mercoledì 17 novembre 2010

Asl, cantieri e voti: ‘ndrangheta verde


500 affiliati sotto il Duomo, una rete che arriva fino al Pirellone

di Enrico Fierro

Il ministro Maroni non ci sta. Si indigna, protesta, le parole di Roberto Saviano a Vieni via con me non gli sono piaciute. “Mi guardi negli occhi quando lancia quelle accuse”. Pretende il contraddittorio per rispondere all’autore di Gomorra che ha parlato della ‘ndrangheta e dei suoi molteplici interessi in Lombardia. Ha parlato dei boss che nella regione eletta a patria morale dal Carroccio, fanno proprio come nella vituperata Calabria: hanno politici nelle loro mani, burattini, quaquaraquà che usano come vogliono. Uomini della politica e delle istituzioni anche nell’operoso Nord. Perché “non esiste, per chi è ‘ndranghetista, un diverso dalla Calabria: tutto il mondo è diviso in Calabria e ciò che lo diverrà”. Non sono le parole di Saviano o di un altro scrittore dell’antimafia “da strozzare”, ma quelle degli investigatori del Nucleo operativo dei Carabinieri di Monza nella informativa “Infinito” che fa da base investigativa alla maxi-inchiesta delle procure distrettuali antimafia di Milano e Reggio Calabria. Sotto il Duomo la ‘ndrangheta aveva organizzato venti “locali” (la struttura base dell’organizzazione detta “La Lombardia”) per 500 affiliati, picciotti ma anche imprenditori impegnati nell’edilizia, nel movimento terra, nel commercio. Figura centrale dell’organizzazione l’avvocato Pino Neri. “Lui era la testa quando gli altri neppure sapevano chi era la testa”, così lo definiscono i boss. Negli anni Novanta venne arrestato perché sospettato di essere il capo del “locale” di Pavia. Scontò nove anni perché malato di cuore. Scarcerato, riprese i contatti col mondo politico pavese e lombardo. Quando, dopo l’omicidio del boss “scissionista” Nunzio Novella, la ‘ndrangheta ha problemi seri in Lombardia, i boss decidono di affidare a lui la “reggenza” dell’organizzazione. La sua nomina viene fatta durante il matrimonio tra Giuseppe Barbaro, rampollo della cosca più importante di Platì, e Elisa Pelle, dei “Gambazza” di San Luca. L’avvocato incontra tutti i capi dei “locali” il 31 ottobre 2009, in un vertice a Paderno Dugnano.

UN SUMMIT di mafia in un centro per anziani intitolato a Falcone e Borsellino. “Noi dobbiamo pensare a cogghimi (raccogliere, ndr) e non a dividere. E quindi abbiamo riunito questi degni responsabili per dire che tutti siamo uguali, non uno ne ha di più, non uno ne ha in meno. Tutti abbiamo pari responsabilità , perché noi questo vogliamo: questo vogliono gli uomini, questo vuole la logica e le regole”. Un capo vero, l’unico in grado di avere rapporti con i boss di giù e con la politica. Neri è amico di Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario della Asl di Pavia e grande elettore di Giancarlo Abelli, ras del Pdl, alla Regione. Punta in alto l’avvocato che mette le cose a posto nella ‘ndrangheta lombarda, alla politica: contribuisce alla elezione di Abelli e sponsorizza a Pavia un suo uomo, Francesco Del Prete. Una elezione fortemente contrastata dalla Lega di Bossi. Per superare gli ostacoli l’avvocato Neri si rivolge ad Angelo Ciocca, un leghista della prima ora. All’epoca Ciocca è assessore alla Provincia di Pavia, ma qualche anno dopo sarà eletto alla Regione con 19 mila voti di preferenza. Un boom, una barca di consensi personali che superano finanche quelli ottenuti dall’erede del Senatur, Renzo Bossi, “la trota”. Ciocca viene blandito, Neri gli offre l’acquisto di un appartamento a prezzi vantaggiosissimi, circostanza sempre negata dal consigliere leghista, ma ribadita dal procuratore Ilda Boccassini. Ci sono intercettazioni telefoniche, riprese video e foto che attestano l’incontro dell’esponente leghista con Neri.

Il ministro Maroni, quindi, ha poco da offendersi, la Lombardia è terra di conquista da anni. “Nell’ultimo quindicennio la ’ndrangheta ha conteso alla Lega il controllo del territorio ‘padano’. Non è vero che al Nord c’è solo la Lega che controlla il territorio; c’è anche la ’ndrangheta che, esattamente nelle stesse località dove c’è un forte insediamento della Lega , gestisce potere, agisce economicamente, fa investimenti, interviene in vari campi, anche sociali, ha una presenza in politica. Lo dimostra quello che è successo, per fare un solo esempio, in alcuni comuni come Corsico, Buccinasco e altri limitrofi, e in alcuni settori economici, come quelli degli appalti e del movimento terra”.

ENZO CICONTE, docente universitario e autore di moltissimi saggi sull’evoluzione della ‘ndrangheta, nel suo ultimo libro (‘Ndrangheta padana, Rubbettino editore) ha raccontato l’ascesa delle cosche calabresi in “Padania”. Ciconte non si è limitato ad analizzare le ultime inchieste delle procure di Milano e Reggio Calabria, ma è andato alle radici del pensiero leghista, alla voglia dei secessione di Bossi e alla base “ideologica” fornita dal professor Giancarlo Miglio nelle sue elaborazioni sulla “costituzionalizzazione” delle mafie. “Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”. “Sono trascorsi undici anni dalle affermazioni di Miglio – conclude Ciconte – sono pochi, ma possono essere davvero tanti. Oggi ancor più di allora, quelle ‘manifestazioni tipiche del Sud’ fanno parte a pieno titolo del Nord, hanno invaso la ‘Padania’, ne sono parte integrante, ne hanno occupato una porzione notevole, non sono ad essa affatto estranee. Se si dovesse costituzionalizzare la mafia, come sognava Miglio, quest’atto non riguarderebbe più solo il Sud ma, rimanendo nel solco del pensiero dell’ideologo della Lega, toccherebbe due macro-regioni, quella padana e quella meridionale”.


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