venerdì 6 agosto 2010

Il mago di corte


Ci vorrebbe il mago di Berlusconi, quello di cui ci racconta oggi Federica Fantozzi, per sapere fin d'ora cosa uscirà dal cilindro dell'illusionismo berlusconiano il quale, per quanto fiaccato dall'esperienza della minoranza numerica, non pensa affatto di trarne le conseguenze ed uscire di scena.

Fatti due conti, anzi, il premier ha visto che le elezioni a novembre non sono possibili: più verosimilmente a marzo, per esempio il 27, con questa legge elettorale in grado di consentirgli di rinnovare a suo piacere il parco candidate - il casting è già aperto da diverse sere nel nuovo Castello - e di distribuire ai fedeli ex An la quota di spettanza: almeno la metà, il resto a chi resta.

Dal cilindro insieme alle urne sbucano il coniglio leghista - oggi uno svelto Bossi si smarca dall'eventuale graticola del fuoco lento - e l'eterno Tremonti, a cui la Lega alla fine non potrebbe dir di no in caso sua chiamata "al servizio del Paese".

Ma prima di ascoltare dalle parole del capogruppo della Lega Marco Reguzzoni e da quelle di Anna Finocchiaro come si atteggerebbero Carroccio e Pd di fronte all'eventualità voto/governo tecnico lasciatemi dire del mago, che di questi tempi i giochi di prestigio li fa solo chi non sa come campare.

Dunque apprendiamo che alla corte di Berlusconi - oltre ad Apicella, la ballerina di flamenco, la cantante cubana, l'ape regina e l'alveare - c'è un mago: si chiama Arduino Miscioscia, pugliese, nome d'arte Eddy. Specialità: carte di credito. Le fa levitare. Sfoglia ritagli di riviste che diventano banconote da 50 euro. Sposta casseforti col pensiero. Dissolve (temporaneamente s'intende) gioielli e orologi. «Lavoro con 37 capi di stato», dice. Raccontano sia stato Berlusconi a presentarlo a Putin, che lo ha voluto nelle sue dacie. Anche lui pazzo dei trucchi con le carte Platinum. Eddy le estrae dal portafoglio dell'ospite, le fa ricomparire nel suo. Si capisce l'interesse per la materia.


Ma la stagione dei trucchi è finita, dice Anna Finocchiaro che qui chiama la politica - tutti - ad un "patto per la Repubblica". Prima di discutere di nomi, «farei fatica anche io a sostenere Tremonti», dice, evitiamo il surreale dibattito preventivo e sempre autolesionista: sarà Napolitano, se e quando Berlusconi dovesse salire al Colle, a valutare il da farsi.

Intanto chiamiamo all'appello tutte le forze che, chiunque vinca, si impegnino a mantenere intatte le regole della democrazia. «Da Fini a Vendola, vediamo chi si vuole tener ferma la rotta che ci consenta di uscire dalla stagione delle illegalità e delle furberie, dal berlusconismo degli affari». Anche la Lega, immagina, potrebbe averne abbastanza di reggere il sacco a Roma ladrona: il suo elettorato perderà la pazienza. Marco Reguzzoni, tuttavia, chiama il Carroccio fuori dall'elenco di chi pensa ad un governo tecnico: «Noi vogliamo attuare il federalismo fiscale. Nel Pdl stanno succedendo cose che non ci riguardano direttamente. Se i finiani vogliono fermare il federalismo lo dicano. Abbiano il coraggio di ammettere: abbiamo sottoscritto un programma che non intendiamo più rispettare. Lo dicano agli elettori, vediamo che succede. La Lega è tranquilla. L'unica alternativa a questo governo, oggi, è andare a votare». Il cerino a Fini, non a Bossi.

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