martedì 16 novembre 2010

Arcore, patto di ferro tra Pdl e Lega "Niente crisi pilotata, fiducia o elezioni"


L'uscita dei finiani dal governo apre di fatto la crisi. Pdl e Lega reagiscono stringendo un "patto di ferro" che prevede soltanto due possibilità: "fiducia o elezioni". Dal vertice di oltre due ore svoltosi in serata ad Arcore tra Berlusconi e Bossi esce vittoriosa la linea del premier: avanti con il governo senza dimissioni del presidente del Consiglio, approvare la finanziaria, poi portare la crisi in Parlamento e se l'esecutivo non otterrà la fiducia si andrà alle urne. Magari solo per Montecitorio, come ipotizzato ieri dallo stesso Berlusconi . Il leader del Carroccio non è quindi riuscito a convincere l'alleato a cercare ancora un compromesso con gli ormai ex alleati di Futuro e libertà con una crisi pilotata per arrivare alla nascita di un nuovo esecutivo. "Non mi fido di Fini", avrebbe detto il Cavaliere escludendo la possibilità di tentare questa strada.

Al vertice, preceduto da una riunione dello stato maggiore della Lega in via Bellerio,
Bossi si presenta con i ministri Roberto Maroni e Roberto Calderoli, il governatore piemontese Roberto Cota, il presidente dei deputati Marco Reguzzoni, il segretario lombardo Giancarlo Giorgetti e il figlio Renzo. Al termine lasciano villa San Martino senza fare dichiarazioni.

A dare il senso delle decisioni prese sono due dei tre coordinatori Pdl (alla riunione erano presenti anche
Denis Verdini e il ministro della Giustizia Angelino Alfano). "Se non ci fosse la fiducia - dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa - l'ipotesi è quella di ribadire con forza la nostra richiesta di elezioni anticipate perché se il governo non avesse i numeri per andare avanti, la parola deve tornare agli elettori". "L'incontro tra la Lega di Umberto Bossi e il Pdl di Silvio Berlusconi - gli fa eco il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi - ha, innanzitutto, escluso la possibilità di un governo diverso da quello attuale che ha lavorato e sta lavorando in modo ottimale per l'interesse del paese. E' stata ribadita la necessità di approvare celermente la legge di stabilità nell'interesse del paese. Dopo di che la parola passa al Parlamento per la fiducia al governo".

LA CRONACA DELLA GIORNATA

Una giornata "complicata", per citare l'aggettivo usato dal ministro dell'Economia
Giulio Tremonti, iniziata con le annunciate dimissioni dal governo degli esponenti finiani: l'unico ministro Andrea Ronchi, il viceministro Adolfo Urso e i sottosegretari Antonio Buonfiglio e Roberto Menia. In una nota, i capigruppo di Futuro e Libertà alla Camera e al Senato evidenziano il "venir meno del rapporto fiduciario" nei confronti del governo e confermano il proprio impegno a sostenere "nell'interesse del Paese la legge di stabilità e di bilancio". Si dimette dall'incarico anche l'unico esponente di governo dell'Mpa, Giuseppe Reina, sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti.

Furibonda la reazione degli ex alleati del Pdl. Esplicita l'accusa di "tradimento" mossa ai dimissionari di Fli dal ministro del Welfare
Maurizio Sacconi. Mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta cita Cavour richiamando "momenti di impareggiabile amarezza" e chiede unità in un momento di grande difficoltà per il Paese.

L'opposizione non sta a guardare. Il Pd, con una lettera del capogruppo alla Camera Dario Franceschini alla presidenza di Montecitorio, chiede che sia calendarizzata la mozione di sfiducia al governo subito dopo l'approvazione della Finanziaria. E apre all'ipotesi di un'alleanza con Futuro e Libertà: "Caduto il governo Berlusconi saremo pronti a un esecutivo di responsabilità nazionale che affronti i problemi del Paese". Ma il leader dell'Idv Antonio Di Pietro avverte: sì al voto e no a ipotesi di governo tecnico, a cui Italia dei valori garantirebbe solo un appoggio esterno e a tempo per cambiare la legge elettorale.

(15 novembre 2010)

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