MATTEO TONELLI
L'ultimo bersaglio in ordine di tempo è stato uno dei cassintegrati della Vinyls. Prima di lui giornalisti, il sindaco dell'Aquila, i finiani e, tanto per non fare torto a nessuno, il destro Bontempo e il dipietrista Pardi. Ed ancora Roberto Saviano che ha reso la mafia "glamour". E' un'estate di fuoco quella di Giorgio Stracquadanio. Giornalista e deputato del Pdl (dopo una militanza radicale, è stato il portaborse dell’allora antiproibizionista Tiziana Maiolo, poi passata al Polo), si compiace se lo definiscono un vero e proprio "crociato berlusconiano". Esaltandosi per quella lista di "nemici" che si allunga ogni giorno di più. Impossibile tirargli fuori una semplice perplessità sull'agire del Cavaliere. Un esempio? "Leggi ad personam? Sono favorevole perché bisogna difendere Berlusconi", dice intervistato da Luca Telese.
Solo nell'ultimo mese si è prodotto in una serie di performance che l'hanno fatto salire agli onori della cronaca. Ha cominciato insultando una giornalista dell'Unità durante la conferenza stampa del coordinatore del Pdl Denis Verdini . Quel giorno, a via dell'Umiltà, Stracquadanio si è piazzato in prima fila per fare sentire la sua vicinanza fisica a Verdini, indagato per la storia della P3. Ha retto fino a che ha poturto ma davanti alle domande della cronista è esploso: "Cazzate, lei dice cazzate" ha tuonato rosso in viso. Continuando a dare sfogo all'ira spalleggiato da Giuliano Ferrara.
Nonostante diriga un sito di stretta osservanza berlusconiana, "Ii Predellino" e collabori con alcuni quotidiani, il deputato pidiellino mostra di avere qualche problema di relazione con la stampa. Scorrendo le cronache si trova traccia di furibondi scontri, ovviamente in diretta tv, con il vicedirettore dell'Unità, con quasi tutti i giornalisti del Fatto, (Gianni Barbacetto e Marco Lillo tanto per fare due nomi). Ed ancora Milena Gabanelli ("che si è dimenticata di indagare sulla casa di Fini a Montecarlo") e l'attuale presidente del Cda della Rai, Paolo Garimberti. Riuscendo a a far perdere le staffe anche ad un tipo solitamente moderato come Luigi Amicone, direttore di Tempi, uno degli intellettuali di riferimento del movimento cattolico di Comunione e Liberazione. Tutt'altro che un pericoloso giustizialista di sinistra.
Esagerare esagera, difficile sostenere il contrario. Anche quando, rendendosi conto di averla sparata troppo grossa, cerca di minimizzare il tutto parlando di semplice "provocazione". Come è accaduto di recente quando ha scatenato l'ira dell'Avvenire dopo aver invocato per Fini il "trattamento Boffo". Ovvero quella campagna scandalista rivelatasi falsa che, però, costrinse alle dimissioni l'ex direttore del quotidiano dei vescovi. Quando poi i bersagli sono i politici di opposizione, si scatena. Alza le braccia facendo il gesto delle manette, grida al terrorismo giustizialista (di cui ha accusato anche il finiano Bocchino), sbraita, interrompe, provoca. E, come è accaduto con il dipietrista Pardi, si becca anche del "servo di Berlusconi". Che, però, sembra lasciarlo del tutto indifferente.
Le ultime due performance, sul terremoto dell'Aquila e con i lavoratori sardi della Vynils. Ancora fresche le manganellate ai manifestanti abruzzesi venuti a Roma per protestare contro le lentezze della ricostruzione, Stracquadanio si è alzato e a preso la parola a Montecitorio, sostendo che, tutto sommato, L'Aquila era già morta prima del terremoto e il sisma "ne ha solo certificato la morte civile". Con buona pace delle 308 vittime e delle macerie nel centro storico.
L'ultimo show è andato in onda l'altra notte davanti su Rai 3. Stavolta il bersaglio diventa un cassintegrato della Vylnis reo di aver criticato l'inattività del governo. "Macché - tuona il deputato - la colpa è del fatto che fate lavorazioni troppo care". Incredulità in studio al punto che anche
Oltre a fare il giornalista e il deputato Stracquadanio scrive. Anche in questo caso con una certa dose monotematicità. I titoli? "Tutte le balle su Berlusconi", "I peccati di Prodi", "Un bel sì per mandare a casa Prodi", Le mani rosse sull'Italia". Insomma non si può dire che non si dia da fare. Sarà per questo che, dal suo scranno di Montecitorio, tuona in continuazione contro la riduzione dello stipendio dei parlamentari: "Altro che ridurre, bisogna premiare che lavora di più". E la crociata continua.
(07 agosto 2010)
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