mercoledì 18 agosto 2010

Malcostume mezzo gaudio


di Marco Travaglio

Hanno arrestato il ladro più stupido del mondo. L'hanno preso a Torino, la notte di Ferragosto. Giuseppe C., 38 anni mal portati, usciva dall’ospedale Molinette con un sacco nero in spalla, come quelli della Banda Bassotti, mancava solo il numero di serie. Quando il vigilante l’ha notato, e non poteva non farlo, ha tentato la fuga. Ma un po’ per la pancia prominente, un po’ per gli occhiali a fondo di bottiglia, l’inseguimento è durato pochi metri. Subito sequestrato il prezioso bottino: una tastiera, un monitor e un cavo di computer. Il giudice, dopo una notte in guardina, l’ha mandato a casa con obbligo di dimora in attesa del processo, perché “la pericolosità dell'imputato non può essere ritenuta particolarmente elevata”.

Peccato, ancora poche ore e avrebbe ricevuto la visita dei cento parlamentari che han trascorso il Ferragosto nelle carceri, alcuni per constatarne le condizioni disumane, altri per imparare la strada e fare un po' di pratica.

C’erano, fra gli altri, gli on. Cosentino e Dell’Utri, entrambi destinatari nel tempo di un mandato di cattura rispettivamente per storie di camorra e di mafia, entrambi coperti dal Parlamento. L’altro giorno, con grave sprezzo del pericolo, sono entrati in cella, poi inspiegabilmente li hanno fatti uscire.

Difficile spiegare a Giuseppe perché lui, per un monitor, una tastiera e un cavo, sia finito in gattabuia mentre, per dire, un Verdini accusato di avere svaligiato una banca per 60 milioni “prestati” ad amici o addirittura a se stesso, sta in Parlamento e coordina il partito di maggioranza denominato PdL, e soprattutto che significhi la L.

Ma questo è il bello dell'Italia. Non importa se uno ruba: il segreto è rubare molto, moltissimo.

Nel 2006 l’imprenditore, anzi prenditore Luciano Gaucci fuggì a Santo Domingo inseguito dalla Guardia di Finanza per il crac del Perugia Calcio (solo all’Erario la società doveva 35 milioni, in compenso pagava l’ingaggio al figlio di Gheddafi, noto fuoriclasse). Al posto suo, lasciò che arrestassero i suoi due figli, Alessandro e Riccardo. Un vero gentleman. Rientrò in patria due anni più tardi, dopo aver patteggiato a distanza 3 anni per bancarotta fraudolenta.

Si pensava che sarebbe andato a nascondersi. Invece nelle ultime settimane, da quando è partito il linciaggio di Gianfranco Fini, compagno della sua ex fidanzata, l'avvenente prenditore è gettonatissimo: rilascia un paio d’interviste al giorno ai tg e agli house organ del Banana, dove spara a zero contro Elisabetta, accusata fra l'altro di essersi messa con lui “per interesse”.

Notizia sconvolgente: si pensava che la ragazza fosse caduta ai suoi piedi rapita dalla sua bellezza statuaria da bronzo di Riace.

Il Giornale poi, sempre per fare la morale a Fini, ha riesumato un altro magister elegantiarum, Giuseppe Ciarrapico detto Peppino er Ciarra, che definisce la storia della casa a Montecarlo “brutta brutta brutta”. A suo dire “Fini ha irrimediabilmente aggravato la sua posizione” e “chissà che non abbia altri scheletri nell'armadio”. Almirante aveva previsto tutto: “Negli ultimi mesi si confidò col sottoscritto: ‘Peppino, io di Fini non mi fido’...”. Ce n’è abbastanza per invocare le dimissioni da presidente della Camera, perché la vicenda monegasca “è come rubare alla cassetta della chiesa”. Eppoi Fini “ha rinnegato i valori della destra”, fortunatamente custoditi dal Ciarra. Il quale ha visitato più volte le patrie galere, ma come detenuto. E, oltre a un’inchiesta in corso per truffa allo Stato per vagonate di milioni incamerati dalle sue “cooperative giornalistiche”, vanta varie condanne definitive, fra cui una a 3 anni per il crac della Casina Valadier, una a 4 e mezzo per il crac dell'Ambrosiano e persino una per violazione della legge che “tutela il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”.

Da anni i creditori dell'Ambrosiano tentano di pignorargli qualcosa, ma non ci riescono perché il nostro risulta residente in una camera con servizi annessa a un capannone a Montecassino. Infatti è senatore della Repubblica. Poi dicono che non c’è selezione della classe politica.

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