sabato 7 agosto 2010

L’Erode dei processi


di Bruno Tinti

Con la guerra Fini-B. nessuno si occupa più delle intercettazioni; se ne parla a settembre. Solo che a settembre rischia di terminare la sua breve e squallida vita “l’uovo di Colombo” dell’attuale vicepresidente del Csm, Michele Vietti, la legge ponte consapevolmente incostituzionale che ha finora evitato a B. di beccarsi una condanna per corruzione dell’avv. Mills. Così l’ultima trovata è stata quella di ingaggiare un paio di becchini e andare a frugare nella Morgue parlamentare dove sono custoditi i nati morti, dove finirà la legge sulle intercettazioni e dove era stata seppellita quella sul processo breve. Novello Erode, B. ha deciso di ammazzare tutti i processi pendenti in primo grado da più di 3 anni. Tra questi ci sono anche quelli a carico suo. Siccome è improbabile che un angelo avverta per tempo un giudice o un cancelliere che emigri in Svizzera, portando in salvo i processi Mills, diritti televisivi e fatture false, basterà una firmetta del presidente Napolitano e il gioco sarà fatto.

Altri sdegni

NELL’ATTESA che venga quel giorno, come cantava la Gigliola, possiamo sdegnarci per un altro obbrobrio: l’emendamento governativo alla legge sulle intercettazioni, frutto del “dialogo costruttivo per riforme condivise” che l’opposizione ha ispirato nell’ottica di “significativi miglioramenti della legge per una riduzione del danno”. Forse non farà tanti danni, la legge magari resterà nella Morgue e non sarà riesumata; però è indicativo della razza di opposizione che ci ritroviamo. Ma questo già lo sapevamo. Quello che non sapevamo è che avevamo una categoria di giornalisti pronti a vendersi per un piatto di lenticchie. Dice dunque l’emendamento governativo che le esigenze della privacy contemperate con le necessità dell’indagine penale saranno garantite da un’udienza filtro. Si tratta di questo: il Pm intercetta (bè, è da vedere, gli ostacoli alle intercettazioni restano molti) e raccoglie tante conversazioni; a un certo punto (non si sa quando e come) porta tutto al giudice (non si sa ancora se uno o trino, cioè se al Gip o al mitico giudice collegiale del tribunale capoluogo di regione competente per le intercettazioni); il giudice fissa un’udienza cui partecipano pm e avvocati; tutti ascoltano le telefonate e decidono: queste servono per fare il processo e queste no. Quelle che servono saranno pubblicabili, una volta caduto il segreto di indagine, proprio come avviene adesso; quelle che non servono debbono essere distrutte e se qualcuno le pubblica rischia una condanna fino a 6 anni di reclusione. Ora può anche non stupire che i politici del Pd e dell’Udc, che hanno lo stesso interesse di tutti i politici italiani a non essere sputtanati per le loro porcherie pubbliche e private, si associno con B&C nella straordinaria teoria per cui si possono pubblicare solo le informazioni penalmente rilevanti; e che ogni altra informazione non debba essere conosciuta dai cittadini. Ma che i giornalisti accettino che le uniche notizie pubblicabili siano quelle che il giudice decide che possano essere pubblicate, questo è davvero il colmo. Per la verità non solo lo accettano ma lo considerano uno straordinario successo. Pensate un po’, un nuovo minculpop si incaricherà di risolvere i loro problemi di coscienza: questo puoi raccontarlo, questo no; e loro eseguiranno.

Cortocircuiti e contraddizioni

TANTO PER CAPIRCI, le intercettazioni B.-Saccà non sarebbero state pubblicate con la nuova legge; perché Saccà, come ha stabilito il giudice, era tanto servo, tanto pronto a compiacere il suo idolo (lo paragona al Papa!), che non vi era bisogno di promesse o di minacce. Anche le intercettazioni di Trani, se il giudice stabilisse che B. non commette reati quando spiega a Innocenzi che a lui Anno-zero fa schifo e che quindi deve fare schifo a tutti gli italiani, ignote sarebbero restate. Insomma, questa classe politica che si lamenta ad ogni piè sospinto della ingerenza della magistratura, dei condizionamenti della vita pubblica e istituzionale ad opera dei giudici, dell’uso strumentale dell’indagine penale da parte delle procure politicizzate; consegna al giudice il potere di decidere quello che deve essere pubblicato e quello che non deve esserlo. Tra l’altro con ricadute sulla tensione istituzionale micidiali, poiché nessuno rinuncerà ad accusare il giudice di parzialità, in un senso o nell’altro: hai dichiarato penalmente rilevanti queste intercettazioni al solo scopo di permetterne la pubblicazione e quindi sputtanare l’onorevole Destro (o l’onorevole Sinistro); oppure le hai dichiarate irrilevanti al solo scopo di proteggere etc etc. Che non è fantascienza, visto che questo modo di ragionare (?) è stato utilizzato per fregare i processi prima a De Magistris e poi ai pm di Salerno: hai fatto un decreto di perquisizione troppo lungo, troppo motivato, al solo scopo di rendere pubblicabili sui giornali le risultanze dell’indagine. Che i politici facciano finta di dimenticare tutto questo si capisce anche; ma i giornalisti? Così immemori? Così stupidi? Così venduti? Ma la cosa più grave di questo emendamento bipartisan è la definitiva identificazione dei confini dell’informazione: i cittadini dovranno conoscere solo quello che attiene alle vicende penali; tutto il resto lo ignoreranno per sempre. Mi spiego con un esempio. Io facevo il procuratore della repubblica: supponiamo che fossi stato amico di un mafioso e che tutte le domeniche costui mi avesse invitato nella sua tenuta di caccia per una battuta ai fagiani e poi a pranzo e cena a casa sua. Supponiamo che questa circostanza fosse emersa da intercettazioni disposte in un processo in cui né io né il mafioso mio amico eravamo indagati: e che quindi esse fossero del tutto irrilevanti. E, d’altra parte, non è reato andare a caccia, munito di regolare licenza; e nemmeno la semplice frequentazione di un mafioso. E voi siete proprio sicuri che questa notizia non avente rilevanza penale debba restare ignota ai cittadini?

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