sabato 7 agosto 2010

Mancava Brighella


di Nanni Delbecchi

Il materializzarsi dell’onorevole Giorgio Stracquadanio nel dibattito sulla situazione politica, condotto da Bianca Berlinguer a “Tg3 linea notte”, ha avuto l’effetto di una piccola folgorazione. Non ci riferiamo tanto a questo cognome strepitoso, Stracquadanio, che si colloca a mezza via tra Eduardo e Age&Scarpelli, quanto ai contenuti espressi dall’onorevole.

Nel Pdl di Silvio Berlusconi non è mai stato facile orientarsi nella selva di portavoce, spesso in lizza tra loro per interpretare nel modo più fedele la voce del padrone; abbiamo Bondi che fa il poeta, Ghedini che fa l’azzeccagarbugli, Bonaiuti che fa il buontempone, Cicchitto che fa il Cicchitto.

Manca, tra tanti dottor Balanzone, un Brighella che le canti e all’occorrenza le suoni chiare fino in fondo. Manca; ma sarebbe meglio dire mancava, perché Stracquadanio pare pronto a colmare la lacuna.

“Stracqua” (come ci permettiamo di chiamarlo amichevolmente) è un duro che ha oltretutto un dono enorme per la comunicazione televisiva - che in Italia equivale alla comunicazione politica -: il dono di semplificare fino alla brutalità.

Giovedì sera, pur essendo arrivato in ritardo in studio, gli sono bastati pochi minuti per prendere in mano il boccino della discussione grazie alla sua visione di tipo aziendal-calcistico. Gianfranco Fini, sostiene Stracquadanio, non è stato espulso dal partito. E’ stato licenziato, come in ditta si licenzia un manager, e per giusta causa: voleva prendere il posto del padrone, e non era nemmeno la prima volta. “Stracqua” ha infatti enumerato una lunga serie di precedenti, a partire dal ’96, di cui lo strappo odierno non sarebbe che l’ultima goccia.

L’onorevole Benedetto Della Vedova, che del gruppo di Futuro e Libertà fa parte, ha tentato di obbiettargli l’assenza di qualsiasi dialettica interna al partito, e di ricordare una serie di distinguo su parecchi punti, ma tali obbiezioni entravano da un orecchio dell’onorevole Stracquadanio e uscivano dall’altro, bollate come penosi tatticismi per coprire il tradimento.

“Berlusconi ha sempre vinto le elezioni, e in politica contano i fatti accaduti”, ha tagliato corto, così come nel calcio contano i risultati. Forse gli si poteva obbiettare che in politica dovrebbero contare anche le idee, il dibattito interno, la visione dello Stato, i paletti costituzionali; ma queste per Stracquadanio sono tutte sottilette, come diceva Totò, che con lui non attaccano. L’unica cosa che conta, l’unica pietra di paragone è la fedeltà a Berlusconi; avere le sue stesse idee. Lui le ha, e se ne vanta. E certo, vedendole perorare con tanta veemenza, si restava in qualche modo ammirati; perché sotto un certo aspetto perorare le idee altrui è un bel vantaggio e anche una liberazione: non sempre sappiamo come la pensiamo e ci dobbiamo arrivare a fatica, mentre Stracquadanio imperversava su Raitre fresco come una rosa. Perorare le idee dell’uomo più potente d’Italia, poi, è come guidare una Ferrari, sia pure a nolo, mentre se dovessimo accontentarci delle nostre guideremmo al massimo una Panda. Ora, in vista dei rischiosi circuiti annunciati per l’autunno, la scuderia del Polo della Libertà sembra avere trovato il suo Schumacher: Stracquadanio.

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