A settembre il ministro prometteva 2700 insegnanti di sostegno in più. "Non è vero, la riforma riduce drasticamente i fondi". Così parte a Milano la prima azione collettiva contro il ministero dell'Istruzione, accusato di discriminare gli studenti con disabilità
“Abbiamo incrementato gli insegnanti di sostegno di 2700 unità”. Solo due mesi fa, il 2 settembre 2010, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini rassicurava le famiglie con i figli disabili in vista dell’avvio dell’anno scolastico. Ma le cose non sono andate come promesso.
“Siamo costretti a tenere i nostri figli a casa, perché la riforma Gelmini ha ridotto drasticamente le ore di sostegno alla disabilità”. Parte da un disagio profondo la protesta di 30 genitori di alunni disabili che hanno deciso di intentare la prima azione collettiva (intrapresa con la collaborazione di Ledha,
L’iniziativa è stata illustrata nella sede del Comune di Milano, in occasione di un incontro pubblico sul diritto all’istruzione dei minori con disabilità al quale erano presenti alcune delle famiglie in causa. “Un Paese non può negare il diritto all’istruzione dicendo che non ci sono risorse”, dichiaraLivio Neri di Avvocati per niente. “
In Lombardia c’è un insegnante di sostegno ogni 2,34 alunni. Il dato, peggiorato rispetto all’anno scorso, mette la regione agli ultimi posti della classifica nazionale, seguita solo dal Lazio. La falce della riforma Gelmini ha messo in ginocchio moltissime famiglie, costringendole a tenere i figli a casa nelle ore di scuola non coperte dal sostegno. “La socialità in classe e l’affetto dei compagni è fondamentale”, assicura la pedagogista Sonia Mazzitelli, che avverte: “Emarginare il disabile nell’età scolare significa emarginarlo nel suo futuro di lavoratore e di cittadino”.
Nonostante le gravi difficoltà, c’è ancora scarsa consapevolezza dei propri diritti. Fino ad ora i ricorsi hanno riguardato singoli casi, che troppo spesso venivano risolti assegnando ore di sostegno sottratte ad altri. “Ecco il perché di un’azione collettiva”, spiega Marco Rasconi, disabile e presidente di Ledha Milano, “per impedire che una coperta troppo corta venga semplicemente tirata da una parte all’altra”. Tra i più restii a intraprendere vie legali sono gli stranieri, che preferiscono non aggiungere problemi a quelli già esistenti. “Un genitore straniero che aveva sottoscritto il ricorso”, racconta ancora l’avvocato Neri, “ha preferito fare marcia indietro”. In tal senso i ricorrenti si augurano che l’iniziativa contribuisca a una maggiore informazione, soprattutto per le famiglie che non possono difendersi o non sanno di poterlo fare. “Certo, nelle nostre condizioni”, sostiene Maria Spalloni, uno dei genitori che hanno fatto ricorso, “dovremmo essere invitati a un tavolo. Invece siamo costretti a rivolgerci a un tribunale”.
“Le risorse ci sono”, protesta Patrizia Quartieri, consigliere comunale e promotrice dell’incontro di ieri. “Il Comune di Milano”, racconta
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