di Marco Travaglio
Commentando nel 2004 la vittoriosa campagna elettorale di Bush contro lo sbiadito Kerry, l’ex direttore dell’Espresso Claudio Rinaldi dava qualche suggerimento di buonsenso al centrosinistra italiano. “Se la destra – scriveva in uno strepitoso articolo, poi raccolto nel libro “I sinistrati” (Laterza,2006) – cerca sempre di collocarsi agli antipodi della sinistra, questa esita a tracciare un confine chiaro fra sé e gli avversari”. E ne traeva tre “lezioni americane” per l’Ulivo.
1) “In un sistema a due, occorre possedere un’identità forte”.
2) “Non bisogna aver paura di strapazzare l’avversario”, invece il centrosinistra nostrano “si lascia paralizzare dall’accusa di antiberlusconismo. Ma è un’accusa stupida, giacchè il compito di qualsiasi opposizione è opporsi con argomenti comprensibili ed efficaci”, “posizioni nette e semplici”, “pochi slogan di facile presa”, alla larga da “blabla noiosi”, “programmi troppo dettagliati e illeggibili” e “sottigliezze e sfumature” politichesi.
3) “Gli eccessi di cordialità con l’avversario vanno evitati. Bush non farebbe mai intervenire Kerry alle proprie manifestazioni di partito, e nemmeno Kerry ospiterebbe
Ora, non solo i leader del Pd non hanno mai seguito (e probabilmente nemmeno letto) i consigli di Rinaldi, ma hanno sempre fatto l’esatto opposto.
Nell’ultimo mese, nella politica italiana, è accaduto di tutto: più che negli ultimi 15 anni.
Infatti tutti i soggetti in campo e fuori si sono mossi e posizionati: Pdl, Fini, Schifani, Napolitano, Lega, Udc, Di Pietro, Vendola, Montezemolo, Passera.
Tutti, tranne il Pd. Quando i giornalisti cercano un leader del Pd per raccoglierne le posizioni e le intenzioni, s’imbattono in segreterie telefoniche dagli accenti esotici. Le ultime dichiarazioni degne di nota di Bersani erano la leggendaria apertura a un governo Tremonti seguita da una smentita a sua volta smentita dal vicesegretario Letta (Enrico, non Gianni, che Tremonti lo odia) e il fantasmagorico “Pretendiamo che Berlusconi riferisca in Parlamento e ci dica cosa intende fare”. Parole forti.
Poi il segretario s’è dato, forse opportunamente, alla clandestinità. Non pervenuto dall’11 agosto fino a ieri. Si ignora se sia stata sua la pensata di invitare alla festa nazionale del Pd a Torino i ministri Tremonti, Maroni, Calderoli e naturalmente l’insigne Schifani. Fatto sta che i primi tre, dopo aver accettato, hanno fatto retromarcia per solidarietà col governatore leghista Cota, che secondo il Pd avrebbe vinto le elezioni con vari trucchi e imbrogli, quindi la sua presenza alla festa del Pd è parsa eccessiva persino al Pd. Ma non al sindaco Sergio Chiamparino. Reduce dai disastri combinati con la fondazione San Paolo (alleanza con
Resta da capire quando mai i leader del Pd siano stati invitati alle convention del Pdl o alle adunate celtiche di Pontida. Infatti
2 commenti:
sono d'accordissimo con travaglio. cota è sempre in televisione e la sue posizioni le conosciamo. c'è bisogno di confrontarsi anche all'interno del così detto centrosinistra e casomai ascoltiamo voci nuove e più stimolanti. la festa del pd è un luogo dove misurare col bilancino gli interventi? il presidente della regione è obbligatorio? questa sarebbe una sorta di par condicio? ma per piacere....
SONO D'ACCORDO!
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