Il conclave del partito, con ministri, coordinatori e capigruppo, è già fissato per fine agosto. Stato maggiore del Pdl a rapporto per pianificare la battaglia d'autunno, per definire le ultime mosse, quelle che il Cavaliere non può permettersi di sbagliare. E sulle quali adesso teme invece di inciampare.
A farsi largo a Palazzo Chigi è infatti il timore che la crisi, pur cercata, non possa materializzarsi. Il sospetto, nell'ipotesi di un rinvio del premier alle Camere da parte del Quirinale, è che Berlusconi resti imbrigliato nello schema della "mozione Caliendo": Pdl e Lega votano compatte la fiducia, i finiani invece si astengono. Col risultato di lasciare il premier ancora in carica, ma da "anatra zoppa".
Il leader Pdl ne ha parlato anche nel sabato di lavoro agostano appena trascorso a Palazzo Grazioli, prima con Fabrizio Cicchitto, poi con il sottosegretario Gianni Letta incontrato con Bertolaso. Nel mirino, sempre la crisi, da innescare prima possibile. Ma è stato proprio il più ascoltato dei consiglieri, Letta, a mettere in guardia ancora una volta: "Guarda Silvio che non abbiamo alcuna garanzia che le eventuali dimissioni portino dritti alle elezioni". È l'incognita Quirinale, trasformatasi ormai in un autentico spettro per Berlusconi. Ecco perché, ai fedelissimi incontrati ieri e ai collaboratori con cui ha parlato al telefono - tra una passeggiata per i negozi del centro deserto della Capitale e una foto ricordo con i turisti - il premier ha prospettato il suo piano: "Subito dopo il nostro vertice di fine agosto chiederò un incontro al capo dello Stato, dobbiamo capire quali siano le sue reali intenzioni e ottenere garanzie. Bisogna evitare scherzi, stringere un patto". Garanzie, dunque, su un'eventuale crisi "pilotata". Con l'impegno magari del capo dello Stato, in caso di sfiducia e dimissioni, a non cercare soluzioni "istituzionali" o tecniche, "pateracchi" per dirla col ministro degli Esteri Frattini.
Il fatto è che un ritorno alle urne non potrà avvenire prima della prossima primavera. Di questo ormai sembra che Berlusconi ne abbia preso atto, nel dialogo avuto in mattinata con Cicchitto in cui si è parlato anche di riorganizzazione del partito. È bastato scorrere il calendario e verificare i tempi tecnici di un'eventuale crisi parlamentare, per rendersene conto. Il capogruppo alla Camera è comunque al lavoro, con pochi altri, sui ddl da sottoporre alla fiducia, alla ripresa. I quattro punti sui quali stanare i finiani. Un "paniere" nel quale il coordinatore Pdl Ignazio
Difficile, a sentire i dirigenti del neonato gruppo di "Futuro e libertà". Perché loro, i finiani, si preparano a rispondere con un "sì" alle proposte del governo e a tenerlo in vita. Le elezioni nei prossimi mesi non sono una prospettiva né conveniente, né opportuna per la squadra dell'ex leader di An. Ormai non passa giorno che il capogruppo Bocchino non confermi l'intenzione di votare la fiducia, salvo poi chiedere provocatoriamente la sostituzione dei coordinatori Pdl, in un'infinita guerra di posizione. Intanto, se Berlusconi resta al lavoro, anche Gianfranco Fini affila le armi per l'autunno caldo. Ritorno in scena programmato per il 5 settembre, in occasione della Festa tricolore di Mirabello. Sarà in quell'occasione che la terza carica dello Stato pronuncerà il suo discorso-manifesto sul nuovo partito e sul futuro della legislatura. "Se la situazione precipiterà, andremo al voto, basterà il suo nome sul logo e stringeremo alleanze inedite - dice sicuro uno degli uomini più vicini al presidente della Camera - Ma i numeri e i movimenti in corso, anche al Senato, ci dicono che al voto anticipato non si andrà, che ci sono le condizioni per un governo di transizione. E a guidarlo potrebbe essere una figura di altissimo profilo quale Giuseppe Pisanu". Un nome, quello dell'attuale presidente dell'Antimafia, che circola con insistenza entro il perimetro del cartello moderato: finiani, centristi, rutelliani. Non solo per la storia politica del senatore e per il ruolo di garanzia che ricopre. Ma soprattutto per la provenienza dalle file della maggioranza e per le posizioni sempre più critiche nei confronti del premier. Dallo strappo del 2006, quando l'allora capo del Viminale entrò in rotta di collisione con Berlusconi sulla difesa della regolarità del voto.
(08 agosto 2010)
Nessun commento:
Posta un commento