l'estate fa caldo e l'inverno fa freddo, ma che bisogna avere del tempo prima per spiegarglielo bene. Negli ultimi mesi di vita, bloccato nel suo letto nella casa di via Quattro Fontane, Giorgio si confidò con me: "Peppino, io di Fini non mi fido..."». Viene da rimpiangere l'ipocrisia democristiana. O le allusioni maliziose di Cossiga, che per fortuna sta un po' meglio. E finiremo con il rivalutare Daniela Fini, l'unica che nella vicenda sia rimasta in silenzio. Corteggiatissima dai giornali, a tutti ha risposto allo stesso modo: «Da me non avrete una sola parola contro Gianfranco».

Aldo Cazzullo
17 agosto 2010

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