martedì 17 agosto 2010

TOCCATA E FUGA IN RE MINORE

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Si tratta di un'opera composta da un Bach non ancora ventenne, tra il 1702 e il 1703. Fu scritta su misura per l'organo che Johann Friedrich Wender costruì per la Chiesa Nuova (ridenominata poi Bachkirche) di Arnstadt. Johann Sebastian inaugurò questo strumento con un recital-audizione proprio nel 1703.

Evidenti sono le influenze nordeuropee che caratterizzano la composizione. Il virtuosismo espresso denota come il Bach diciottenne non temesse un confronto, in termini di tecnica, con i più importanti esponenti dello Stylus phantasticus come Buxtehude o Lübeck.


Il celebre abbellimento sulla dominante della tonica con cui si apre la Toccata è universalmente noto anche a quanti non ascoltano musica classica. I raddoppi all'ottava, utilizzati per sopperire alla mancanza di un registro di 16 piedi al manuale dell'organo di Arnstadt, costituiscono un caso unico e isolato nella produzione organistica bachiana e sono un’invenzione decisamente creativa per poter creare l’effetto del tipico plenum nordeuropeo.


La Toccata, che ha un evidente impianto improvvisativo, alterna "volate" maualiter in Prestissimo a potenti accordi in Adagiosissimo che ben rappresentano lo stile compositivo del giovane virtuoso. Le parole di Johann Nikolaus Forkel, primo biografo del Kantor, che descrivono il giovane Bach, sono assolutamente perfette per riassumere quest'opera: “[gli piaceva] correre lungo la tastiera e saltare da un capo all’altro di essa, premere con le dieci dita quante più note possibile, e proseguire in questo modo selvaggio fino a che per caso le mani non abbiano trovato un punto di riposo” [2].

Anche se la composizione ricorda molto da vicino un’improvvisazione, è ravvisabile una certa omogeneità che unisce la toccata alla fuga: il tema di quest'ultima, infatti, è figlio di quel folgorante esordio che apriva la toccata. La sua struttura non è particolarmente severa ed è ancora lontana dalla maturità del Bach di Weimar.

La climax con cui termina la fuga, prelude ad un ritorno toccatistico che conclude quindi la composizione.


Se il giovane Bach è estremamente attratto da questo genere di composizioni, man mano ch'egli matura, si allontana sempre più da uno stile che inizia a reputare indisciplinato e fine a sé stesso. Dapprima l'incontro con Buxtehude e quindi lo studio della musica di Vivaldi, hanno su di lui una grandissima influenza. Egli abbandona ben presto le sue smanie giovanili e si concentra su opere più dense e complesse. Citando nuovamente il Forkel: "Egli avvertì presto che quell'eterno correre e saltare non l'avrebbe portato a nulla; che erano necessari l'ordine, la connessione e la relazione delle idee" [3]. E' quindi naturale pensare che Bach valutasse questa ed altre opere contemporanee come dei primordiali esperimenti che non potevano essere in alcun modo considerati rappresentativi della sua scienza musicale; non ci si stupisce dunque che l'ultra perfezionista Bach non abbia mai rivisto la Toccata e Fuga in re minore (contrariamente a quanto avvenuto, per esempio, con la Passacaglia e fuga in Do minore BWV 582) e che non ci siano giunte copie autografe.

Basandosi proprio sull'assenza di un manoscritto originale e su alcuni elementi estranei al repertorio organistico bachiano (come per esempio i già citati raddoppi all'ottava della Toccata), il musicologo Peter Williams ha ipotizzato che la BWV 565 sia invero un'opera spuria. Tuttavia, larga parte degli esperti bachiani, non ha mai preso in considerazione questa teoria.


Sterminata è la lista delle trascrizioni e degli adattamenti composti, che spaziano dal clavicembalo al violino, passando per pianoforte, orchestra, ma anche liuto o fisarmonica. Le più note sono quelle per piano di Ferruccio Busoni, caratterizzata da un virtuosismo letteralmente trascendentale, e quella per orchestra di Leopold Stokowski, resa celebre anche dal film Fantasia.