martedì 17 agosto 2010

LA PAZIENZA È FINITA


Napolitano replica alle “indebite pressioni” del Pdl: “Se tradisco la Carta, chiedano l’impeachment”

di Luca Telese

Dal punto di vista strettamente tecnico è come un ordigno termonucleare che precipita senza preavviso nel cuore magmatico del dibattito politico, facendo salire la temperatura a livelli di combustione e innescando reazioni a catena. Per i Quirinalisti, solitamente abituati a pesare le virgole nei comunicati ufficiali della presidenza della Repubblica, per i notisti politici, spesso impegnati a mettere sotto il vetrino gli avverbi e i sottointesi, è un evento senza precedenti. Nel pieno della canicola estiva, infatti, il più compassato e meticoloso dei presidenti della Repubblica degli ultimi anni, sceglie consapevolmente di drammatizzare il dibattito, e lo fa ricorrendo ad un comunicato di fuoco in cui dice a chiare lettere: se sono un traditore della Costituzione mettetemi sotto impeachement. Lo fa, per giunta, rispondendo ad una intervista rilasciata a Il Giornale da un deputato di seconda fila, il vicecapogruppo alla Camera del Pdl, il fino a ieri ignoto ai più, Maurizio Bianconi. Berlusconi, fornisce ai “suoi” le direttive per il contrattacco e fa trapelare la “sorpresa” per le parole del presidente, anche se poi in serata si limita a dire: “Faccio solo il nonno: niente politica”, entrando in un ristorante di Porto Rotondo insieme alla famiglia della figlia Barbara. La parola “impeachement” non risuonava nei Palazzi romani fin dai tempi delle polemiche contro Oscar Luigi Scalfaro. E’ una parola acuminata e feroce, nei codici della lotta politica, e non era mai stata usata come un guanto di sfida, da un presidente che invita i suoi avversari a processarlo o a tacere. Insomma, è come se i pennini di alcuni sismografi rimasti inattivi per anni, si ritrovassero improvvisamente a rilevare una eruzione vulcanica. E così, per capire il motivo del gesto di Napolitano, e la vera posta della partita in corso, occorre rimettere in fila diversi elementi nel diario delle polemiche di questa settimana, e nella genesi di uno scontro che in questi giorni era deflagrato a due livelli: nel dibattito pubblico, ma anche, riservatamente, in una fervente attività diplomatica sottotraccia. Intanto occorre rileggere in filigrana il testo di quella intervista.

COSA AVEVA detto infatti, Bianconi? Aveva parlato al culmine di una piccola offensiva mediatica originata dall’ormai celebre intervista di Napolitano a L’Unità. Nel suo colloquio con la giornalista Paola Setti il vicepresidente dei deputati pidiellini abbandonava qualsiasi aplomb istituzionale per attaccare a testa bassa l’inquilino del Colle: “Giorgio Napolitano sta tradendo la Costituzione. E la Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla”. E ancora: “Napolitano smentisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico”. La tesi (alquanto traballante) di Bianconi era che lo stesso presidente aveva scritto con l’incarico a Berlusconi un pezzo di “Costituzione materiale”, che lo vincolava a restituire l’incarico al premier o ad andare al voto.

LA REPLICA di Napolitano è tanto sorprendente quanto diretta: “L'onorevole Bianconi – si legge nella nota – si è abbandonato ad affermazioni avventate e gravi sostenendo che il Presidente Napolitano 'sta tradendo la Costituzione'. Essendo questa materia regolata dalla stessa Carta (di cui l'onorevole Bianconi è di certo attento conoscitore), se egli fosse convinto delle sue ragioni avrebbe il dovere di assumere iniziative ai sensi dell'articolo 90 e relative norme di attuazione. Altrimenti - aggiunge la nota - le sue resteranno solo gratuite insinuazioni e indebite pressioni, al pari di altre interpretazioni arbitrarie delle posizioni del Presidente della Repubblica e di conseguenti processi alle intenzioni”. Che cosa aveva detto a L’Unità, il presidente? In primo luogo – cosa che aveva fatto uscire dai gangheri i berlusconiani – aveva difeso Gianfranco Fini. E poi aveva aggiunto, sulla possibilità di una crisi: “Le mie responsabilità istituzionali entreranno in gioco solo quando risultasse in Parlamento che la maggioranza si è dissolta e quindi si aprisse una crisi di governo. Compirò in tal caso – spiegava Napolitano – tutti i passi che la Costituzione e la prassi ad essa ispiratasi chiaramente dettano. Sarebbe bene che esponenti politici di qualsiasi parte non dessero indicazioni in proposito senza averne titolo e in modo sbrigativo e strumentale”. Parole a cui, come in una partita di scacchi, avevano replicato i ministri Alfano e Maroni spiegando che in caso di crisi non c’era la possibilità di nessun governo tecnico. E così, subito dopo queste reazioni, Napolitano aveva affidato una replica ai due ministri in una conversazione con il Corriere della sera: “I governi tecnici non esistono. Esistono solo i governi parlamentari investiti da un voto di fiducia da parte di una maggioranza delle Camere”. Insomma, una fitto scambio di messaggi. Una doppia sortita, che rispondeva in due tempi alle tesi del premiere dei suoi:sia sulla data di un eventuale voto anticipato, sia sull’opportunità di un incarico non avrebbe ceduto a nessun altro il suo potere di investitura.

NAPOLITANO, per rompere l’assedio di chi vorrebbe espropriarlo (se non altro mediaticamente) delle sue prerogative costituzionali colpisce “l’anello debole” e attacca Bianconi, l’uomo che si è spinto più in là di tutti. Il deputato azzurro si dice stupito e (naturalmente) esclude l’impeachment. E a ruota: dichiarazioni di stima per Napolitano da Cicchitto, Daniele Capezzone (''Nessuno dubita della correttezza passata, presente e futura del Presidente della Repubblica”) e il ministro Gianfranco Rotondi (“Lo stimo da anni”). Adesso la battaglia continua, ma con Napolitano più forte.

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