sabato 23 ottobre 2010

IL SALVA-LEGA AFFOSSA CALDEROLI IL PD CON L’IDV PER LA SFIDUCIA


E il soccorso di La Russa inguaia di più il compagno padano

di Chiara Paolin e Giampiero Calapà

“Quando io devo rassegnare le dimissioni le rassegno davvero, come ho già fatto in passato, questa è la verità”. Così scrive al presidente della Camera Gianfranco Fini il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, dopo lo scandalo – scoperchiato dal Fatto il 2 ottobre scorso – sull’abolizione del reato di banda armata, che consente l’esistenza di milizie paramilitari di stampo politico. Come quelle “camice verdi”, trentasei leghisti rinviati a giudizio a Verona proprio per quel reato. La storia continua con il ministro Calderoli che, rispondendo ad un’interrogazione dell’Idv alla Camera, in diretta televisiva ha scaricato la colpa sulla commissione tecnica (istituita dal governo Prodi) che ha realizzato il nuovo Codice di ordinamento militare. Lasciando di sasso Vito Poli, consigliere di Stato che quella commissione ha presieduto: “Nessun membro del comitato scientifico ha proposto (o inserito nel relativo elenco) l’abolizione del decreto in questione”. E, da ultimo, il soccorso di Ignazio La Russa, ministro della Difesa, che rischia di metter ancora più nei guai il collega di governo.

“PESO el tacòn del sbrego” (peggio la toppa dello strappo), Massimo Donadi rispolvera il suo dialetto veneto per commentare il nuovo capitolo della norma Salva-Lega. E spiega: “Finora a dire che Calderoli ha mentito c’era solo (si fa per dire) un magistrato della Repubblica, nonché consigliere di Stato e presidente di commissione tecnica. Adesso anche il ministro La Russa ha confermato: la possibilità di far processare i 36 leghisti c’era eccome, quindi Calderoli ha detto al Parlamento una balla enorme sostenendo che si sia trattato di un errore o una svista. Per questo procediamo con le pratiche per la sfiducia”. Sfiducia che, “se le cose stanno così”, voterà anche il Partito democratico, come spiega Emanuele Fiano: “Fatto gravissimo e le dichiarazioni di Calderoli mi sembrano all’altezza della situazione, quindi se tutto sarà confermato il Pd non potrà che votare la sfiducia, a meno che non arrivino prima queste dimissioni del ministro”.

La materia è ingarbugliata, ma la sintesi è chiara. Dopo la richiesta di dimissioni dell’Italia dei valori e la lunga lettera di autodifesa in cui Calderoli ribatte di mettere a disposizione il suo mandato solo a fronte di prove evidenti, Ignazio La Russa ha lanciato ieri uno stretto salvagente al collega: rischiando di strozzarlo nel tirare la corda verso la scialuppa. “So con certezza – ha spiegato La Russa al termine del Consiglio dei ministri – che l’inclusione del divieto di associazioni di carattere militare nell’elenco delle norme da abrogare non è stata fatta da Calderoli: è stata inserita per un errore che noi abbiamo cercato di rettificare prima che la questione venisse strumentalmente sollevata dall’Idv”. Quindi, punto primo, noi (Pdl) abbiamo cercato di fermare lo scempio ma non è stato possibile proprio per l’opposizione di Calderoli, “per ragioni tecnico-giuridiche, non di merito”, dice La Russa: l’errore del Comitato scientifico che ha elaborato gli schemi normativi sul Codice dell’ordinamento militare è stato “occuparsi di una norma che era invece di competenza dell’Interno, e per questo avevamo chiesto la rettifica. Ora chi vuole cambiare il provvedimento può presentare un disegno di legge o rivolgersi alla Corte costituzionale”. Immediata la risposta di Donadi: “Consulta e Cassazione sono assolutamente unanimi sul punto: la rettifica si poteva fare benissimo in quella sede. Se davvero l’abolizione del reato era frutto di un errore o di una disattenzione perché il presidente della commissione Vito Poli era distratto dalla moglie, come scrive elegantemente Calderoli nella lettera, c’era tutta la possibilità di stopparla nella fase finale dell’iter. Quel che invece traspare chiaramente dalle parole di La Russa è che l’abrogazione è stata infilata da una manina che non abita in casa Pdl. Poli ha messo nero su bianco che non è stata la Commissione. E allora chi potrà mai essere stato? Tutto lascia pensare a uno scambio politico: noi (Pdl) lasciamo correre sul Salva-Lega, voi (padani) siate leali sul Lodo Alfano”.

DAL MINISTERO della Semplificazione tutto tace. Il portavoce di Calderoli taglia corto: “Abbiamo già detto e scritto tutto ieri, adesso basta”. Ma l’Idv non molla e continua con la raccolta di firme per sfiduciare il ministro. Seguendo la formula istituzionale, quella che porta obbligatoriamente a discutere le dimissioni, occorre raccogliere 63 firme in rappresentanza di un decimo del Parlamento: al momento la conta segna quota 25, ma con l’assenso del Pd sono destinate a crescere in pochi giorni. Il piano b, qualora non si raggiungesse il quorum dei 63, è chiedere una sfiducia “alla Cosentino”, una sorta di moral suasion parlamentare (già utilizzata per contestare l’operato dei sottosegretari) che potrebbe mettere in grave difficoltà il governo.

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