Nonostante la critica, rivolta da uno dei sindacati degli agenti della polizia penitenziaria (il Sappe) - " ... Le carceri non sono né uno zoo né un grande fratello... evitiamo la solita passerella di politici..." - Rita Bernardini, deputato radicale, eletta nelle liste del Pd, torna alla carica per organizzare, da venerdì fino a Ferragosto, la seconda grande "visita in massa" dei parlamentari italiani nelle patrie galere. Al di là delle critiche degli agenti - più di opportunità, in verità, perché il merito per l'iniziativa viene comunque riconosciuto - almeno 170 deputati e senatori di tutti gli schieramenti politici trascorrerano il prossimo week end di Ferragosto nei corridoi e nelle celle delle 205 case circondariali e di reclusione in tutto il territorio nazionale. Cento parlamentari sono del Pd; 37 del Pdl; 7 dell'Idv; 5 della Lega Nord; 2 di Futuro e Libertà; 2 del Psi; 4 del Gruppo Misto; 1 di sinistra e libertà; 7 dell'Udc; 1 dell'Mpa. Con una novità di quest'anno rappresentata dal fatto che alla visita potranno partecipare anche i rappresentanti delle diocesi.
Numeri allarmanti. Lo scenario che si troveranno di fronte sarà - se possibile - peggiore rispetto a quello dell'anno scorso. I numeri che arrivano da fonti ufficiali, nella loro spietatezza, delineano un quadro infernale, che parte dalla condizione di sovraffollamento delle celle: poco meno di 70 mila persone (68.206,in continuo aumento) in uno spazio che, complessivamente, ne potrebbe contenere 43 mila. Dunque, luoghi di pena che niente hanno a che vedere con quanto sancito dall'articolo 27 della Costituzione Italiana, fondato sul principio secondo il quale "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Gli altri numeri parlano di 40 detenuti suicidi nelle carceri italiane dall'inizio di quest'anno (sono 596 dal 2.000 ad oggi) 34 dei quali si sono impiccati, 5 si sono asfissiati col gas e 1 si è tagliato la gola; mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause "da accertare" arriva a 105 (negli ultimi 10 anni i "morti di carcere" sono stati 1.703). Va detto però che non sono soltanto i detenuti a "morire di carcere": da gennaio ad oggi già 4 agenti di polizia penitenziaria si sono tolti la vita, ai quali va aggiunto che la tragedia personale del provveditore alle carceri della Calabria, Paolo Quattrone, suicida il 23 luglio scorso.
Mamme detenute, bambini al seguito. Oltre tutto c'è stato anche un record di presenze di bambini, alla fine della settimana scorsa, nel nido del carcere di Rebibbia Femminile. Nelle stanze del nido, a fronte di una capienza di 14 posti, c'erano infatti 19 fra bambini e bambine con le loro mamme recluse nel carcere romano. L'allarme è del Garante regionale dei detenuti, Angiolo Marroni, il quale ha aggiunto: "Il più piccolo dei bambini ospitati a Rebibbia ha cinque mesi, il più grande intorno ai 3 anni. In base alla legge, i bambini da 0 a 3 anni possono restare in carcere assieme alle loro mamme detenute. Al compimento dei 3 anni scatta obbligatoriamente la scarcerazione dei minori, indipendentemente dalla pena della madre, con l'affidamento del piccolo a parenti o case famiglia: una situazione, questa, spesso fonte di gravi traumi alle mamme e ai bambini". Attualmente a Rebibbia Femminile sono recluse 19 detenute madri, quasi tutte straniere: la stragrande maggioranza è composta da donne di etnia rom.
La voce dei direttori. "Sono davvero molto felice della visita di parlamentari - dice Enrico Sbriglia, segretario nazionale del sindacato (Sidipe) dei direttori delle carceri - sarebbe meglio però che non ci fossero solo ad agosto. Lo stato di emergenza, dichiarato lo scorso 13 gennaio dal ministero, non solo è ancora in atto, ma si aggrava giorno per giorno. Quella data ha sancito un'autocertificazione di impotenza di fronte alla quale, nonostante alcuni sforzi, si sta facendo, secondo il sindacato che rappresento, molto, ma molto poco. Sono sconfortato, da direttore. Da cittadino mi sento preso in giro. Nelle celle - prosegue Sbriglia - non vedo facce di criminali, ma solo sguardi di gente disperata, che spesso ha commesso reati per i quali il carcere, almeno così com'è, viene percepito come una punizione sproporzionata".
L'idea sbagliata di sicurezza. "Nelle carceri - ha detto ancora il dottor Sbriglia, che è anche assessore alla sicurezza al comune di Trieste, per Generazione Italia, formazione attigua al Presidente della Camera Fini - si dimostra ogni giorno che l'idea della sicurezza raggiunta con esibizioni muscolari, come i miliari per strada, o l'ostentazione di forza con le armi a noi ci fa soridere, perché non funziona. Nelle celle l'unica cosa che porta a risultati - ha sottolineato Sbriglia - è il rispetto delle regole ispirate ad una logica di reinserimento sociale. Non c'è altro da fare".
Il rischio islamico. Rispetto al rischio paventato dal Sappe secondo il quale gli oltre 10mila detenuti in di fede islamica rappresenterebbero un pericolo di diffusione del fondamentalismo, soprattutto ora nella situazione di estremo nella vita nelle celle che - osserva Donato Capece, segretario del Sappe, appunto - potrebbe diventare il luogo in cui, sempre più spesso, piccoli criminali vengono tentati da membri di organizzazione terroristiche", il dottor Sdriglia replica così: "Vanno distinti coloro i quali, ancorché mussulmani, adottato subito gli stili di vita occidentali, tra alcol e droghe, da quanti invece restano fedeli ai precetti islamici. Questi ultimi possono essere invece considerati detenuti modello: pregano 5 volte al giorno, sono pacifici, rispettano le regole".
(12 agosto 2010)
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