mercoledì 18 agosto 2010

Piu' fango per tutti


CONCHITA DE GREGORIO
16/08/2010

Ve lo avevamo detto: perdono la testa. Quando hanno capito, leggendo le parole del Capo dello Stato sull'Unità, che il loro piano - andare subito al voto, in subordine ottenere un incarico per un prestanome del presidente del Consiglio - non faceva i conti con le regole dettate dalla Costituzione (Napolitano ha annunciato che le avrebbe, naturalmente, osservate alla lettera) hanno cominciato a sparare verso il Colle.

Attacchi all'inizio scomposti: le prime file sono state mandate avanti ad urlare "perché un'intervista all'Unità", come se parlare con questo giornale fosse di per sé - ai loro occhi, certo - segno di intelligenza col nemico.

Hanno poi ordinato ai loro giornalisti di cercare chissà quale piccante retroscena sulla natura dei rapporti fra la quirinalista del nostro giornale, Marcella Ciarnelli, e il Presidente. Un atteggiamento squallido che rivela la loro mentalità: applicano a chiunque il loro modo di procedere senza neppure sospettare che possano esistere la fiducia, la serietà professionale, la libertà intellettuale - categorie ignote.

Hanno infine sferrato l'attacco finale, dando mandato non a una persona qualsiasi, certo che no: l'avvocato ex missino Maurizio Bianconi, colui che dalle colonne del giornale di proprietà del fratello del presidente del Consiglio, ha parlato di "tradimento" della Costituzione da parte del Capo dello Stato fa parte del comitato che redige la relazione in caso di impeachment. Una mossa preparata e ben studiata, spiega qui accanto il Congiurato, che porta la firma di Berlusconi.

Benissimo ha fatto dunque Napolitano a far prevalere la sua indignazione e giocare d'anticipo. Lo dice in queste pagine Stefano Rodotà, prima di illustrare in cosa consista la procedura costituzionale che si attiva nei casi di alto tradimento e attentato alla Costituzione, l'articolo 90: conosco bene Napolitano, dice, se ha parlato in questo modo è veramente al colmo dell'indignazione. Lo scontro finale, appunto.

Luciano Violante ci racconta dell'unico precedente nella storia repubblicana: erano i tempi del caso Gladio, Cossiga presidente. Gladio - per chi non lo ricordasse - era un'organizzazione paramilitare segreta, supportata da una frangia dei Servizi segreti, che lavorò contro lo Stato democratico. Una delle molte pagine oscure, forse la più pericolosa, della stagione dei misteri.

È del tutto evidente che non sono più quegli anni, non è più quella storia anche se certo questa è figlia di quella: P2, dossier dei Servizi, tecnica Pecorelli (o come si dice oggi: tecnica Boffo).

I professionisti del ramo sono ancora qui. Non è un caso se i venti di calunnia, nei canali di informazione più sensibili a quei poteri, circolano e si diffondono come veleno: il Capo dello Stato è ricattabile, dicono. Abbiamo sentito Paolo Guzzanti, un esperto del settore, in proposito: già ai tempi della commissione Mitrokin, conferma, il dossier Napolitano fu setacciato con dovizia. Nulla emerse, neppure un sussurro. Dunque è l'ora, per tutti, di alzare la voce e di gridare l'indignazione per metodi di battaglia politica che investono le massime cariche dello Stato in disprezzo non solo delle storie personali ma della sicurezza e della garanzia delle istituzioni. Questo diceva Napolitano nell'intervista all'Unità. Questo devono chiedere a gran voce tutti gli italiani che vogliano continuare a vivere in un paese libero, democratico e civile.

Nessun commento: